Esteri

Macron si nasconde dietro l’ambiguità strategica

La vera battaglia che interessa a Macron non si combatte sul fronte europeo o ucraino, piuttosto sul fronte caldo e scivoloso della politica interna

Macron Ucraina (BfmTv)

Parigi – Torna il presidente multinazionale, la cui ambiguità strategica è proporzionale al grado di sostegno all’industria degli armamenti e all’acquisto di armi fuori dall’Unione europea. Dopo aver seminato il panico nelle cancellerie occidentali a seguito di affermazioni calcolatamente spregiudicate – l’invio di soldati francesi in Ucraina nell’ambito di una coalizione occidentale non è “da escludere”, aveva detto il presidente, scatenando un’indignazione in Francia, mentre Germania, Regno Unito e Stati Uniti l’hanno subito respinta al mittente – questa volta il presidente jupiterien appare in prima linea anche quando si tratta di inviare centinaia di migliaia di proiettili all’esercito ucraino.

La Francia infatti sostiene l’iniziativa ceca di acquistare 800.000 proiettili al di fuori dell’Unione europea per poi consegnarli all’Ucraina: lo ha annunciato il presidente in una conferenza stampa con il suo omologo ceco Petr Pavel. “Abbiamo accelerato e aumentato la nostra produzione in Europa e consegnato le scorte disponibili. Dobbiamo andare oltre quello che possiamo produrre e guardare ai Paesi terzi per la capacità rimanente per far fronte nel breve termine”, ha aggiunto il presidente francese, che ha chiesto “un salto strategico in avanti” contro “lo spirito di sconfitta che è in agguato”. 

L’ambiguità strategica

Tutto questo accade una settimana circa dopo le fatidiche affermazioni sull’invio di truppe in Ucraina. A che gioco gioca il presidente francese? “Ambiguità strategica”, commentano seccamente gli specialisti della geopolitica. Emmanuel Macron ha certo riletto “L’arte della guerra” di Sun Tzu, che nel VI secolo a.C. per primo teorizzò il concetto di “ambiguità strategica”. “Un concetto essenziale per la condotta della guerra e dei conflitti armati”, spiega Héloïse Fayet, ricercatrice presso il Centro di studi sulla sicurezza dell’Istituto francese di relazioni internazionali (IFRI).

“Uno strumento politico-militare di influenza strategica utilizzato per cercare di ottenere il sostegno della comunità internazionale”. Il principio non è complicato. L’idea è quella di far dubitare l’avversario delle sue intenzioni, in modo da avere un margine di manovra. “L’idea non è quella di far capire all’avversario che reagirete in un determinato modo se lui oltrepassa una determinata linea”, spiega Héloïse Fayet. “L’obiettivo è mantenerlo in uno stato di aspettativa, chiedendosi sempre a cosa andrà incontro se sferrerà un attacco di questo tipo”, aggiunge.

Insomma, l’ambiguità strategica è l’opposto della “linea rossa” della dottrina americana, evidenziata da Barack Obama nel 2013, quando affermò che con l’uso di armi chimiche contro la sua stessa popolazione il dittatore siriano Bashar Al-Assad avrebbe superato una “linea rossa” e affrontato una risposta militare. Linea che fu poi oltrepassata impunemente e sanzionata solo da Donald Trump.

Affari d’oro

Ma se, come sostengono gli analisti, l’obiettivo dell’ambiguità strategica è davvero quello di limitare il margine di manovra degli altri belligeranti, mantenendoli in uno stato di attesa che mira a stemperare la tensione internazionale, cio’ non ferma la Francia dal continuare a fare affari d’oro con la vendita di armi. Nel 2022, la Francia ha esportato armi per un valore di 27 miliardi di euro, ben al di sopra degli 11,7 miliardi di euro del 2021 e ben oltre il precedente record di 16,9 miliardi di euro stabilito nel 2015, secondo la relazione annuale al Parlamento sulle esportazioni di armi francesi.

Per quanto minore rispetto ad altri Paesi, in due anni di guerra la Francia ha fornito sostegno militare all’Ucraina per un ammontare di 3,8 miliardi di euro, secondo i dati pubblicati dal Ministero della difesa francese. Tra questi: 6 cannoni TRF1, 30 cannoni Caesar, 10 mortai da 120 mm e 4 lanciarazzi unitari. A Kiev sono stati inviati anche quasi 290 veicoli blindati, 30 moto d’acqua, 126 veicoli di trasporto e di collegamento e almeno 10 sistemi di difesa terra-aria.

Per quanto riguarda le munizioni, la Francia ha inviato all’esercito ucraino 10.500 granate, 1,1 milioni di munizioni di piccolo calibro e 1,74 milioni di munizioni da 12,7 mm. Oltre a questo budget per le attrezzature, sono stati addestrati anche 10.000 soldati ucraini. Insomma mentre si crea scompiglio nelle cancellerie con dichiarazioni politiche altisonanti e sconcertanti, l’industria degli armamenti fiorisce

Tre miliardi aggiuntivi

E non è finita qui: nell’ambito di un accordo bilaterale sulla sicurezza firmato a metà febbraio da Volodymyr Zelensky ed Emmanuel Macron, Parigi si è impegnata a fornire “fino a tre miliardi di euro” di aiuti aggiuntivi all’Ucraina nel 2024. Questi aiuti si concretizzeranno nella consegna di missili e artiglieria, tra cui una dozzina di cannoni Caesar e una quarantina di missili Scalp.

Insomma, un’offensiva diplomatica a tutto campo per conto delle multinazionali degli armamenti. Altro che Sun Tzu. La vera battaglia per Macron non sarà poi sul fronte europeo o ucraino (alla Francia interessa poco che l’Ucraina vinca o perda, più dura la guerra più armi riesce a vendere), piuttosto sul fronte caldo e scivoloso della politica interna.

Un dibattito sull’Ucraina, che si annuncia rovente, si terrà il 12 marzo prossimo all’Assemblea nazionale francese. Un dibattito dovuto, annunciato dopo lo sconforto provocato dalle frasi controverse del presidente sull’invio di truppe di terra in Ucraina. Insomma, Macron può dire quello che vuole alle cancellerie occidentali mascherandosi dietro l’antico concetto di ambiguità strategica: se paventa un’entrata in guerra della Francia in Ucraina dovrà passare per le forche caudine del Parlamento francese.

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