Politica

Meloni sta commettendo lo stesso errore di Draghi

Ho letto su La Verità di domenica 2 ottobre un pregevole articolo di Marcello Veneziani il cui incipit è: «Nonostante la volontà dei suoi elettori la Meloni finirà col seguire la linea Draghi, che è la linea euro-atlantica sotto l’ombrello Nato». Il filosofo continua professando «la convinzione di essere decisamente contrario a questa linea», e finisce col concludere l’incipit dichiarando la propria preferenza a «ragionare di scenari reali, anziché professare convinzioni personali che nulla contano». Il resto dell’articolo lo dedica a codesti «scenari reali», ma a me pare che le convinzioni di Veneziani – che sono anche le mie – siano molto più reali di quel che egli valuta e che gli scenari proposti siano, invece, più artificiali di quel che il filosofo creda e il cui pensiero è ben più forte del suo bonario tentativo di giustificare quello altrui.

Scrive Veneziani: «La Meloni ha espresso posizioni filo-Nato e filo-Zelensky da sempre ed è su quella linea che ha chiesto e ottenuto i consensi». Mi permetto di osservare che Meloni ha ottenuto i consensi per mille altre ragioni che l’hanno distinta da tutti gli altri, opposizione e alleati, e che nell’offerta politica alle ultime elezioni quasi tutti i soggetti coinvolti si son dichiarati favorevoli al coinvolgimento bellico in Ucraina. L’elettore contrario a questo coinvolgimento ha avuto poco da scegliere – unica rilevante eccezione quella di Giuseppe Conte, che però ha offerto mille altri motivi per non essere votato. Insomma, se Meloni sostenesse il coinvolgimento bellico certamente non farebbe alcun voltafaccia (come precisa lo stesso Veneziani), ma altrettanto certamente farebbe una forzatura a sostenerlo in virtù dell’adempimento del mandato elettorale ricevuto.

Scrive ancora Veneziani: «La Meloni non riceverebbe l’incarico di formare un governo se manifestasse una posizione contraria alla Nato e alla Ue. Dobbiamo essere consapevoli che al governo ci vai solo se sei allineato». Questa circostanza la trovo, in prima battuta molto grave, e tenderei a non adagiarmici passivamente. Meloni ha pieno diritto di avere l’incarico di guidare l’esecutivo perché questa è l’indicazione del popolo italiano. Sarebbe un atto quasi da golpe quello di un Presidente che si rifiutasse di dare l’incarico di governo a chi volesse adottare una scelta diversa da quella del coinvolgimento bellico.

Per fortuna la situazione reale è meno grave di quel che sembra perché, grazie al cielo, avere posizione contraria a quelle della Nato o della Ue, non significa essere contrari alla Nato o alla Ue. Anzi, è proprio l’opposto: poter manifestare, in sede Nato o Ue, la propria posizione – anche se difforme da quella della maggioranza – significa stare a pieno titolo dentro Nato e Ue. Non esiste la “signora Nato” o la “signora Ue”, ma esistono i Paesi membri della Nato e della Ue, e ognuno ha il proprio diritto di esprimersi e una espressione di minoranza non significa star fuori. Nel caso in parola, poi, abbiamo esempi tangibili: la Turchia è nella Nato pur avendo assunto posizioni diverse da quelle di altri Paesi Nato; e l’Ungheria è nella Ue pur avendo assunto posizioni diverse da quelle di altri Paesi Ue. E c’è dell’altro: l’Ucraina non è nella Nato, cosicché una posizione non belligerante di un membro della Nato è molto più facilmente sostenibile della posizione dei belligeranti.

Allora, pur rivendicando sia l’Atlantismo, sia l’alleanza con gli Usa, sia infine, la vocazione europeista, il governo italiano potrebbe – qualunque governo, anche quello di Mario Draghi, a dire il vero, avrebbe potuto – promuovere la neutralità. Nei confronti della Nato adducendo che l’Ucraina non ne fa parte, e nei confronti della Ue adducendo il comune interesse di non segare il ramo sopra il quale molti Paesi Ue sono seduti – il ramo del gas russo – e vi sono seduti per precisa scelta di politica energetica.

