Le immagini del rilascio dei rapiti israeliani le hanno viste tutti e in tutto il mondo.
Le hanno viste durante la tornata di scambi effettuata nel primo cessate il fuoco del novembre 2023 quando le auto della Croce Rossa furono circondate dalla folla inferocita e le donne liberate, principalmente anziane, rischiarono il linciaggio in presa diretta.
E nessuno disse nulla.
Durante questa seconda tornata immagini simili sono state trasmesse e, contro tutte le regole delle convenzioni di Ginevra, i rapiti sono stati ripresi davanti alla folla che inveiva e minacciava contro di loro con la complicità della solita Croce Rossa che invece di pretendere il rispetto delle regole ha fatto passarella davanti alle telecamere.
Si è trattato di un caso unico nella storia di questa organizzazione che nell’occasione è andata contro i principi da lei stessa emanati quando i suoi rappresentanti hanno addirittura firmato documenti di rilascio compilati da un’organizzazione terroristica.
I rapiti sono stati certamente obbligati, ma i rappresentanti dell’organizzazione ginevrina avrebbero potuto evitare l’ennesima brutta figura. Ma non lo hanno fatto.
Peccato, perché nelle guerre anche i simboli sono importanti e avrebbero potuto sottrarsi dal dare potere mediatico ai terroristi. Considerando però il comportamento tenuto dal 7 ottobre 2023 in poi, non potevamo aspettarci niente di meglio.
Hamas ha scatenato la guerra e anche se alla fine si ritrova con la Striscia di Gaza sommersa da macerie dice di aver vinto.
Trump, il pragmatico, è consapevole che una ricostruzione in quell’aerea non sarà facile e prenderà diversi anni, ce ne vorranno un paio solo per rimuovere le macerie, e propone di spostare temporaneamente parte della popolazione in altri Stati arabi in modo da alleviare il disagio e accelerare i lavori.
Che succede? Succede che Arabia Saudita, Qatar, Emirati Arabi Uniti, Egitto e Giordania hanno di comune accordo rilasciato una dichiarazione congiunta per opporsi al piano Trump: “Ci opponiamo al trasferimento dei palestinesi dalle loro terre in qualsiasi situazione e circostanza”.
In qualsiasi circostanza, cioè che non vivpassi neanche nell’anticamera del cervello che parte dei palestinesi possa stabilirsi temporaneamente da noi.
Inutile girarci intorno, tanto vale dire la verità, tutta e fino in fondo: è una presa di posizione che serve proteggere loro stessi dai fratelli palestinesi che, come storia insegna, dovunque sono andati fra la Giordania e il Libano per finire con la Tunisia, hanno sempre fatto opera di destabilizzazione.
Ma non è tutto, il più preoccupato è proprio l’Egitto, non dimentichiamoci che prima della guerra del 1967 la Striscia di Gaza era sotto governo del Cairo, e per far subito sentire la sua voce, l’Intelligence egiziana ha inviato al confine fra Gaza ed Egitto dei “civili” per protestare contro il trasferimento dei cittadini di Gaza in Egitto.
Migliaia di egiziani si sono allora recati al valico di Rafah (vedi video sopra) per manifestare contro il piano del Presidente USA Donald Trump che prevede il trasferimento di parte della popolazione palestinese dalla Striscia di Gaza e, non soddisfatti, dopo la fine delle proteste hanno attaccato e rubato i camion degli aiuti umanitari destinati alla popolazione civile palestinese.
Alla fine scopriamo, anzi non lo scopriamo perché lo abbiamo sempre saputo, che i palestinesi si difendono solo per andare contro Israele, ma quando bisogna fare qualche passo per aiutarli tutti, soprattutto i fratelli arabi, si chiudono a riccio e, già che ci sono, gli fregano anche un po’ di quei camion pieni di derrate alimentari pagate dagli occidentali.
Come si dice in questi casi: “Cornuti e pure mazziati”.
Michael Sfaradi, 2 febbraio 2025
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