Salute

Fine Covid mai?

“Stop assembramenti, mascherine al chiuso”: giallo sulla circolare di Schillaci

Mistero al ministero: spunta una circolare sul Covid che prevede il ritorno delle mascherine. Poi scompare

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Rispunta l’incubo delle mascherine nei luoghi chiusi, dopo che l’attuale governo, sotto assedio da parte del partito trasversale dei talebani sanitari, ha deciso di prorogarne l’utilizzo negli ospedali e nelle Rsa.

L’agghiacciante prospettiva, dopo quasi tre anni di inutili misure liberticide, è emersa da una circolare del ministero della Salute del 3 novembre e indirizzata alle Regioni in merito ad alcuni obiettivi, quali il completamento della campagna vaccinale e il ricorso, nel caso di un peggioramento della situazione epidemiologica, ancora una volta alla magia delle mascherine nei luoghi chiusi. Oltre all’eventuale ricomparsa in grande stile di questa sorta di feticcio di protezione individuale, nella stessa circolare si avanza al possibilità di un ritorno al lavoro da casa ed alla riduzione degli eventi che prevedono assembramenti.

Tuttavia l’allucinante circolare, che ci riporta agli albori di una pandemia ancora tutta da decodificare, è stata poi repentinamente ritirata dal ministero della Salute, con questa laconica spiegazione: “Si prega di non considerare il documento trasmesso con protocollo 45253 del 03/11/2022-DGPRE in quanto inviato per mero errore materiale.”

Ora, la partenza del nuovo esecutivo sul tema spinoso della pandemia infinita è comunque apparsa sin da subito piuttosto incerta, e questa ennesima, imbarazzante vicenda di ordinaria follia burocratica lo dimostra appieno.

Così come emerge con sempre maggiore chiarezza la difficoltà che sta incontrando l’attuale maggioranza a voltare decisamente pagina, mandando definitivamente in soffitta i demenziali protocolli con cui l’ex ministro Speranza ha invano tentato di bloccare la circolazione di un virus endemico da molto tempo, con l’unico risultato di paralizzare il sistema sociale nel suo complesso.

Ebbene, proprio nella circolare in oggetto viene ribadito il medesimo approccio che la premier Giorgia Meloni ha duramente contestato nel suo primo discorso alla Camera dei deputati. Un approccio che ha previsto le restrizioni più rigide dell’Occidente, ma che ha ottenuto i risultati peggiori sotto tutti i profili. Ed era proprio per questo che per molti di noi aperturisti della prima ora le parole del presidente del Consiglio indicavano la netta intenzione di adottare una linea di piena discontinuità rispetto alla strategia cinese incarnata da Roberto Speranza.

Tuttavia, ritrovare in un documento del ministero della Salute le agghiaccianti parole magiche delle misure liberticide di un regime sanitario che avevamo dato per morto non è un bel segnale. Doverci ancora confrontare con le mascherine al chiuso, con lo spauracchio dell’aumento dei casi ( quasi tutti asintomatici, visto che da molto tempo i clinici segnalano al scomparsa dei sintomi più gravi del Covid-19), con il ritorno al telelavoro e con le misure anti assembramento, ci riporta mentalmente indietro ad una stagione democratica, per così dire, che vorremmo francamente seppellire per sempre.

D’altro canto, al di là delle chiacchiere e delle buone intenzioni, se si vuole realmente modificare il fallimentare paradigma targato Speranza, che fin troppi danni ha prodotto nel Paese, ci sono solo tre cose da fare: discontinuità, discontinuità e discontinuità.

Ergo ciò significa che, dopo gli annunci, occorre assumersi la responsabilità di agire concretamente, eliminando lo spettro delle mascherine obbligatorie e delle altre misure liberticide ancora in essere. Fatti non parole, recitava una celebre pubblicità televisiva di alcuni decenni addietro.

Claudio Romiti, 4 novembre 2022

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