La domanda è perché Meloni abbia scelto di adottare la belligeranza fin dall’inizio e stia rinnovando la propria posizione. Mi son dato una risposta che però va a detrimento della signora e, anzi, potrebbe suggerire che ella farebbe meglio ad attendere ancora un po’ prima di diventare primo ministro. Meloni sta commettendomutatis mutandislo stesso tipo d’errore che commise Mario Draghi. Quest’ultimo desiderava massimamente il Quirinale e, allo scopo, dovette calare più volte le braghe sui capricci dei suoi potenziali elettori, circostanza che ha reso il suo governo il più odiato dagli Italiani. Che le cose stessero in questi termini era noto prima ancora che il banchiere entrasse a Palazzo Chigi: lo sapevo perfino io, che l’8 febbraio 2021 scrivevo su questo blog “Gli inevitabili errori di un governo di non eletti ricadranno tutti su chi quel governo avrà sostenuto”. E se lo sapevo io, certamente lo sapevano tutti. Insomma, che Giorgia Meloni, essendo rimasta all’opposizione, sarebbe stata il prossimo papabile premier poteva indovinarsi da un pezzo.

Come Draghi fortissimamente desiderava il Quirinale, così Meloni fortissimamente desidera Palazzo Chigi. Non ultimo, per quell’ambizione, tutta femminile, di voler primeggiare dinanzi non tanto agli uomini ma alle altre donne: e lei, se premier, sarebbe la prima premier donna d’Italia. Vuoi mettere? Con questo punto fermo nella mente, essa o i suoi consiglieri sembrano consci della circostanza espressa nelle parole di Marcello Veneziani: «Dobbiamo essere consapevoli che al governo ci vai solo se sei allineato». In preparazione della presidenza del Consiglio, allora, Meloni, pur all’opposizione, s’è, appunto, allineata, così lanciando messaggi rassicuranti, probabilmente Oltreoceano. Non escludo, anzi probabilmente direi certo, che in questo senso ella sia stata consigliata. Che le cose stiano così lo conferma un altro particolare: subito dopo la straordinaria vittoria, la signora ha tenuto a ribadire – non richiesto – il proprio pieno appoggio militare all’Ucraina, così lanciando messaggi rassicuranti a chi dovrà darle l’incarico. Lo ha scritto anche Veneziani: «La Meloni non riceverebbe l’incarico di formare un governo se…».

Questo però non è – a me pare – un buon inizio. Già Meloni ha mostrato incertezze su come affrontare la questione energetica. Ha affermato che solo azioni europee comuni sarebbero possibili, così automaticamente scaricando sulla Ue eventuali fallimenti. Questa del tetto al prezzo del gas deciso dalla Ue è una fissazione. Mi auguro di sbagliarmi, ma non la vedo come strada percorribile, non solo perché violerebbe le regole del mercato, non solo perché è contraria agli interessi di quei Paesi più ricchi che possono accaparrarsi più gas pagandolo anche di più, ma anche perché i Paesi europei hanno diverso assetto energetico. Il nostro, per le scelte sbagliate del passato, non ha nucleare e ha minimizzato l’uso del carbone: mostra una gran faccia tosta a chiedere agli altri di fare i compiti mentre è stato in ricreazione per vent’anni (e più).

Insomma, Meloni non sembra essere benissimo consigliata. Essa non ha esperienza di governo e rischia grosso. Forse potrebbe provare a farsi le ossa guidando, che so, il Ministero dell’Interno e attendere al prossimo giro. Ripeto: potrei sbagliarmi  (e vorrei sbagliarmi perché ammiro la signora), ma troppe volte l’ho recentemente sentita parlare ove – a mio parere – avrebbe fatto meglio a tacere. Soprattutto visto che non ha ancora ricevuto alcun incarico.

Franco Battaglia, 4 ottobre 2022

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