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Natale ai domiciliari perché la libertà è passata di moda

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Lo ha spiegato in modo mirabile la grande Juliet Samuel sul Telegraph, che ha ragione due volte. Una prima volta, come vedremo, nel merito degli argomenti che usa. E una seconda volta, nel metodo, perché ci ricorda che – nei tempi liberticidi in cui viviamo – quasi non ha più senso parlare dei dettagli: occorre concentrarsi sui principi di libertà per opporsi ai nuovi tiranni di Stato.

Il Natale – ha scritto la commentatrice britannica – non è un “frivolo cocktail party” che il governo ha il diritto di cancellare con un tratto di penna. Ma, anche al di là del significato religioso che ha per i cristiani, è un momento essenziale della vita delle persone e delle famiglie. Ecco, che ne sa lo Stato delle nostre vite? E come si permette di interferire? Che ne sa se in una famiglia qualcuno ha perso il lavoro, e il Natale doveva o poteva essere un momento di consolazione e calore speciale? O se c’è stato un lutto, ed era l’occasione per affrontarlo ed elaborarlo insieme? O se qualcuno è malato? O se una coppia sta vivendo una crisi e vuole tentare di salvare il rapporto?

Apparentemente, sono solo piccoli esempi, casi minuti: ma è la nostra vita, è la nostra libertà, è il cuore e il senso stesso della nostra esistenza. E non occorre aver letto Hayek per sapere che è fatale la presunzione dei pianificatori, di chi ritiene che la mano pubblica abbia il diritto e il potere di dirigere le nostre vite come se fossero tutte uguali e tutte di “proprietà” dello stato. Non c’è dubbio, le crisi espongono il meglio e il peggio di noi, ma soprattutto richiamano ciascuno alle proprie radici culturali e di pensiero. E sono in pochi, in questi tempi, a mostrare inquietudine per la libertà.

In fondo, ciò che angoscia di più non è l’insensibilità del Giuseppe Conte di turno, la sua pretesa di normare ogni passo e ogni atto, ma la “normalità”, direi quasi la rassegnata naturalezza con cui quasi tutti assistono a questa deriva. Confidiamo però nel “quasi”: anzi, tocca a noi, a pochi, essere quel “quasi”, e tenere accesa la fiammella di un’alternativa ideale, prim’ancora che politica.

Daniele Capezzone, 21 dicembre 2020

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