Politica

Meloni l’Africana: con Tunisi un buon inizio. E la sinistra rosica

Marker infallibile la campagna anti-tunisina imbastita dal “partito francese” in Italia. L’Ue ha promesso molto poco, ma ciò che ha promesso di lasciar fare è molto

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Giorgia Meloni è andata per la terza volta a Tunisi. Con Ursula Von der Leyen e l’olandese Mark Rutte. Cosa ha portato a casa?

Soldi pochi

Soldi? Pochi. Von der Leyen ha “una finestra tunisina nel programma Erasmus+, del valore di 10 milioni di euro”. Altri 65 milioni per supportare “80 scuole a prepararsi alla transizione digitale e verde” … ma “da parte di Team Europe”, quindi forse non con fondi Ue.

Infine, ha aggiunto: “abbiamo convenuto che coopereremo in materia di gestione delle frontiere, lotta al contrabbando, rimpatrio e risoluzione delle cause profonde, nel pieno rispetto del diritto internazionale. Per questo, metteremo a disposizione più di 100 milioni euro di finanziamenti dell’Ue”.

Mal contati 175-180 milioni di euro, forse manco tutti fondi Ue, con esborso legato a capitoli impossibili come il rimpatrio, ovvero misteriosi come la “risoluzione delle cause profonde”.

Investimenti

Poi richiama un paio di investimenti. Un cavo Telecom sottomarino detto Medusa, che collegherà 11 Paesi del Mediterraneo, inclusa la Tunisia (“150 milioni confluiranno in questo importante progetto”). Poi un cavo elettrico sottomarino detto ELMED, che collegherà la Tunisia all’Italia (“stiamo investendo oltre 300 milioni in questo progetto”). Ma è tutta roba già in corso, niente di nuovo.

Sostegno macroeconomico

Infine, una promessa: “restiamo pronti a sostenere la Tunisia mobilitando l’assistenza macro-finanziaria non appena saranno soddisfatte le condizioni necessarie. E come ponte, siamo pronti a fornire un sostegno immediato di bilancio”.

Il sostegno immediato di bilancio sarebbe di circa 150 milioni di euro e non è affatto immediato, in quanto anch’esso subordinato alle condizioni necessarie.

Tali condizioni necessarie consistono nella accettazione, da parte di Tunisi, di un programma del FMI, già convenuto lo scorso ottobre ma non concluso. Complessivamente, si tratterebbe 1,9 miliardi di euro da parte del FMI e 900 milioni (meno i 150 del prestito ponte) da parte della Ue. In gran parte destinati a rimborsare creditori esistenti, come d’uso. Ma pure a finanziare il deficit commerciale.

Invero, il Paese può contare sulle rimesse degli emigranti, sulla stagione turistica, sul contro-shock energetico e su una crisi dei consumi che riduce le importazioni. Così, ha potuto rinviare ogni scelta a data futura, sinora e non si sa per quanto tempo. Ci auguriamo il più a lungo possibile.

Emigrazione

L’aspetto intrigante è che il programma del FMI, di taglio consuetudinario (ristrutturazione e privatizzazione aziende pubbliche, taglio sussidi ai prezzi), se accettato produrrebbe un immediato aumento della emigrazione. La quale non costituisce affatto una preoccupazione per la Signora Kristalina Georgieva, evidentemente.

Dei pochi soldi della Von der Leyen si può ben dire che nemmeno lontanamente basterebbero a compensare gli effetti di un eventuale accettazione del programma FMI … figurarsi per migliorare la situazione rispetto ad oggi. Sin qui, ciò che LUe ha promesso di fare.

Sostegno navale

Ma poi c’è quel che LUe ha promesso di lasciar fare. E la musica cambia. Per cominciare, un rifornimento navale tipo quello che l’Italia fornisce al governo di Tripoli, così la baronessa: “dobbiamo reprimere le reti criminali di contrabbandieri e trafficanti. Stanno sfruttando la disperazione umana e dobbiamo rompere il loro modello di business sconsiderato. Quindi, lavoreremo con la Tunisia su un partenariato operativo contro il contrabbando. Aumenteremo anche il nostro coordinamento sulle operazioni di ricerca e soccorso”.

