Politica

Perché la sinistra odia gli ebrei

La sinistra di tradizione marxista vede in Israele l’avanguardia degli Stati Uniti e l’avamposto dell’Occidente in Medio Oriente

corteo pro palestina: perché la sinistra odia gli ebrei

Da dove proviene l’infatuazione di larga parte della sinistra per Hamas? Com’è possibile che una tradizione politica che affonda in un pensiero che ha sempre guardato alla religione come all’oppio dei popoli possa schierarsi con gruppi terroristici che intendono imporre un regime islamico fondamentalista? I recenti fatti di Pisa – dove in università si è dato spazio a voci di una propaganda nutrita di odio e risentimento – possono essere istruttivi al riguardo, dato che aiutano a cogliere cosa c’è dietro a questo apparente paradosso.

La sinistra di tradizione marxista vede in Israele l’avanguardia degli Stati Uniti e l’avamposto dell’Occidente in Medio Oriente. Si tratta di una lettura in parte comprensibile (le relazioni tra Gerusalemme e Washington da tempo sono molto salde), ma che è utilizzata per adottare una logica manichea e disumana, in ragione della quale un morto palestinese vale assai più di un morto israeliano. Ci possono essere buone ragioni per contestare l’amministrazione Netanyahu e dunque per criticare questa o quella scelta del governo di Gerusalemme, ma è qualcosa radicalmente diverso negare il diritto stesso della comunità israeliana a vivere in quelle terre senza continuamente temere attacchi come quello del 7 ottobre scorso, corredati da omicidi e stupri.

Se tanta parte della sinistra, in varie circostanze, manifesta quindi forme di antisemitismo è perché in fondo già nell’ebreo Karl Marx il giudeo era letto come portatore di una visione borghese della vita, basata sul profitto e sullo sfruttamento (basta leggere La questione ebraica). Se nella letteratura antisemita dell’Ottocento l’ebreo era il déraciné slegato da ogni patria e da ogni nazione, oggi è il banchiere cinico e feroce, che tira le fila di tutto quanto avviene. Dal 1844 a oggi non è poi che sia cambiato molto nel modo di vedere nell’ebreo il colpevole assoluto.

Per giunta, nell’immaginario di molti il palestinese di Hamas è uno degli archetipi della vittima: come l’immigrato, la donna o il transessuale. Secondo questi schemi risibili, chi è con Hamas è dalla parte di quanti sono perseguitati sempre e comunque; chi è con Israele, invece, sta con i boia. L’unilateralismo ottuso di chi vuole sempre e comunque individuare un “buono assoluto”, che nei decenni scorsi alimentò tanta parte del terzomondismo, ritorna in questa irrazionale e ingiustificabile esaltazione di quanti s’oppongono con determinazione all’individuazione di una convivenza pacifica in quella parte così tribolata del mondo.

È anche significativo che coloro che a Pisa hanno preso le difese dei terroristi palestinesi abbiano protestato anche con quelle istituzioni universitarie (la Normale, ad esempio) che intrattengono rapporti con gli atenei israeliani. L’esaltazione della violenza pure stavolta va a braccetto con una cultura della censura e dell’intolleranza, del pregiudizio e dell’ostilità preconcetta. E questo non promette davvero nulla di buono.

È allora fondamentale contrastare tale schematismo anti-occidentale, sempre più radicato nella nostra società e che si converte di continuo in avversione per Israele e per gli ebrei. Ovviamente, tale visione delirante va sconfitta con le uniche arme possibili: gli argomenti e la persuasione. L’esatto opposto, insomma, del boicottaggio di questa o quella università.

Carlo Lottieri, 15 marzo 2024

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