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Ogni incontro è una storia d’amore

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La mia proverbiale capacità di gestione logistica è emersa in tutta la sua inefficienza in occasione della tratta Cervignano – Bari andata e ritorno. 11 + 11 ore di intercity con cambio a Bologna, ma per La Ripartenza questo e altro.

Non prendevo un treno da un sacco di tempo e in quella occasione ho rinnovato in me la memoria di quel che sono le grandi stazioni centrali: le tre cantiche dantesche mescolate, senza nessun criterio. C’è l’uomo d’affari che va di fretta ed è on call h24, ci sono le donne indipendenti e sognanti, quelle elegantissime, gli studenti (gamma troppo ampia), le coppie di anziani che si muovono in tandem, gli anziani soli che vanno piano, gli accattoni e i venditori che, per la loro velocità di manipolazione della moneta, sembrano dei croupier mefistofelici al tavolo verde. Infine gli angeli, il personale delle FS.

Nella tratta di ritorno mi trovo dunque sul binario 9, snocciolando le mie Morositas acquistate da un croupier di cui sopra e pagate una follia. Godendo avidamente di quella piccola gioia alla liquirizia, con la coda dell’occhio in lontananza intravedo un mendicante che con una cantilena incomprensibile chiede a mezza voce, prega e infastidisce chi ha altro a cui pensare come me. La voce che sento tuttavia è diversa dal solito, il timbro è dolce. Volgo lo sguardo altrove per evitare di essere intercettata, fisso la pavimentazione della banchina e, mentre spio il nemico dal basso, un altro particolare mi colpisce e mi costringe a osservare la sua figura interamente: gli abiti sono curati.

Mi sforzo di non spostare i miei occhi sul suo volto e, nell’agire così, mi chiedo inaspettatamente: “Sono capace di fermarmi e guardare negli occhi la persona che mi sta chiedendo aiuto? Sono capace?”. E così cedo. Un giovane dal volto pulito, esteticamente tenuto al massimo delle sue potenzialità. “Perché un ragazzo come te non lavora?” lo interpello quasi indignata. Mantenendo la testa bassa, mi guarda da sotto il cappellino anche lui. “Io non parlo bene l’italiano…”. “Non importa, un lavoro lo trovi, se lo cerchi davvero”.

“Un signore mi ha promesso che domani, forse, mi farà lavorare da lui”. “Lo spero” e insisto: “Non è possibile che un ragazzo giovane come te chieda l’elemosina!” Nonostante lo stia guardando, non riesco a vederlo. “Io sono qui da due mesi… non parlo bene…”.  Alza un po’ la testa, la sua faccia è ora di fronte alla mia, ha un volto imberbe e da sotto la visiera luccicano vivaci gli occhi di un bambino; ci corrispondiamo nello sguardo, il mio tono è nuovo e si fa affabile: “Devi insistere…”. Tira fuori un vecchio cellulare e con google translator mi dice che dorme da due mesi per terra in una via di Bologna, che si vergogna di chiedere l’elemosina e che sarebbe disposto a fare qualunque lavoro, qualunque.

 

Il suo volto mi ricorda quello di tanti miei studenti, vedo in lui lo sguardo dell’uno, l’espressione dell’altro. Gli chiedo come si chiami: “Alex”.  Al suono del suo nome, gli si apre la bocca in un bellissimo sorriso che denuncia tutta la sua giovinezza… mi viene un brivido. Mi racconta che viene dalla Romania e non posso non dirgli che il rumeno è una lingua neolatina, ma Alex lo sa già. È sveglio. “Indovina quanti anni ho?” Mi chiede desideroso di dirmelo: “Ne faccio 19 il 30 settembre”. Solo 19 anni. “Alex, che cosa ti piace fare?”.

Ormai gli parlo con una dolcezza quasi materna, mi risponde di nuovo che è disposto a tutto, ma che la sua grande passione è cucinare; vorrei saperne di più, quando mi accorgo che il mio treno sta arrivando e di fretta gli do tutti gli spiccioli che ho, ma non sono quelli a fare la differenza; desidererebbe raccontarsi ancora ed è lieto che io lo abbia guardato negli occhi, è lieto del fatto che io mi sia interessata a lui e che abbiamo parlato, capisce che la sua felicità ora mi riguarda.

“Quando sarai ricco e famoso, ricordati di me!” dico, salendo le scalette. Il suo sorriso stabile è un dono inaspettato e io sono felice di concludere il mio viaggio pensando ad Alex. Ogni incontro è uno scambio d’amore e, in fondo, è tutto quello che vogliamo.

Fiorenza Cirillo, 1° agosto 2021

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