Politica

Migranti, tra 40 anni saremo tutti stranieri? - Seconda parte

Nel 2065 gli immigrati in Italia saranno oltre il 41% degli abitanti, urge liberarsi dall’oicofobia

Tradizione occidentale a rischio estinzione

La decostruzione della tradizione occidentale è un obiettivo dichiarato e passa anche per la diluizione della sua civiltà in una realtà multiculturale, entro cui siano impiantati segmenti extra-europei integrandoli solo superficialmente e di certo non assimilandoli, bensì mantenendoli chiaramente distinti dagli autoctoni». Paolo Becchi ha aggiunto: «Masse di diseredati vengono spinti ormai da anni verso le nostre coste per immettere sul mercato forza-lavoro a bassissimo costo, ridotta in condizioni di schiavitù, utilizzata per lavori sottopagati se non addirittura illegali, alimentando così una guerra tra poveri che sfocia in episodi di violenza. Armi di migrazioni di massa, come titola il libro di Kelly M. Greenhill».

L’“esercito industriale di riserva” di marxiana memoria che alimenta guerre tra poveri, penalizzando i lavoratori (autoctoni in particolare) e non i ceti “parassitari” e benestanti, amanti dell’Ue ma lontani anni luce dalle esigenze del popolo: la grande “bomba sociale” del nostro tempo. Non stupisce che le battaglie contro confini e identità nazionali sono riuscite spesso a unire la sinistra no border con l’alta finanza e le grandi multinazionali, le stesse che spesso chiudono i profili social di chi non si adegua al “pensiero unico” e impediscono il libero dibattito. Il fine di questo variegato fronte sembra essere quello descritto ancora da Becchi, cioè la creazione di «individui “astratti”, sostituibili, intercambiabili, senza una storia, una cultura, una lingua. In assenza di legami identitari forti non ci saranno più stranieri, perché in fondo lo saremo diventati tutti».

Sarebbe il caso di ricordarci che la forza di una nazione risiede anche nella percezione che di essa hanno i cittadini, nello spirito di comunità che permette di affrontare le sfide più difficili e guardare al futuro sacrificandosi in nome delle generazioni passate e future. Guillaume Faye ricordava che «un Sistema non uccide i popoli assegnando loro prove insormontabili guerre, carestie, epidemie, ma rodendo all’interno il loro voler vivere, sradicandoli dall’humus della loro cultura, scoraggiando ogni loro volontà di costruirsi un avvenire». Non dimentichiamolo.

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