Politica

Voto dietro l’angolo, centrodestra a rischio disfatta - Seconda parte

È già rissa per le comunali di Palermo e di Messina mentre sullo sfondo aleggia la battaglia per la presidenza della Regione, con la conferma o meno dell’uscente ed assai divisivo Nello Musumeci. Il tutto inasprito da una Giorgia Meloni che continua a chiedere un tavolo di confronto, dimenticandosi forse che finì assai male quando lo ottenne a Roma, puntando sul povero Michetti. Se da un lato Giorgia resta incatenata ai vari Donzelli e Del Mastro, invisi al resto di Fratelli d’Italia, dall’altro sta raccogliendo consensi in una dimensione internazionale, forte del suo ruolo di presidente dei Conservatori europei. La convention, in preparazione a Milano, sarà da fuochi d’artificio e finalmente potrebbe aprire il partito alla società civile. In questo disordine, c’è chi pensa di poter mettere insieme Forza Italia e Lega, credendo che la somma aritmetica di entrambi corrisponda al reale aumento del consenso. Ma come giustamente rileva quella vecchia volpe di Gianfranco Rotondi, se si vuole fare sul serio, non si può escludere Fratelli d’Italia da un simile progetto.

Infine ci sono tutti i «senza tetto», da Renzi a Calenda, passando da Brugnaro a Toti fino al «draghetto» Lupi, che vedendo aumentato il livello di caos nel centrodestra non aspettano altro che una chiamata da Enrico Letta, proprio colui che seduto sul nido del cuculo, promette seggi e, inorridendo la sua base, è diventato un pericoloso guerrafondaio. Tornando al centrodestra e considerando le sacrosante battaglie su fisco, giustizia e casa portate avanti soprattutto da Antonio Tajani, Paolo Barelli e Annamaria Bernini, si dovrebbe comunque trovare una coesione, anche in vista delle elezioni.

Ormai il metodo Draghi di procrastinare, «alla Dorotea», ogni decisione, con il Pnnr tutto da riscrivere, non piace più nemmeno al presidente Mattarella il quale si sta convincendo che l’Italia, soprattutto dopo le presidenziali francesi e nel post-Merkel, non può restare impantanata fino alla primavera prossima in una campagna elettorale infinita. La scusa che non si può votare in periodo di guerra è ormai svanita. Tic tac, sveglia.

Luigi Bisignani, Il Tempo 17 aprile 2022

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