Politica

25 aprile, salamelle e pastasciutta antifà

Ogni anno lo stesso populismo barricadero con i soliti slogan: la leggendaria Liberazione è sempre stata colonizzata da una sola e precisa parte politica

Elly schlein pd (1) © STILLFX tramite Canva.com

Il Paese più sbracato, più melodrammatico del mondo ha scoperto la sobrietà. Chi per esaltarla, chi per esecrarla. Va detto che il ministro Musumeci poteva pure starsi zitto perché il suo invito è parso ridondante, di un paternalismo peloso, e, manco a dirlo, controproducente: subito è partito un cafarnao, un canaio dove tutti stanno da tutte le parti, sobri ma casinisti. Fuori di testa, coglione, fatti gli affari tuoi, hai ragione, ci vuole rispetto, andate a fanculo, noi siamo nati sobri, l’eterno Mastella ne approfitta per fare valutazioni elettorali, la sua passione, Renzi per arrampicarsi sul cavallo della statua equestre, la sua passione è lo specchio, Landini annuncia che “noi non abbiamo bevuto (lo giura?) e il 25 aprile è giornata di lotta”, assunto che pare confutare in se stesso la premessa: ancora con l’ur-fascismo, ancora con l’eterna resistenza ai fantasmi?

Il segretario che sussurrava ai banchieri piglia cinquemila euro al mese per dar fiato alla bocca, alimentando un populismo barricadero assai poco sobrio, ma lui è trascurabile, il fenomeno davvero notevole è la sobrietà evocativa in un contesto di figurine da presepe napoletano che l’hanno sempre evitata come i vampiri con l’aglio. Sobrietà al loden, come quella dei grandi noiosi alla Mario Monti che sobriamente ci mandavano in rovina e se lo contraddici, ancora oggi, reagisce in modi assai poco sobri, alla Romano Prodi, l’uomo che sussurrava alle mortadelle e tirava i capelli alle pulzelle: e quando glielo ricordano, si contorce in una smorfia diversamente sobria e fa: umhff, non ho gniente di cui scusaaarmi.

Ma tutti sobri, è la nuova parola d’ordine, moda, must, tendenza, per la Liberazione venti venticinque, Giornata della Sobrietà. Liberazione dal buon senso, dalla logica e, a sua volta, dalla misura senz’altro. Tutti sobri, da Malgioglio e Bergoglio che ne ha fatte più di Carlo in Francia. Nella terra delle sparate, dove tutto è pacchiano, tutto è Casamonica, per dire clamoroso, fuori gusto, fuori decenza, di sobrio c’è rimasto giusto Dino Zoff, il friulano, che quando vinse la coppa del Mondo invece di festeggiare con gli altri si rintanò con il povero Scirea “e ci fumammo una cicca di sigaretta, bevemmo un bicchiere di vino in due e poi subito sotto le coperte”. Era un trionfo Mundial le esequie papali? Comunque altri tempi, questi attuali sono fatti di liquidità influencer e i modelli di sobrietà rispondono più alla Gintoneria che all’austerità di un’abbazia.

Perché la destra papalina, ma per finta, per opportunismo, chiede sobrietà, che di per sé suona come un auspicio ragionevole, perfino doveroso, ma improbabile? Perché intende profittare del momento particolare, il cordoglio per Bergoglio, così da disinnescare un po’ la portata della più tronfia, retorica, ammuffita e pretestuosa delle ricorrenza. E perché la sinistra si rotola in terra come i farisei con Cristo? Per lo stesso motivo ma inverso, perché per loro una data ormai da storicizzare, buon Dio (come direbbe il partigiano Sandro Pertini) non va affidata alla memoria ma tenuta su a baracconate, salamelle e pastasciutte antifà condite da sceneggiate, invettive, aggressioni, caccia alla Brigata ebraica, a tutti quelli considerati indegni della ricorrenza, ma poi, inesorabilmente, anche fra loro del giro ludico-rivoluzionario, dopo avere ecceduto in sobrie libagioni. Per la sinistra il 25 aprile ha senso solo se diventa la pantomima della lotta armata, lo svacco continuo, ci vuole il coraggio di Calenda a dire che “è sempre stato sobrio”, ma quando mai? Ma ci è mai andato a qualche cerimonia civile, non diciamo di quelle istituzionali ma di popolo, è mai uscito dal suo microcosmo pariolino?

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Io, per dire, ne ricordo una, di 31 anni fa, Berlusconi, e giù Madonne, aveva appena vinto le elezioni scassando la “gioiosa macchina da guerra” comunista, sobria ma sfigata definizione di Achille Occhetto, e sotto la pioggia torrenziale di un 25 aprile cupissimo, l’alleato Umberto Bossi si prese (con una certa dignità, va detto) una pioggia di sputazzi, di monetine, di maledizioni, di minacce da alcolisti anonimi che con gli occhi di fuori e la bocca schiumosa gli facevano il gesto della P38, della gola tagliata, che lo volevano a piazzale Loreto, ovviamente capovolto, che grandinavano bestemmie al fiato di grappino, ero inviato, allora, per un giornale regionale e fu una esperienza indimenticabile. Molto sobria. Poi ne ho vissute altre ma la musica non è mai cambiata, deliri avvinazzati e nostalgie terroristiche che non andavano da nessuna parte.

Questo non per sminuire la portata di una ricorrenza che comunque andrebbe contestualizzata, come si usa dire, e affidata ad una sobrietà storica, al necessario distacco dopo 80 anni, ma per ribadire che la leggendaria Liberazione è sempre stata colonizzata da una sola e precisa parte politica, molto faziosa, assai poco sensibile ai valori della libertà e della democrazia, molto invece a quelli della propaganda autoritaria e anche demenziale: saranno appunto 30 anni che sentiamo ripetere ad ogni scadenza gli stessi immarcescibili slogan nel frattempo marciti: “la peggior destra di sempre”, “la deriva delle destre”, “il fascismo che ritorna, anzi non è mai andato via” e, di conseguenza, la necessità dell’antifascismo permanente, che è sempre un bell’affare, un business che libera non diritti ma carriere.

Il tutto in un Paese melodrammatico ma sbrindellato nel quale nessuno risponde di niente e si assume la responsabilità di niente, anzi prendersi il fardello di qualsiasi cosa è giudicato da deboli, da coglioni. Vedrete che neppure in questa occasione il copione verrà minimamente disatteso: papa o non papa, per quanto degli atei, degli islamici e dei terroristi, sarà giornata di solite volgarità ed esagerazioni, di fucilate retoriche, di anatemi paranoici, di roghi per donna Giorgia, di mascalzonate dei centri asociali, di enormità di Ilaler Salis & compagnia compagna, però questa volta in modo sobrio, perché, parola di Landini, loro mica bevono, nooo.

Max Del Papa, 25 aprile 2025

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