Esteri

Cosa c’è dietro la sfiducia a McCarthy: Uniparty e debito fuori controllo

Gop nel caos, c’è ancora una maggioranza alla Camera? Semplicistico incolpare i “trumpiani”. Si fa strada una “pazza” idea: Trump nuovo Speaker

Kevin McCarthy L'ex Speaker Kevin McCarthy

Un voto storico martedì pomeriggio alla Camera dei Rappresentanti Usa. Mai era accaduto nella storia che uno Speaker fosse rimosso con una mozione di sfiducia. È accaduto a Kevin McCarthy, che ha concluso il suo incarico, il più breve dal 1876, dopo soli otto mesi da quel 7 gennaio anch’esso storico (ben 15 votazioni prima di venire eletto), e ha già dichiarato di non voler correre di nuovo per la presidenza.

I “ribelli”

Una votazione drammatica per i Repubblicani, finita 216 a 210 contro McCarthy e con una profonda frattura interna: 8 i “ribelli” che hanno unito i loro voti ai 208 Democratici, che sono rimasti compatti. Oltre a Matt Gaetz (Florida) che aveva presentato la mozione, Andy Biggs (Arizona), Ken Buck (Colorado), Tim Burchett (Tennessee), Eli Crane (Arizona), Bob Good (Virginia), Nancy Mace (South Carolina), Matt Rosendale (Montana).

Qualcuno ha notato il paradosso. Proprio chi ha accusato McCarthy di “inciucio”, diremmo in Italia, per l’accordo-ponte con i Democratici che ha scongiurato lo shutdown (almeno fino al 17 novembre), ha unito i suoi voti ai Dem per destituirlo. Lo storico Speaker Newt Gringrich ha parlato di “traditori”, mentre per i ribelli ovviamente è stato McCarthy a tradire l’accordo che a gennaio gli aveva consentito di superare l’opposizione di 20 deputati del Freedom Caucus dopo 14 votazioni andate a vuoto.

Ma un conto aperto era rimasto con Matt Gaetz, che in un infuocato intervento si è difeso così dall’accusa di aver gettato la Camera e il partito nel caos: “Penso che 33 trilioni di dollari di debito siano il caos. Un deficit annuale di 2,2 trilioni è il caos. Non approvare singole leggi di spesa è il caos. Essere governati da continue risoluzioni e progetti di legge omnibus è il caos. Il caos è qualcuno della cui parola non possiamo fidarci”.

Poi un’ulteriore sciabolata ai suoi colleghi di partito: “Per quanto riguarda come raccogliere finanziamenti, non prendo lezioni sulla richiesta ai patrioti americani di intervenire e contribuire a questa lotta da parte di coloro che si umiliano e si inginocchiano davanti ai lobbisti e agli interessi speciali che possiedono la nostra leadership”. E ha replicato così ai “boo” partiti dai banchi repubblicani: “Fate boo quanto volete, avete svuotato questa città e fatto debito contro il futuro delle nostre generazioni future”.

Rivolta dei trumpiani?

Le analisi mainstream attribuiranno ad una rivolta dei “trumpiani” la cacciata di McCarthy, ma la realtà è un po’ più complessa. La spaccatura infatti si è consumata anche tra i MAGA Republicans. Quasi tutti gli eletti sostenuti da Donald Trump hanno votato a favore dello Speaker, tra di essi esponenti di punta come Jim Jordan e Marjorie Taylor Greene. “Ho pensato fosse ingiusto nei confronti di Kevin. Penso che stesse facendo un ottimo lavoro… ha mantenuto la sua parola. Non se lo meritava”, lo ha difeso Jordan. Anche se critici, la maggior parte dei trumpiani erano contrari alla sua destituzione e hanno votato contro.

Difficile quindi dire quanto sia farina del sacco di Donald Trump. L’ex presidente ha appoggiato la candidatura di McCarthy a Speaker lo scorso gennaio. Prima della votazione di ieri ha avuto parole gentili nei suoi confronti, anche se non un vero e proprio appoggio. E dopo il voto ha pubblicato su Truth un post ambiguo, in cui sembra criticare entrambe le fazioni, cercando di tenersi al di sopra delle parti: “Perché i Repubblicani combattono sempre tra loro, perché non combattono i Democratici della sinistra radicale che stanno distruggendo il nostro Paese?”

La realtà è che la frattura interna al Gop precede la “discesa in campo” di Trump, affonda le sue radici nel movimento Tea Party e nella rivolta della base conservatrice contro la “Swamp”, la palude di Washington, a cui Trump ha dato voce e uno sbocco politico. E oggi lo stesso movimento “MAGA” che fa riferimento all’ex presidente in realtà va oltre la sua figura.

