Esteri

Proteste ignorate: l’attrazione fatale dell’Occidente per l’Iran degli ayatollah

Oltre un anno di manifestazioni ignorate: l’Occidente si è accorto che gli iraniani non vogliono questo regime soltanto dopo la morte della giovane Mahsa Amini

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Gerusalemme. Soltanto adesso l’Occidente si accorge delle manifestazioni in Iran contro il regime. È da più di un anno che la popolazione iraniana scende ogni giorno in piazza per chiedere più diritti e più lavoro. Gli iraniani hanno provato in tutti i modi a comunicare all’Occidente che il regime degli ayatollah non li rappresenta.

Il boicottaggio

Lo abbiamo visto con le elezioni dello scorso 18 giugno, 2021, in cui è stato “eletto” l’attuale presidente ultraconservatore Ebrahim Raisi, dove il vero vincitore delle elezioni è stato però “il boicottaggio”. Gli iraniani avevano infatti scelto di non andare a votare (l’affluenza è stata inferiore al 40 per cento) per non dare legittimità al governo.

Un anno di manifestazioni ignorate

Dal giugno 2021, pertanto, le manifestazioni al grido di “Abbasso il leader supremo Khamenei”, “Basta con Khamenei” e “Non abbiamo paura” sono aumentate fino a diventare quotidiane. In un video virale, tradotto dal MEMRI, dello scorso agosto 2021, il compositore iraniano Sattar Oraki aveva detto coraggiosamente dal palco del festival dei film indipendenti a Teheran:

“Non vado [in moschea] il venerdì a pregare, in quell’occasione mi è richiesto di gridare: ‘Morte all’America e morte a Israele…’ Morte invece a questo gruppo di ufficiali [governativi, ndr] incompetenti e inadeguati, che hanno ridotto questo Paese in questo stato! Morte a questi ufficiali! Morte! Spero che le pallottole [governative, ndr] che colpiscono al petto la nostra gioventù – che cerca solo acqua, cibo e lavoro – possano presto rivoltarsi contro i nostri ufficiali”. 

Purtroppo, l’Occidente si è accorto che gli iraniani non vogliono questo regime soltanto dopo la morte della giovane Mahsa Amini, picchiata a morte perché non indossava bene il velo.

Un debole per le dittature islamiche

Nonostante lo sconcerto, però, gli Stati Uniti sembrano ancora voler dialogare con l’Iran per portare avanti l’accordo sul nucleare, continuando così a legittimare il governo degli ayatollah. Eppure, nelle piazza di Teheran, uomini e donne continuano a proclamare ad alta voce: “Khamenei, sei l’uomo del male, ti seppelliremo sotto terra!”

Sembra essere quindi sempre più evidente che questo regime è tenuto in piedi dallo stesso Occidente, che ha evidentemente un debole per le dittature islamiche.

Durante la primavera araba, abbiamo visto come tutti i quotidiani occidentali abbiano promosso e tifato per il crollo delle dittature laiche, come quella tunisina di Zine El Abidine Ben Ali (morto in esilio nel 2019) e di quella egiziana di Hosni Mubarak (morto nel 2020).

Quando però di tratta di una dittatura islamica, i media internazionali non sentono, non vedono e non parlano. Nessuno racconta, promuove o appoggia gli iraniani che, dallo scorso giugno 2021, stanno manifestando contro il regime e i suoi simboli (come il velo).

Adesso che la ventiduenne Mahsa Amini è stata uccisa, i quotidiani nostrani faranno un po’ di rumore (ma non troppo), parlandoci dell’oppressione del velo (per poi propinarcelo in altre occasioni invece come simbolo di orgoglio culturale), ma senza mettere troppo in dubbio il regime degli ayatollah.

Ci racconteranno che Raisi è cattivo, mentre ci diranno che Mohammad Khatami era buono, perché “riformatore”. Raisi e Khatami però fanno parte dello stesso regime, che riconosce la Repubblica islamica e il suo leader supremo Khamenei.

Gli iraniani invece ce lo stanno dicendo forte e chiaro, durante le manifestazioni: “Abbasso il Velayat!” ovvero il sistema di governo che giustifica il dominio del clero sullo Stato.

Dopo qualche settimana passata parlando di Mahsa Amini, ci dimenticheremo di lei, perché l’inspiegabile attrazione fatale dell’Occidente verso i regimi islamisti (dai Fratelli musulmani alla Repubblica islamica iraniana) è più forte di qualsiasi grido di libertà

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