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Consigli, non richiesti, a ciò che resta di Forza Italia

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C’era una volta Forza Italia che determinava e guidava le coalizioni di centrodestra, nonché i governi del medesimo colore e pure qualche esecutivo sorretto dalle larghe intese. Oggi quel partito c’è ancora, ma incide molto meno sulla vita politica italiana, ottiene minore considerazione da parte dei media e anche, questo è l’aspetto peggiore per gli azzurri, degli elettori. Le elezioni politiche del 4 marzo scorso, quelle del sorpasso leghista, parevano un disastro per FI, tuttavia, se confrontate con le varie e successive consultazioni amministrative in diverse parti d’Italia, nelle quali FI ha ottenuto consensi da partitino, esse possono ancora essere viste come una prestazione elettorale quanto meno decente, grazie ad una percentuale non lontanissima da quella della Lega e ai meccanismi del Rosatellum. Ma un dato è certo, confermato dalle ultime amministrative: Forza Italia è un partito in costante calo elettorale!

Per fare un esempio, se il M5S va bene, per ora, a livello nazionale e male localmente, Forza Italia va male ovunque. A Roma come nella maggioranza delle città e regioni del Paese. È difficile capire quanta consapevolezza della situazione esista, ai piani alti di FI. Non leggiamo o ascoltiamo grandi discussioni circa il presente e soprattutto il futuro di questo movimento, eppure il declino elettorale è abbastanza evidente a tutti i livelli. Perlomeno il Pd prova ogni tanto a ragionare sui propri fallimenti, pur faticando a giungere a conclusioni costruttive, mentre i forzisti preferiscono nascondere i cocci sotto il tappeto. Senza dubbio non bisogna stupirsi di questo atteggiamento perché Forza Italia è per sua natura un partito estremamente verticistico e quindi dipendente dalle decisioni e anche dagli umori del momento di un sol uomo e di poche persone che lo circondano. Tutti gli altri non hanno molti spazi per aprire dibattiti e riflessioni interne. È sempre stato così, sia nei momenti d’oro che nelle fasi difficili come l’attuale. Però, quando si è vicini ad abbandonare il percorso difficile per imboccare la strada senza uscita che porta alla scomparsa politica, bisognerebbe reagire e almeno tentare di dare una vigorosa sterzata.

A questo punto, alcuni consigli amichevoli, sebbene non richiesti, potrebbero essere d’aiuto. Non avrebbe torto chi dovesse ritenere questo articolo come uno sforzo inutile per un partito il cui fondatore ha sempre ignorato qualsiasi tipo di ragionamento diverso dai propri, contornato da una claque di interessati yes men. Ma i liberali di centrodestra che non sono popolari, ovvero di tendenza PPE-Merkel-euroentusiasmo e nemmeno populisti, conservano ancora il ricordo dell’ottimo inizio di Forza Italia, dovuto certamente ad una bella intuizione dell’allora Sua Emittenza Silvio Berlusconi. FI nacque come partito liberale di massa, mossa da uno spirito più americano che europeo. Com’è storicamente assodato, l’American Way non durò molti anni e si passò presto al partito del capo, con conseguente emarginazione delle energie liberali, intellettuali e politiche, che avevano contribuito non poco alla nascita del nuovo contenitore azzurro e ponti d’oro, offerti invece a socialisti e statalisti.

La prima Forza Italia è però rimasta nel cuore di chi non si rassegna ad un Paese incapace di riformarsi da un punto di vista liberale e considerato che FI, pur con il fiato corto, ancora esiste, magari qualche umile e disinteressato consiglio può stimolare qualche volenteroso della base di quel movimento a dare inizio ad una sorta di pressing, rivolto al fondatore e a chi gli sta vicino. Per una volta a Forza Italia farebbe bene andare a rimorchio della Lega e ci spieghiamo subito. Quando apparve chiaro come la leadership di Umberto Bossi, minata dagli scandali tanzaniani e da alcuni pessimi collaboratori, non fosse più sostenibile, i seguaci di Alberto da Giussano optarono per un nuovo leader ed una rinnovata classe dirigente. La storia è nota e recente: Salvini raccolse un partito ai minimi termini per poi condurlo, elezione dopo elezione, al successo. Sicuramente Forza Italia è ancora abitata da qualche buona risorsa che per il momento si nasconde dietro le quinte e Silvio Berlusconi farebbe bene a cedere il timone e ad imitare sostanzialmente il suo amico Umberto, consigliando il riposo anche ad alcuni colonnelli ormai stanchi.

L’età del Cav è relativamente importante e qui non si vuole affatto fare della retorica giovanilistica alla Renzi. Il punto vero è che Berlusconi ha perso quell’appeal che fino a pochi anni fa convinceva il ceto medio e numerosi italiani che adoravano “Silvio” in modo quasi incondizionato, indipendentemente da cosa egli combinasse realmente. Per intenderci, oggi anche la famosa casalinga di Voghera si sta spostando o si è già spostata verso Salvini. Infine, non è più credibile fare mille promesse agli italiani come se ci si trovasse alla prima esperienza politica. Una nuova leadership farebbe bene quindi a venire alla luce e a prendere in mano un simbolo che non è ancora da buttare nella pattumiera, se spinto naturalmente da contenuti diversi rispetto alla semplice sopravvivenza politica del capo che può passare anche attraverso inciuci con chi è sempre stato lontano dalle esigenze dell’elettorato di centrodestra. Nuovi vertici che sappiano tornare alle origini liberali di Forza Italia, adattandole alla realtà e ai problemi di oggi. Il rilancio non può che avvenire tramite un conservatorismo liberale che capisca e non ignori ciò che preoccupa gli italiani in questo tempo, (immigrazione senza regole, erosione progressiva del tenore di vita, gabbia Ue), offrendo però delle risposte più rassicuranti e “fattibili” di quelle leghiste e pentastellate. Per risolvere i problemi bisogna entrare prima nel loro cuore, litigare se serve, ma anche trattare con chi di dovere. Buttarsi in serie trattative con chi comprime da anni lo sviluppo del Paese, fuori e dentro l’Italia, è certamente più impegnativo di qualche mossa propagandistica che ringalluzzisce l’orgoglio nazionale per un paio di giorni, ma permette di avere una soluzione duratura.

Se solo i forzisti o almeno buona parte di essi lo volessero veramente, questo sarebbe il momento ideale per una rifondazione di FI. Non ci sono responsabilità di governo e il dovere è soltanto quello di fare un’opposizione intelligente. Salvini ha finora azzeccato alcune mosse come il respingimento della nave Aquarius, che sono piaciute anche a tanti italiani non leghisti, ma siccome l’immigrazione non è l’unica emergenza del Paese, la Lega potrebbe trovarsi in difficoltà, presto o tardi, con gli alleati Cinque stelle sul fronte delle tasse e dei conti pubblici. Qui una rinnovata Forza Italia, più liberale che popolare, potrebbe dire la sua e frenare la caduta di consensi. Solo così i forzisti possono pensare di avere ancora un futuro, oltre Silvio Berlusconi. Altrimenti non rimangono loro che due opzioni: essere mangiati gradualmente dalla Lega o andare dietro alle sorti, nel bene e nel male, del fondatore.

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