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Tutti zitti sull’ayatollah e le vignette antisemite

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Carissimi amici,

Anche se questa mia lettera aperta, pubblicata sul sito www.nicolaporro.it, è diretta a tutti voi che generalmente siete d’accordo con quello che penso e manifesto, non vi nascondo che è principalmente indirizzata a tutti quegli amici che vedono la realtà dei nostri giorni in maniera diversa dalla mia e che non perdono occasione per contraddire o criticare. No, non fraintendete, non è mia intenzione attaccare briga con chicchessia, al contrario con queste poche righe, vorrei solamente mettere in chiaro alcuni punti che reputo importanti, questo perché attualmente alcune fondamenta che sono alla base della democrazia per come la conosciamo e che garantiscono anche tutte le libertà conquistate negli ultimi secoli, libertà raggiunte dopo guerre, sacrifici e tanto sangue, vengono messe in discussione.

Prima di addentrarmi nei particolari che voglio affrontare, mi preme mettere in chiaro che molte delle vignette che negli ultimi anni sono state pubblicate dalla rivista satirica Charlie Hebdo, mi hanno dato ai nervi e spesso qualche parolaccia a loro indirizzata è uscita dalla mia bocca. Soltanto qualche parolaccia però, non ho mai avuto la tentazione di sparare, accoltellare e decapitare nessuno. La redazione di Charlie Hebdo ha spesso insultato Israele, il suo governo o, peggio, la religione ebraica. Con un paio di vaffanculi indirizzati a Parigi, pensati, sussurrati o detti ad alta voce, mi sono sempre sentito più che soddisfatto ed ho continuato tranquillamente la mia vita senza farmi influenzare più di tanto.

Pensate cari amici che, pur avendo la possibilità di rispondere loro con qualche articolo al vetriolo dove potevo prenderli un po’ per il culo, e credetemi che per dare addosso a Charlie Hebdo, almeno fino all’attentato del 7 gennaio 2015, molte redazioni mi avrebbero aperto le porte. Eppure non ho mai pensato di farlo per il semplice motivo che le loro vignette, per la maggior parte inutili, non divertenti, al limite dell’insulto e pure disegnate male, non meritavano davvero alcuna risposta. E se non ho pensato di perdere tempo a scrivere su di loro, figuriamoci se poteva passarmi per la testa di andare per le vie di fatto. Perdere tempo a scrivere su qualche loro stronzata sarebbe stato dare a una cosa inutile un’importanza che non meritava. Charlie Hebdo, infatti, prima dell’attentato era noto solo in Francia, fuori dai confini della Republique Française era conosciuto solo dagli addetti ai lavori. La vera notorietà internazionale, per un tragico assurdo, è arrivata solo dopo il massacro a opera del gruppo Ansar al-Sharia, una costola degli assassini di Al Qaeda.

Il punto da prendere seriamente in considerazione, cari amici, non sono le vignette di Charlie Hebdo, come non lo sono le caricature di Maometto pubblicate il 30 settembre 2005 sul quotidiano danese Jyllands-Posten, riprese poi dal giornale norvegese ad ispirazione cristiana protestante Magazinet, come non lo è il cortometraggio Submission del 2004 diretto dal regista olandese Theo van Gogh, scannato in mezzo alla strada, e scritto da Ayaan Hirsi Ali che da allora vive sotto scorta. Il punto da prendere in considerazione è che qualcosa può piacere o non piacere, ma non si può vietare perché a qualcuno dà fastidio. Ma che dico vietare, non si può neanche minimamente pensare alla limitazione della libertà di stampa e di pensiero, perché anche la limitazione sarebbe la rinuncia a un pezzo di libertà, e la storia insegna che quando si rinuncia al primo pezzo, il secondo e il terzo arrivano a ruota e ci si ritrova sotto le peggiori dittature.

