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Risparmi a rischio, quanto ci costa il welfare

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La Repubblica tutela la Salute come diritto fondamentale dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. L’articolo 32 della Costituzione Italiana rischia di essere sempre più disatteso. Nel nostro Paese c’è un’«emergenza sanitaria», i bisogni di cura dei cittadini sono cambiati e la spesa sanitaria privata è ormai sempre più in crescita ed è indispensabile per sostenere i maggiori bisogni di cura che caratterizzano alcuni stati patologici o situazioni specifiche.  Decine di studi e rapporti raccontano una situazione complicata di un sistema di Welfare che invece è sempre stato un fiore all’occhiello del nostro Paese, ma che ora è diventato difficile da sostenere.

Sono tanti i motivi che stanno ribaltando gli equilibri stabiliti dall’articolo 32 della Costituzione. L’esplosione della spesa pubblica è uno di questi. I dati Eurostat più aggiornati disponibili confermano che una parte considerevole di questa continua a essere destinata a interventi di natura sociale, nei prossimi anni, a causa dei nuovi scenari demografici, tale spesa diverrà sempre più insostenibile. Ed è per questo che sta crescendo la necessità di far fronte con risorse private a un insieme crescente di esigenze di cura che non trovano adeguata risposta nel sistema pubblico.  Secondo il Rapporto sul bilancio di welfare delle famiglie italiane curato da Mbs (2019), la salute costituisce l’area di spesa per welfare più rilevante per le famiglie, con un valore complessivo di 37,7 miliardi nel 2018 e una spesa media per nucleo pari a 1.476 euro.

Inoltre, per affrontare queste spese, nel 2018 più di una famiglia su cinque, avrebbe dovuto intaccare i risparmi o fare affidamento sull’aiuto dei familiari. Anche le stime in merito alle rinunce sanitarie convergono nel segnalare un aumento del fenomeno e confermano quanto sia difficile per il sistema sanitario italiano mantenere il proprio impianto. Ma, come accennato, è la demografia, ad incidere negativamente su tutto. Si prevede, infatti, che nel 2050 la quota delle persone con 65 anni o più sul totale della popolazione, attualmente al 22,6%, sfiorerà il 34%. La quota degli over 85, oggi intorno al 3,5%, supererà la quota del 7%. L’indice demografico di dipendenza strutturale già oggi al 56,1% arriverà all’85%, mentre quello di dipendenza degli anziani, attualmente pari al 35,2%, crescerà fino al 63%.

Vivere più a lungo non significa però vivere meglio. La speranza di vita in buona salute alla nascita si attesta a 58,2 anni e quella a 65 anni è pari a 13,7 anni per gli uomini e 14,3 per le donne. Sempre a 65 anni la speranza di vita senza limitazioni funzionali è di 7,8 anni per gli uomini e 7,5 per le donne a fronte di una media europea di 9,4 anni per entrambi i generi (Istat 2017). Le risposte del sistema pubblico alle sfide poste dall’invecchiamento sono concordemente ritenute inadeguate. Tutto questo eleva il grado di vulnerabilità delle famiglie e delle persone che si ritrovano sempre più chiamate direttamente ad affrontare finanziariamente, problemi di cui fino a qualche anno fa non dovevano neanche preoccuparsi. In questo contesto completamente rinnovato, per certi versi ribaltato rispetto all’assistenzialismo tipicamente italiano, i cittadini devono cominciare ad orientarsi verso altre soluzioni, soluzioni più efficienti, soprattutto di natura assicurativa, che miglioreranno l’efficienza economica di quanto si sta già facendo.

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