Esteri

Con una “Dis-Unione” così, un ulteriore allargamento è un azzardo

Ue ancora debole dal punto di vista politico e militare, processi decisionali estremamente farraginosi e una burocrazia elefantiaca. Il contrasto VDL-Michel

Von der Leyen Michel Borrell Von der Leyen, Michel e Borrell durante il bilaterale con XI Jinping

Confesso di provare molta perplessità quando leggo commenti entusiastici sulla proposta di allargare ancora l’Unione europea. Non si tratta di pregiudizi ideologici o di antieuropeismo quanto, piuttosto, di elementari considerazioni di buonsenso (quello che, a mio avviso, a Bruxelles latita).

Inizio notando che, a dispetto di ogni proclama, l’Unione resta tuttora un organismo assai debole dal punto di vista politico e militare, ed estremamente farraginoso da quello burocratico. Nei consessi internazionali non riesce mai a parlare con un’unica voce e, non a caso, i leader stranieri preferiscono trattare con i singoli Stati membri più importanti invece che con le autorità che dovrebbero rappresentarla sul piano internazionale.

Il contrasto Von der Leyen-Michel

A tutt’oggi non si è ancora capito a chi spetti parlare nei suddetti consessi. Si rammenti, a tale proposito, la telenovela del duello non certo nascosto tra Ursula von der Leyen e Charles Michel. I due, rispettivamente presidente della Commissione e presidente del Consiglio Ue, non perdono occasione per far capire a tutti che non si sopportano a vicenda.

Si rammenterà che nel 2021, in occasione di una visita congiunta ad Ankara, si verificò il primo incidente “ufficiale”. Il presidente turco Erdogan invitò Michel ad accomodarsi su una sedia accanto alla sua, mentre la von der Leyen fu relegata su un divanetto distante. La presidente della Commissione si adombrò molto, ma Michel non batté ciglio.

Da allora il dissapore tra i due è cresciuto, fino all’ultimo episodio. Dopo l’attacco di Hamas Ursula von der Leyen ha assunto posizioni decisamente filoisraeliane, subito contestata da Michel che ha accusato la collega di non aver fatto alcun riferimento alla necessità di giungere a una soluzione pacifica.

Questa volta Michel è stato spalleggiato dallo spagnolo Josep Borrell, Alto rappresentante Ue per gli affari esteri, che con lo stesso Michel ha diramato una nota congiunta che così recita: “La politica estera viene decisa e definita dagli Stati membri, dal Consiglio. Il resto non rappresenta la posizione della Ue”.

Finita qui? Neanche per sogno. Durante l’ultima visita a Washington Michel e von der Leyen hanno posato insieme per la foto ufficiale con il presidente Usa Joe Biden, salvo poi incontrarlo separatamente.

Burocrazia fuori controllo

Nel frattempo, 850 funzionari dell’Unione hanno scritto una lettera alla von der Leyen per protestare contro le sue posizioni unilaterali e invitandola a fare riferimento ai possibili percorsi di pace e al rispetto del diritto internazionale. La cosa è piuttosto sorprendente, non tanto per il contenuto della lettera, ma perché i funzionari, che non sono eletti, non dovrebbero contestare i vertici politici dell’Unione. Ma si sa che la burocrazia Ue (circa 30.000 persone) è molto potente, e prende spesso decisioni cui i politici stentano a opporsi.

In ogni caso è evidente che l’Unione non riesce mai ad essere compatta, composta com’è da 27 Stati (ai quali ora se ne vorrebbero aggiungere altri). Si tratta insomma di un pachiderma lentissimo a muoversi, e questo ha riflessi molto negativi sul suo prestigio, tanto all’interno quanto all’estero.

I Paesi candidati

Circa l’Ucraina, adesso candidato ufficiale all’ingresso nella Ue, non viene attribuita eccessiva importanza alle spese per la sua ricostruzione, certamente altissime visto che il Paese ha subito devastazioni immani a causa dell’invasione russa. Vista l’aria che attualmente tira a Washington, è chiaro che tali spese dovranno essere sostenute in gran parte dalla Ue. Proposito nobilissimo, che tuttavia trascura di specificare che solo alcune nazioni dell’Unione potranno davvero farlo. Ammesso che i parlamenti nazionali concedano il via libera.

Inoltre l’Ucraina, al pari di altri candidati quali Moldavia, Serbia, Bosnia, Macedonia del Nord e la lontana Georgia caucasica, non rispettano affatto i parametri fissati da Bruxelles per l’entrata. E tutti, nessuno escluso, sono afflitti da problemi di corruzione endemica.

Certamente non sfugge il fatto che i Paesi suddetti cercano rifugio nella Ue per sfuggire alle mire di Putin. Ma l’Unione è in grado di proteggerli militarmente? A chi scrive non pare proprio. E pure la Nato, afflitta dalla presenza della Turchia, che sta diventando sempre più uno Stato islamico, non potrebbe fornire tutte le garanzie necessarie. Per farla breve, l’allargamento è un’ottima idea sul piano teorico, ma risulta un azzardo dal punto di vista meramente pratico.

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