Per il New York Times la missione di Giorgia Meloni a Washington da Donald Trump “suscita più speranze che timori”, grazie alla “posizione unica che occupa nel continente”. Le aspettative sono importanti, considerando che il premier italiano è di fatto l’intermediario dell’Europa, ma attenzione alle possibili grane in corso d’opera. Sui dazi come sull’Ucraina non sarà facile, anche perchè l’imprevedibilità del presidente americano è cosa nota e qualora dovesse assumere posizioni insostenibili la leader del governo non esiterebbe a rispondere a tono al suo interlocutore. C’è del lavoro da fare e i rapporti sono ottimi – lo stesso NY Times sottolinea che “il suo background di destra l’ha da tempo posizionata come potenziale alleato di Trump, al cui insediamento è stata invitata a differenza di altri leader europei” – ma andiamo in profondità.
Le tre insidie
Partiamo da un dato di fatto: trattare con Trump non è esattamente una passeggiata di salute. Complice il suo passato da imprenditore, da vero e proprio squalo, il presidente americano ha già testimoniato di poter tenere la barra dritta a lungo. I dazi sono l’emblema della sua strategia: un mezzo per ottenere i risultati, una minaccia che fino ad oggi ha funzionato, basti pensare alle contromosse di Messico e Canada per evitare la guerra delle tariffe. Quindi per la Meloni non sarà un gioco da ragazzi: il tycoon è un osso duro ma il feeling potrebbe ammorbidire le posizioni del capo della Casa Bianca. Parliamoci chiaro: Trump preferisce trattare con la Meloni piuttosto che con Macron. Ma questo non significa che la strada è in discesa.
Un’altra insidia da valutare è la già citata imprevedibilità di Trump. La storia ci si insegna che molto dipende dall’umore del presidente americano, capace di essere cordiale o ostile a seconda della giornata. Quest’ultima ipotesi è molto pericolosa soprattutto se riguarda una personalità che vuole essere al centro dell’attenzione e si vede motore di tutto. Trump è narcisista, lo sappiamo. E lo show è il suo forte. E qui arriviamo alla terza insidia.
Sì, perchè la Meloni deve tenere conto anche di un altro fattore: il format dell’incontro. La leader del governo italiano incontrerà Trump nello studio Ovale alla presenza dei giornalisti. Esattamente come accaduto l’ultima volta con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. E tutti ricordiamo com’è finita. Ecco, in caso di diversità di vedute nessuno può escludere qualche fuoco d’artificio, magari con lo sguardo fisso verso la telecamera.
Le tre cose che può portare a casa
I rischi ci sono e sarebbe stupido negarlo. Ma Meloni ha anche tanto da guadagnare. In primis, potrebbe diventare il ponte tra Unione europea e Stati Uniti. Dopo essere stata l’unica leader alla cerimonia di insediamento, il premier italiano potrebbe rappresentare il trait d’union tra Bruxelles e Washington, allontanando le tentazioni cinesi che affascinano più di un leader di sinistra. Un significativo salto di qualità. Lo stesso New York Times ha evidenziato che “negli ultimi mesi la Meloni si è fatta un nome come un player collaborativo sulla scena europea” e il vertice di oggi “è un importante banco di prova per capire se può usare la sua affinità con Trump per aiutare l’Italia e l’Europa.
In caso di esito positivo, il summit di Washington potrebbe rappresentare la definitiva consacrazione internazionale della Meloni. Da possibile pericolo per la democrazia italiana e potenziale leader del ritorno del fascismo a guida dell’Europa. Mica male per chi viene descritta dalla sinistra italiana come un’estremista isolata che sta portando l’Italia verso il baratro. Provate solo a immaginare le reazioni dei compagni e dei loro house organ in caso di trionfo della Meloni: le aziende che producono farmaci contro l’acidità di stomaco saranno in brodo di giuggiole.
Leggi anche:
C’è anche un’altra considerazione da fare. Se la Meloni riuscisse davvero a trovare la quadra con Trump, nessuno potrebbe negarle i risultati ottenuti. Risultati che supererebbero nettamente quelli raggiunti negli ultimi dieci anni dai vari primi ministri di sinistra e tecnici, compresi i guru come Mario Draghi. Sì, perchè la leader di Fratelli d’Italia in meno di tre anni riuscirebbe a portare Roma al centro dell’Occidente.
Franco Lodige, 17 aprile 2025
Nicolaporro.it è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati (gratis)