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Perché Melania è stata una grande first lady

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Credo che sia giunto il momento, dopo le sbracate dichiarazioni televisive di Alan Friedman, ma non solamente per questo (parole meschine che qualificano da sole chi le usa), di fare un elogio di Melania Trump, la quarantacinquesima first lady dell’America. Di farlo soprattutto per la dignità e il decoro, la compostezza e lo stile, con cui ha affrontato il suo ruolo, cosa che non era affatto facile e scontata considerate le intemperanze e le uscite spesso borderline del consorte presidente e considerato il non edificante esempio che aveva in chi l’ha preceduta, cioè Michelle Obama.

Sia chiaro, qui non si vuole fare un discorso che rilega la donna in un suo cantuccio, come direbbe subito il falso femminismo di sinistra. Significa semplicemente capire che, come i soloni dell’altro campo pretendono di insegnarci solo quando fa a loro comodo, la democrazia, e quella americana più di tutte, è fatta di forme, liturgie, persino riti. E quello della first lady è un ruolo simbolico quanto altri mai perché richiama la tradizione e suoi valori, che per un “popolo senza storia” è un cemento sociale non indifferente. Bisogna rispettare il proprio ruolo, indipendentemente dal sesso, così come lo hanno rispettato, per fare solo due esempi nell’altro senso, il marito di Margareth Thatcher, a suo tempo, e quello di Angela Merkel, ancora oggi. Rispettare il proprio ruolo significa anche avere rispetto verso i propri concittadini che non hanno votato il o la consorte di un presidente e che perciò non debbono vedersi una tale persona fare politica o prepararsi, servendosi del consorte , una propria carriera politica (come ha fatto la Clinton e come, si capisce a mille miglia, ha fatto e continua a fare la Obama).

Non era facile anche perché si aveva gli occhi puntati di un sistema dei media orientato da una sola parte, pronto a cogliere ogni piccola e umana défaillance per colpire il presidente per interposta persona. E, non esitando pur di raggiungere lo scopo, a mettere in campo il più spinto “sessismo”, come ha fatto Friedman con rozzezza ma come hanno fatto nei quattro anni trascorsi tutti quelli che dietro una mano negata a Trump o un volto più corrucciato del solito hanno immaginato chissà quali dissapori o dissidi coniugali. Già dimenticando che il loro è un matrimonio consolidato e di lunga data (senza contare l’altrettanto lungo fidanzamento) e con un figlio, Barron, che, in barba ad ogni rispetto per i minori, è stato persino preso in giro per certi suoi diffusi “disturbi” comportamentali da adolescente.

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