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Altro che trasgressivi: gli artisti di oggi si uniscono al coro, sposando le cause mainstream

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Ogni opinione è legittima. Eppure, non tutte le opinioni sono coraggiose allo stesso modo. Prendiamo come esempio due casi relativamente recenti: la dichiarazione contro l’aborto pronunciata al Grande Fratello da Alfonso Signorini, che ha provocato non poche polemiche, e l’endorsment dei Maneskin al disegno di legge Zan, bocciato in Senato per 32 voti quasi un mese fa.

Il direttore di Chi ha osato criticare l’aborto durante la sua trasmissione, suscitando reazioni indignate. Una giornalista ha addirittura invitato Signorini a non parlare del “corpo delle donne”. Come se il tema dell’aborto riguardasse soltanto la donna e non entrambi i genitori. Come se il padre non potesse pronunciarsi su una decisione drammatica come quella di abortire. Ma non voglio entrare in questo dibattito. Ognuno può essere favorevole o contrario all’aborto così come a qualunque altra cosa. Stupisce, però, che alcune posizioni siano più facili da sostenere di altre. Se i Maneskin appoggiano apertamente il disegno di legge Zan, parte un fragoroso applauso. Se invece Signorini si dichiara contrario all’aborto, allora scatta il linciaggio mediatico.

I Maneskin sono stati glorificati dalla stampa e le loro parole (“Quest’anno l’Italia ha vinto in tutto tranne che nei diritti civili”) sono state prese per oro colato, manco se ad averle pronunciate fosse stato Oscar Wilde, che nel 1895 venne condannato a due anni di lavori forzati a causa del suo orientamento sessuale. Nel XIX secolo, molti Paesi consideravano l’omosessualità un reato. Fortunatamente oggi, quantomeno nell’Occidente avanzato, la situazione è molto diversa: l’ordinamento italiano assicura agli omosessuali gli stessi diritti delle persone etero. A confermarlo è l’articolo 2 della Costituzione: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.”

In questi “diritti inviolabili” rientra anche quello (sacrosanto) di esprimere liberamente la propria sessualità. Tuttavia, la vulgata mainstream tende a dipingere l’Italia come un Paese arretrato, in cui gli omosessuali vengono perseguitati dai loro concittadini. Uno scenario assai distante dalla realtà. Ciò non significa negare l’esistenza di alcuni episodi di discriminazione, che quando avvengono vanno condannati con fermezza, ma inquadrarli nella loro dimensione statistica.

Sorvolo sulle storture tecniche e giuridiche del ddl Zan, che questo giornale ha meritoriamente approfondito in questi mesi. E mi limito a fare una considerazione: al di là di come intendono apparire, i Maneskin non brillano certo per anticonformismo. Come ha giustamente notato Massimo Del Papa proprio qui su Atlantico, il loro sostegno alla legge Zan non li rende eretici né tanto meno “rock”. Anzi: li colloca all’interno di un coro mediatico che, sull’onda dello star system hollywoodiano, insegue le mode del momento senza confrontarsi con la realtà.

Gli artisti, che perlopiù aspirano ad essere “trasgressivi”, dovrebbero diffidare per natura delle semplificazioni e della narrazione dominante, qualunque essa sia. Perché le battaglie impopolari sono le uniche per cui valga la pena combattere. Impopolare è senz’altro la battaglia del Partito Radicale contro il sovraffollamento delle carceri, tema di cui oggi i media parlano pochissimo. Impopolare era difendere gli imputati di Mani Pulite nei primi anni ’90, quando il popolo lanciava monetine a Bettino Craxi di fronte all’Hotel Raphaël. Impopolare era contestare la famiglia tradizionale nell’America negli anni ’50 (non certo nel 2021). Anziché battersi contro l’omologazione culturale del politically correct, favorendo così il pluralismo delle idee, intellettuali e artisti di oggi sposano, con pochissime eccezioni, cause facili. Contenti loro. Scontenti, anzi, scontentissimi noi. Che di voci “fuori dal coro” avremmo un immenso bisogno.