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Cambiano i tempi e gli avversari, ma il fascismo degli antifascisti è quello di sempre

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La ragnatela clientelare delle esenzioni, le sovvenzioni, gli aiuti è dura a morire: quel che resta della sinistra punta a trasferirla sui migranti e l’informazione di servizio compie largo e sereno abuso di termini apocalittici: olocausto, deportazione. Deportazione a Lodi, nelle cui mense scolastiche gli immigrati vanno nutriti a spese degli indigeni perché le rispettive famiglie non vogliono o non possono fornire prova dell’indigenza e pretendono di cavarsela, come accaduto finora, con una autocertificazione ridicola. Deportazione a Riace, il cui sistema assistenziale era così strampalato e improbabile da avere giustificato l’intervento del precedente ministro di sinistra Minniti e una indagine della magistratura. La stessa sinistra che si scaglia contro il nuovo assistenzialismo del reddito di cittadinanza non rinuncia, in caso, a pretenderlo per tutte le categorie protette, le minoranze inattive; già il governo sembra preda della schizofrenia: ai leghisti che rivedono i criteri dell’accoglienza con metodi da elefante in cristalleria, risponde la sinistra grillina che vagheggia o vaneggia di coperture globali anche a rom e migranti. Intanto il solito giudice provvidenziale stoppa il sindaco di Lodi nel modo storico della magistratura solidale che parte dall’interpretazione formale per regolare gli assetti sociali con le lenti del moralismo enfatico: i bambini non si toccano, la perequazione prima di tutto. A nessuno pare strano o eccessivo che si scomodi la pratica, terribile, atroce dei rastrellamenti nei carri bestiame diretti ai forni, per la pretesa, politica e dunque trattabile, verificabile, di accertare la fondatezza delle povertà presunte o i metodi di uno, un sindaco, che si vanta del suo agire sistematicamente fuor dalla legge. Anche se poi arrivano in soccorso i giullari in porsche come l’imitatore Crozza secondo il quale “per cambiare il mondo qualche normetta la devi pur stravolgere se no non avremmo avuto Schindler”. Cazzate piramidali con cui si vorrebbe mettere d’accordo la retorica massimalista forcaiola, sempre pronta al plotone di esecuzione per ogni trasgressione anche minima, con l’antica propensione sovversiva, guerrigliera in sprezzo alle norme. Per quelli come Crozza tutto si riduce a qualche “normetta”, regolamenti di nessun conto; forse ignora che la libera Repubblica di Riace, con la fantamoneta delle banconote di Franca Rame e Gramsci e i murales di Zapatero, sostanziava una specie di manicomio a cielo aperto dove tutto era possibile a spese dello Stato e in barba ad ogni sua legge.

Si capisce, d’altra parte, perché la crociata del sindaco a pugno chiuso non riscuota gran seguito negli strati civili, eccezion fatta per quanti dal modello Riace beneficiavano. La gente comune non comprende; dice: ma perché io, in bilico sulla soglia di povertà, debbo pagare tutto di tutto e chi arriva perciò stesso rivendica e riceve esenzione su tutto in forma di bonus: bonus scuola, bonus mensa, bonus affitto, corsie preferenziali negli alloggi, bonus spesa, bonus telefoni, bonus consumi voluttuari e via sovvenzionando? Chi copre tutta questa generosità, chi lo tiene in piedi il Paese dei Balocchi? E siccome a coprirla sono quelli che non capiscono, al non tanto modico prezzo di 5 miliardi l’anno, per poi sentirsi dare dei nazisti, dei deportatori, va a finire che alla fine questa brava gente magari mediocre ma più esasperata che xenofoba si stufa e vota in modo pratico. Non solo in Italia: in tutta Europa, che dopo il pandemonio elettorale in Baviera di fatto non esiste più. Con buona pace del segretario Martina che all’idea di rinunciare ai vincoli e alle catene di Bruxelles strabuzza gli occhi come davanti al mostro che ha distrutto Tokyo e ogni volta che strabuzza gli occhi perde un vagone di voti.

Nel gioco delle parole spropositate o maliziose non possono mancare i piccoli o grandi presuntuosi della divulgazione popolare come gli Angela padre e figlio, che ormai hanno fatto il salto dai documentari alla demagogia, dall’intrattenimento alla coscienza popolare moralistica. Il senior, Piero, offre ricette e anatemi sulle manovre finanziarie, il giovane Alberto manda allarmi di risorgenza di Auschwitz con l’aria di chi si sente in missione per conto di Dio. È uno sproposito patente ma chi deve capire capisce e la rete si riempie di bislacchi ed esaltati, viva il “Che” Angela, viva il Comandante Alberto. Per qualcuno la nuova resistenza è affidata a lui, ad Asia Argento, alle avanguardie di Capalbio e allo spread. Non un granché. Chissà che potrebbero dire le vittime, vere, del lager se potessero parlare. Sta di fatto che l’angelico allarme a questo punto dovrebbe riguardare piaccia o non piaccia l’Europa intera. Tutti nazisti! Tutti coi forni accesi in attesa dei migranti!

