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Netanyahu, ecco le 4 accuse che non reggono

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Lo scorso mercoledì si è insediato a Gerusalemme il ventiduesimo parlamento dello Stato di Israele. Dietro alla solennità dell’evento e prima di prendere possesso degli scranni, c’era sugli eletti, come la nuvoletta di Fantozzi, il fortissimo timore di essere iscritti al Guinness dei primati come i parlamentari con il mandato più breve dal 1948 a oggi. Ciò nonostante i nuovi eletti davanti alle telecamere hanno ostentato, come a Natale, sorrisi di circostanza, sicurezza, abbracci e buoni propositi. Questa incertezza, quasi una realtà consolidata, è dovuta dallo stallo politico uscito dai risultati delle urne che sembra, e quasi sicuramente è, irrisolvibile.

L’appello che il Presidente di Israele Ruben Rivlin ha fatto ai due leader Ganz e Netanyahu invitandoli a mettersi d’accordo e creare un governo di unità nazionale, sembra essere caduto nel vuoto, nessuno dei due ha i sessantuno seggi necessari per creare una maggioranza che possa garantire la fiducia al governo e se lo stallo dovesse continuare, e tutto lascia credere che continuerà, i nuovi eletti saranno presto i nuovi dimissionari. Questo perché Ganz non vuole cedere neanche di un millimetro e pretende che il Likud, partito del Premier, partecipi al governo di unità nazionale ma senza Netanyahu che del Likud è il segretario oltre ad essere il Primo Ministro in carica.

In pratica, non ha ancora ricevuto alcun mandato e già vuole comandare in casa degli altri. La sensazione è che se anche dovesse venire alla luce questo strano esecutivo, durerebbe molto poco e più di una nascita quasi sicuramente si tratterebbe di un aborto tenuto in vita artificialmente. Che Israele stia rapidamente galoppando verso una terza tornata elettorale lo dicono alcuni segnali importanti, segnali che potrebbero aver dato l’inizio della terza campagna elettorale in dodici mesi, campagna elettorale che Benjamin Netanyahu dovrà nuovamente affrontare con l’incubo dei procedimenti penali in corso contro di lui.

Uno di questi segnali, il più importante, è dato dal fatto che i media, da sempre contrari a Netanyahu ma che durante le trattative avevano tirato un po’ il fiato, hanno ripreso con maggiore vigore la campagna stampa contro di lui e sua moglie ricordando a tutti, come se ce ne fosse bisogno, sono anni che lo fanno, i capi di accusa ai quali dovrà rispondere davanti al Procuratore Generale dello Stato che sono:

1.Il leader del Likud avrebbe ricevuto sigari cubani e un gioiello per la moglie (comprato dalla gioielleria Stern all’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv) dal produttore miliardario di Hollywood Arnon Milchan, un vecchio amico dai tempi in cui Bibi era Ambasciatore in America, in cambio di esenzioni fiscali. Esenzioni fiscali che poi non ha mai ricevuto.

2.Netanyahu avrebbe discusso con il proprietario del giornale Yedioth Aharonoth, Arnon Moses, della possibilità di convincere Sheldon Adelson, proprietario del giornale Israel Hayom, l’unico vicino a Netanyahu, a ridurre la tiratura in cambio di un trattamento migliore sullo stesso Yedioth Aharonoth. Si è trattato di un dialogo avvenuto pubblicamente, di cui tutti gli israeliani erano al corrente, e che poi si è risolto con un nulla di fatto.

3.Netanyahu avrebbe favorito la fusione tra la rete satellitare Yes e la compagnia di telecomunicazioni Bezeq in cambio di un trattamento di favore sul sito Walla News, dello stesso proprietario di Bezeq, Shaul Elovitch. Anche questo avvenuto in dialoghi pubblici e non segreti.

4.Netanyahu e la moglie Sara avrebbero compiuto spese private con denaro pubblico (per somme che si aggirano ai 200 dollari). La denuncia è stata fatta da un cameriere che era stato licenziato.

Secondo il Premier tutte queste accuse sono inconsistenti e ha ribadito in più occasioni che se questa è corruzione sono corrotti tutti quelli che svolgono politica, anche nel modo più onesto. Per questo ha chiesto di trasmettere in tv le accuse reali in modo che tutti gli israeliani possano rendersi conto delle stesse e non valutare la sua posizione solamente in base a ciò che hanno raccontato giornalisti più o meno informati ma sicuramente di parte.

Intanto Avichay Mandelblit, il Procuratore Generale, fa il cerchiobottista fra il martello della stampa forcaiola e l’incudine di migliaia di prove su quattro procedimenti, prove che per la quasi totalità dei giornalisti sono schiaccianti mentre lui, da buon magistrato, sa che il collegio di difesa del Premier, formato da i dieci più importanti avvocati di Israele, potrebbe smontare uno a uno i procedimenti o sgonfiarli fino a renderli poco credibili o non penalmente perseguibili. In quel caso proprio Mandelblit si ritroverebbe con il cerino in mano mentre intorno a lui ci sarebbe un fuggi-fuggi generale, anche perché è lecito pensare che se fra quelle carte ci fosse stata veramente la metà di ciò che è stato pubblicato o raccontato in televisione, le manette da tempo sarebbero già scattate intorno ai polsi di Bibi Netanyahu.

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