Un cattolico praticante non vorrebbe mai che succedesse, ma la cosa succede lo stesso e ti ritrovi sempre spiazzato. Statisticamente l’evento-morte di un pontefice si ripete più volte nel corso dell’esistenza di un cattolico, e le emozioni sono sempre potenti.
Non vorrei fare paragoni, quasi sempre inopportuni, ma posso dire che, almeno nel caso dello scrivente, non è mai identica l’intensità con la quale si vive l’evento. Il che, ovviamente, dipende da tanti fattori, soggettivi ed oggettivi.
La morte di Papa Francesco è tuttavia la più sorprendente. Tutti, o quasi, avevano fatto di tutto per trasmettere un relativo ottimismo circa il decorso della malattia del pontefice: medici e media ci avevano illusi. La notizia, ieri mattina, ci ha colto pertanto impreparati e balbettanti. “Francesco è morto”, uno se lo ripete quasi per convincersene.
Più caro ai progressisti?
È stato un grande Papa, come per ragioni diverse, chi più chi meno, i suoi predecessori da Pio XII in poi? Sarà il tempo a dircelo. Di certo, a noi conservatori non è mai stato particolarmente caro, al contrario dei progressisti.
Memorabile la sua frequentazione di laicisti di sinistra come Eugenio Scalfari, che voleva rappresentare, se non una decisa scelta di campo, almeno un’oscillazione particolarmente audace e perigliosa. I suoi gesti “in quella direzione” sono stati tanti, teologicamente parlando. Politicamente non ne parliamo neanche.
Quelli nella direzione opposta, in materia teologico-dottrinaria, si contano sulle dita di una mano sola. Impossibile non ricordare la sua sfuriata contro la “frociaggine” nel clero, gerarchie incluse, e le ripetute messe in guardia sull’esistenza del diavolo. Nessun pontefice, che io ricordi, si era spinto tanto avanti. Personalmente l’ho amato in quei frangenti.
Così come mi è sempre piaciuto il suo richiamo alla semplicità, nella preghiera come nella vita. Ma la sua visione del mondo, a parere di molti, e giustamente a mio avviso, era molto da “Papa venuto dalla fine del mondo”, per citare le sue prime parole.
I confronti
L’Argentina è lontana, forse troppo per noi europei, malgrado i legami di sangue per noi italiani. Il Papa tedesco era più “nostro” (e poi Joseph Ratzinger era diventato romano…), così come il Papa polacco, ma in questo caso parliamo di un gigante, Karol il Grande, unico e irripetibile, l’uomo che ha cambiato il mondo.
Non sarebbe né giusto né corretto fare paragoni tra Jorge Mario Bergoglio e i suoi predecessori, ma se, come si dice, al cuore non si comanda, anche la ragione ha percorsi e legami dai quali non ci si può divincolare facilmente. I confronti, insomma, non vanno fatti ma si fanno. Però con animo sempre benevolo, mai “con l’accetta”, sempre con moderazione e buon gusto.
Quello che conta, per un cattolico, è che il Papa è il Papa, sempre e comunque. Davanti a lui il credente si inginocchia per ricevere la sua benedizione, anche se non condivide gran parte delle cose che dice e insegna. E davanti alla morte sospende ogni giudizio e prega. In silenzio anche in mezzo al chiasso assordante di queste occasioni. Riposa in pace, Santità.