Ciò che non sarà mai il famoso blocco navale, cui Meloni si era a suo tempo impiccata … ma un poco gli somiglia.

Flussi regolari

Poi, la irreggimentazione dei flussi, così la baronessa: “altrettanto importante è il nostro lavoro per facilitare la migrazione legale regolare”. In singolare consonanza col più recente decreto flussi italiano: 452mila ingressi, 136mila nel 2023, 151mila nel 2024, 165mila nel 2025, oltre a 40mila stagionali.

Una misura che potrebbe consentire di istruire uno scambio, col Paese dal quale i migranti escono: io accetto i tuoi emigranti legali e tu, in cambio, accetti di riprenderti gli illegali e gli espulsi.

Rapporto strategico

Infine, la baronessa ha firmato un “Memorandum d’intesa su un partenariato strategico e comprensivo” per poi, nel presentarlo, includere la Tunisia fra i “nostri partner strategici”. Rutte ha aggiunto: “abbiamo anche deciso di riprendere il dialogo politico per l’accordo di associazione Ue-Tunisia”. Meloni ha chiosato: “un ulteriore passo per la creazione di un vero partenariato tra la Tunisia e l’Unione europea”.

Parole che legittimano il governo di Tunisi. Ne profitta immediatamente il presidente Kais Saied, invitato sul campo a partecipare ad una Conferenza internazionale sulla migrazione organizzata a Roma domenica 23 luglio.

Parole che lo rafforzano. Basti sentire il buon Minniti gioire: “è un grande passo verso la stabilizzazione della Tunisia, una scelta politica che non ha guardato al Fondo Monetario che ha severe misure di taglio di spesa sociale cui subordina gli aiuti a Saied”.

Ma parole che legittimano pure futuri accordi che, col governo di Tunisi, verranno stipulati da governi degli Stati membri de LUe … a cominciare dall’Italia. In altri termini, visto che Bruxelles definisce Tunisi un partner strategico e ci fa accordi, ben più faticosamente un tribunale o il Pd potranno opporsi ad un programma di aiuto navale, contestare il rimpatrio di un tunisino espulso.

Il partito francese

E chi pensa che di tale cautela non vi fosse bisogno, si dia una scorsa alla campagna anti-tunisina imbastita dal partito francese in Italia. Quello secondo il quale qualunque accordo sui migranti con Tunisi sarebbe solo “un diversivo” dalla “sfida impellente dell’integrazione”. Quello che blatera come Rutte sia andato a Tunisi per “controllare che non ci fossero concessioni sproporzionate nel riconoscere la legittimità democratica di Saied”. Il partito francese che inneggia al FMI e bolla la resistenza di Saied come “demagogia da quattro soldi da dare in pasto al popolo e ai suoi social”.

Campagna ipostatizzata da un delirante intervento … nientemeno che di Patrick Zaki, secondo il quale il governo di Tunisi sarebbe di “idee fasciste”, in quanto ostile a “lotte come quella per la parità nel diritto ereditario e le campagne per la tutela dei diritti Lgbtq+”.

D’altronde, non v’è chi non ricordi che a simili argomenti ricorse Sarkozy, per distruggere gli eccellenti rapporti italo-libici e, nel processo, la stessa Libia. Come non immaginare che Parigi farebbe lo stesso per distruggere gli eccellenti rapporti italo-tunisini, se solo ne avesse la forza?

Conclusioni

Insomma, ciò che LUe ha promesso di fare è molto poco. Ma ciò che LUe ha promesso di lasciar fare è parecchio. Ed è anche merito di Meloni.

Così legittimati, e almeno finché il partito francese resterà all’opposizione, i rapporti fra Roma e Tunisi conosceranno un crescendo. Un crescendo, cui caldamente auguriamo un finale albanese, invece che libico. Perché, alla fine, è di un Paese molto vicino all’Italia che stiamo parlando, non solo in senso geografico. Dalla cui stabilità e prosperità dipende tanta parte della stabilità della stessa Italia.

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