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La storia ci insegna che una volta persa le libertà per riacquistarle ci vuole tanto tempo, sudore, dolore e sangue, e ci insegna inoltre che la prima delle libertà che si è persa durante i tempi bui è sempre stata quella di stampa e di pensiero. Carissimi amici, davvero pensate sia giusto autolimitare la nostra libertà di pensiero per non urtare la sensibilità di qualcuno e, di conseguenza scatenare sanguinosi attentati? Se lo pensate state completamente fuori strada. Perché? Ve lo spiego subito: gli attentati di Madrid dell’11 marzo 2004 sferrati nella capitale spagnola a diversi treni locali e che provocarono 192 morti e 2057 feriti, sono il frutto di qualche vignetta? L’attentato alla sede di Charlie Hebdo del 7 gennaio 2015 a Parigi nel quale sono state barbaramente uccise dodici persone, è riuscito a zittire il bisogno di libertà di chi a quell’attentato sopravvisse? Vendendo la vignetta con Erdogan in canottiera e le chiappe velate direi proprio di no.

Il teatro Bataclan di Parigi che è stato devastato dall’attentato del 13 novembre 2015 è stata la reazione a qualche vignetta o presa per il culo? La risposta è NO. Si volle solamente colpire il nostro modo di vita nel quale ci divertiamo, ascoltiamo musica, beviamo alcool e, qualche volta, quando capita, ci facciamo anche qualche sana scopata fuori dal sacro vincolo del matrimonio. E se lo fa tua moglie? Direte voi, tranquilli non sono sposato. Posso continuare, anzi, voglio continuare, perché chi ha criticato Charlie Hebdo per la pubblicazione della sua ultima “opera”, ha probabilmente la memoria corta.

La strage di Nizza del 14 luglio 2016, quando un autocarro ha volontariamente investito in velocità la folla che assisteva ai festeggiamenti pubblici in occasione della festa nazionale francese nei pressi della Promenade des Anglais, attentato in cui persero la vita decine di persone e altre rimasero ferite più o meno gravemente, era per cancellare con il terrore una giornata di festa. Esattamente come l’attentato gemello di Berlino, avvenuto il 19 dicembre 2016 e che ha provocato 12 morti e 56 feriti tra gli avventori di un mercatino di Natale. In questo caso era il Natale che doveva essere colpito e cancellato con il sangue e con il terrore. E in tutti questi casi non ci sono state vignette o caricature a scatenare l’ira funesta del terrorista di turno.

Sapete cari amici cosa ha dichiarato l’Ayatollah Sayyid Ali Khamenei il 28 ottobre 2020 all’indomani della decapitazione del professor Samuel Paty che aveva avuto l’impudenza di spiegare cos’è la libertà di parola e pensiero ai giovani musulmani che studiavano nella sua classe, e della decapitazione di due persone all’interno della cattedrale di Nizza e dell’uccisione di una tersa persona?

“Giovani francesi! Chiedete al vostro presidente perché sostiene l’insulto al Messaggero di Dio in nome della libertà di espressione. La libertà di espressione significa insulto, soprattutto a un personaggio sacro? Questo stupido atto non è un insulto alla ragione delle persone che lo hanno eletto? La prossima domanda da porsi è: perché è un crimine sollevare dubbi sull’olocausto? Perché qualcuno che scrive di tali dubbi dovrebbe essere imprigionato e lo stesso non viene fatto se si insulta il Profeta?”

Secondo l’Ayatollah, lo lascia sottinteso, chi insulta il profeta merita la morte. Si tratta di gravi dichiarazioni che, confermando l’antisemitismo e negazionismo, danno il via alla follia islamista che ormai, probabilmente, ci sta preparando altri e più gravi atti di violenza. Qualcuno ha ricordato al signor Sayyid Ali Khamenei che da anni il suo governo organizza il festival della vignetta negazionista? Nell’articolo ci sono diversi esempi di queste “opere”, eppure nessun iraniano è mai stato sgozzato da un ebreo. Vi dico di più, secondo me è giusto che questo festival venga organizzato, anche in questo caso si tratta di libertà di espressione, tu sei libero di esprimerti, anche nelle più grandi stronzate che possono essere facilmente smentite. Khamenei e molti come lui non sanno che i nazisti nella loro precisione teutonica hanno lasciato alla storia immensi archivi delle loro nefandezze. Solo gli imbecilli possono negare, e quando negano non serve sgozzarli, basta trattarli da imbecilli quali sono. In fondo non siamo tutti come Woody Allen che quando ascolta Wagner gli viene voglia di invadere la Polonia.

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