Quanto accaduto è anche il frutto della sfumata “onda rossa” alle elezioni di midterm, per cui un gruppo ristretto di deputati può tenere in ostaggio la leadership e persino i trumpiani. Dietro questi drammatici passaggi parlamentari c’è sempre anche una lotta di puro potere, ma non bisogna nemmeno sottovalutare il merito della questione. Che è molto più ampia e profonda dei soli finanziamenti all’Ucraina, su cui pure c’è il sospetto di un gigantesco riciclaggio (dall’Ucraina parte dei finanziamenti tornerebbero indietro ai congressmen di Washington attraverso i lobbisti).

Debito fuori controllo

Dove sta scritto che un presidente Democratico che non ha la maggioranza alla Camera debba ottenere un aumento del tetto del debito illimitato, senza sacrificare praticamente nulla della propria agenda, considerato che (1) il debito è già a livelli record e sta andando fuori controllo e (2) sta attuando un’agenda di sinistra radicale?

Proprio martedì il debito Usa è aumentato di 275 miliardi di dollari. In un solo giorno! Di 442 miliardi in sole due settimane. Il 18 settembre scorso ha superato per la prima volta i 33 trilioni, 33 mila miliardi di dollari. Cosa sta succedendo?

Il problema che pochi sembrano considerare è che di fatto attualmente non esiste un tetto al debito, perché l’ex Speaker McCarthy si è accordato a giugno per una sospensione del limite fino al 1° gennaio 2025, concedendo all’amministrazione Biden un indebitamento praticamente illimitato nel suo ultimo anno di mandato, con le presidenziali alle porte e la Casa Bianca da strappare ai Democratici.

Partito Unico

È questo che ha indotto i MAGA Republicans a gridare all’Uniparty, al partito unico della palude di Washington. Partito unico che si è manifestato nel voto per l’accordo della scorsa settimana per evitare lo shutdown del governo federale, in base al quale vengono mantenuti gli attuali livelli di spesa per 45 giorni, includendo 16 miliardi di dollari in caso di calamità ma accantonando sia il nuovo pacchetto di aiuti per Kiev che le maggiori risorse per il controllo dei confini.

Un accordo non così bipartisan, che aveva già spaccato il Gop in due, votato infatti da quasi tutti i deputati Democratici (209) ma solo da 126 Repubblicani, mentre ben 90 hanno votato contro. Il che suggerisce che il partito si è sfaldato ben prima della mozione di Gaetz e che lo Speaker ha fallito nel tenere unita la maggioranza, preferendo spaccare il partito pur di accordarsi con i Democratici ed evitare lo shutdown. Un prezzo giusto?

Se i Democratici hanno festeggiato e sono stati ben lieti di contribuire a gettare il Gop nel caos votando la mozione di Gaetz, avevano già potuto festeggiare votando l’accordo di McCarthy.

E ora?

E ora cosa succederà? Lo Speaker ad interim ha disposto una settimana di sospensione per riorganizzare i lavori e ovviamente al primo punto c’è l’elezione del nuovo Speaker. In corsa per la successione c’è Jim Jordan, presidente della Commissione Giustizia, implacabile nell’indagine sugli affari della famiglia Biden e fondatore del Freedom Caucus, che però ha difeso McCarthy, forse proprio in previsione di rendersi votabile dall’ala moderata. Possibile anche la candidatura dell’attuale leader della maggioranza Steve Scalise.

Ma come spesso accade, il meglio può essere nemico del bene, la ricerca della perfezione può rivelarsi un boomerang e bisogna considerare che i Democratici, al contrario dei Repubblicani, votano in modo compatto. Con l’uscita traumatica di McCarthy potrebbero ancora determinarsi le condizioni per un successore ancora più moderato e bipartisan, votato da tutti i Democratici e da una parte minoritaria dei Repubblicani “RINO”. Di fatto il Gop avrebbe perso il controllo della Camera, ma dal punto di vista dei MAGA Republicans sarebbe ancor più smascherato agli occhi degli elettori l’Uniparty, l’inciucio.

Pazza idea: Trump

La “pazza” idea che si sta facendo largo è quella di eleggere lo stesso Donald Trump a Speaker della Camera. Nonostante non sia deputato, la legge lo consentirebbe. Come riferito da Hannity su Fox News, “alcuni Repubblicani sono stati in contatto e hanno iniziato uno sforzo per nominare l’ex presidente Trump come prossimo presidente e mi è stato detto che il presidente Trump potrebbe essere disponibile ad aiutare il Partito Repubblicano, se necessario”.

Contatti confermati dallo stesso Trump: “Me lo hanno chiesto in tanti. Tutto quello che posso dire è che faremo tutto il meglio per il Paese e per il Partito Repubblicano”.

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