Neppure il presidente Mattarella sa resistere al richiamo del ballon d’essai: e passi che quando gli capita davanti Salvini lo guardi come un rettile e scantoni appena può, ma arrivare a dire che sente odore di anni di piombo è qualcosa che esce dalla misura istituzionale e dell’uomo, qualcosa di rischioso, di ansiogeno. E non sarà in rapporto di causa-effetto, ma passano poche ore e arrivano i manichini di Salvini e Di Maio bruciati dai parassiti dei centri sociali infiltrati negli studenti, che non si dissociano, quindi una bomba contro una sede leghista in Trentino. Ma dal Quirinale nessun commento, o l’odore stavolta non arriva o è considerato sopportabile.

Olocausto, deportazione. Tra chi grida alla deportazione il direttore del “Dubbio”, Piero Sansonetti il supergarantista di sinistra, uno che a proposito del terrorista Battisti, che il probabile presidente brasiliano Bolsonaro ha promesso di rispedirci indietro, è ancora convinto della vecchia leggenda delle mancate garanzie processuali. Questo farabutto da due soldi è diventato un caso clinico per la sinistra, che non sa se non volerlo o rivolerlo e pagarne il silenzio facendone un martire mediatico e magari politico. Ma Battisti non è come Tortora, è un volgare delinquente comune che ha proseguito la sua balordaggine sotto la parvenza rivoluzionaria. Come tale esaltato dai rottami del sovversivismo quali Negri e Scalzone e dai Merry Pranksters della sottoletteratura antagonista come Wu Ming, Valerio Evangelisti, Fred Vargas, Giuseppe Genna con relativa claque firmaiola, tra cui uno sprovveduto Saviano che in seguito ritirò l’autografo con una motivazione squisita: “Adesso i miei libri li leggono tutti”. A Sansonetti e a quanti ancora propalano la leggenda della persecuzione è sufficiente opporre i nudi atti.

Le sentenze si trovano nell’Archivio di Stato di Milano, che le ereditò dall’altro archivio, del Tribunale, e, in sintesi, si concentrano per 3 blocchi di procedimenti. Il primo concerne le seguenti: Corte d’Assise di Milano, 27 maggio 1981; Corte d’Assise d’Appello di Milano, 8 giugno 1983; Cassazione, Sez I, 20 dicembre 1984. Il secondo blocco riguarda: Corte d’Assise di Milano, 28 giugno 1985; Corte d’Assise d’Appello di Milano, 24 giugno 1986. Sentenze queste ultime due annullate dalla Cassazione il 10 giugno 1987 rilevando causa di nullità assoluta nella composizione del collegio giudicante di primo grado, con conseguente rinnovazione dei giudizi dei due gradi, ciò che ha dato origine ad una terza parte di procedimenti, infine, portò alle seguenti sentenze: Corte d’Assise di Milano, 13 dicembre 1988; Corte d’Assise d’Appello di Milano, 16 febbraio 1990; Cassazione, Sez. I, 8 aprile 1991. Quest’ultima pronuncia annullò con rinvio la sola posizione di Cesare Battisti, in relazione all’omicidio Torregiani. Ne conseguì la sentenza della Corte d’Assise d’Appello di Milano, 31 marzo 1993, che ha definitivamente condannato Battisti anche per concorso nell’omicidio di Torregiani, passata in giudicato il 10 aprile 1993 perché non impugnata (le condanne subite da Battisti per gli altri 3 omicidi – Santoro, Sabbadin e Campagna – passarono invece in giudicato l’8 aprile 1991). Processi regolarissimi, dove tutte le garanzie per il latitante furono scrupolosamente osservate. Non è affatto vero, inoltre, che ad inchiodare Battisti fossero le rivelazioni di un solo pentito, Pietro Mutti: lo stesso fecero i compari Sebastiano Masala, Diego Giacomini e Sante Fatone. Altra balla sonora, la presunta impossibilità materiale di difendersi, ufficialmente smentita dalla Corte europea dei diritti dell’uomo che il 12 dicembre del 2006 faceva piazza pulita delle invenzioni battistiane, riprendento una analoga pronuncia precedente.

Olocausto, deportazione: curioso, però, che termini così assoluti per le vittime di Battisti e in genere del terrorismo non siano mai e poi mai stati usati. Eppure i numeri li giustificherebbero: oltre 500 morti, 3000 feriti, molti menomati per sempre. Si può discutere, si deve discutere sull’opportunità di rimuovere gente ormai inserita nel sistema Riace per assurdo che fosse; e più che lecita è la critica, la discussione sulla tutela di bambini che non debbono scontare eventuali astuzie dei genitori. Ora il Viminale ha calibrato meglio, ha precisato che nessun ospite di Riace verrà allontanato contro la sua volontà. A pensarci prima, si risparmiava un po’ d’inutile isteria ma c’è una parte irresponsabile o sprovveduta della Lega che evidentemente la tensione la cerca. Resta che in questo “regime nazifascista” uno può scrivere, da giornalista, che i fascisti vanno stanati e appesi a testa sotto e non gli succede niente, non lo convocano, non lo sospendono, non lo multano, nessuno lo indaga per apologia di reato, nessuno ci sente l’odore del piombo, le garanzie democratiche di opinione e di espressione tengono, prevalgono. A patto di stare dalla parte giusta, s’intende.

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