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Contagi zero, con menzogne e censura la Cina riesce a sparire dalle “classifiche” Covid. E l’Occidente, se la beve?

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Impressionanti i dati e le foto che i media ufficiali della Repubblica Popolare Cinese diffondono a piene mani, riguardanti la pandemia di Covid-19 che sta mettendo in ginocchio tutti i Paesi. Tutti tranne, per l’appunto, la Cina.

Appaiono immagini di folle straripanti ammassate a Pechino, Shanghai e in altre metropoli per festeggiare la nascita della Repubblica, che fu proclamata da Mao Zedong il primo ottobre 1949. Di colonne interminabili che percorrono la Grande Muraglia con le persone pigiate all’inverosimile. Distanziamento sociale pari a zero, e molti neppure indossano la mascherina.

Al confronto le vituperate movide europee e americane paiono innocue scampagnate, anche se polizia e militari le controllano da vicino e in molti casi agiscono per impedirle. Da noi, ormai, sta diventando arduo anche prendere un caffè o un aperitivo, giacché in questi casi occorre togliersi momentaneamente la maschera.

Nel Paese del Dragone, invece, pare ci sia una situazione idilliaca. A Wuhan, città d’origine dell’epidemia, è tutto normale e i cittadini possono percorrere tranquillamente le strade dove, sino a pochi mesi orsono, le persone crollavano al suolo fulminate dal virus.

È pure ripartito il turismo – interno – di massa, con 637 milioni di viaggi dal primo ottobre a oggi. Il Ministero del turismo ha infatti spiegato che “il popolo aveva bisogno di una pausa di svago a lungo attesa”. Così liberi tutti. I cinesi, beati loro, possono tornare a viaggiare tranquilli, poiché la pandemia è solo un ricordo del passato.

E la seconda ondata che tanto spaventa le altre nazioni? In Cina non ve n’è ufficialmente traccia: zero contagi. I pochi che si registrano sono dovuti a cittadini che tornano dall’estero, oppure a stranieri che hanno ancora il coraggio di recarsi nella Repubblica Popolare per motivi di lavoro.

Nel frattempo, il numero dei contagi e dei morti è rimasto incredibilmente basso. Da molto tempo, ormai, la Repubblica Popolare è sparita dalla classifica mondiale che registra questi tragici dati.

A fronte di 7,5 milioni di contagi negli Usa, 6,8 milioni in India, 5 milioni in Brasile e 1,2 milioni in Russia, in Cina i numeri sono sempre gli stessi di quando la pandemia scoppiò: 85.000 contagi, 4.634 decessi.

Continuando a seguire la narrazione di Pechino, il merito va esclusivamente al Partito Comunista, che ha subito affrontato l’emergenza impedendo la diffusione del contagio e isolando immediatamente i focolai che si manifestavano.

Il Partito-Stato sarebbe dunque riuscito a tenere sotto completo controllo la situazione, magari ricorrendo a metodi draconiani, ma sempre in nome e per il bene del popolo. Insomma anche il Covid-19 obbedisce al Partito e a Xi Jinping. Tormenta tutti gli altri, ma lascia in pace i cinesi poiché ha capito che lo scudo del Partito è insuperabile.

Ci sarebbe da ridere ascoltando panzane simili, ma la situazione è troppo tragica per dare sfogo al riso. Non si dimentichi, infatti, che il governo cinese controlla totalmente il suo Internet interno, e lo ha reso ancora più impermeabile di quanto fosse in passato. Media e social network occidentali sono banditi, e i cittadini apprendono soltanto ciò che le autorità lasciano filtrare.

È inoltre in vista una stretta sui viaggi degli studenti cinesi all’estero. Negli ultimi decenni erano milioni, ma ora a Pechino hanno capito che la loro esposizione a tipi diversi di istruzione e di società rischia di creare nuove Hong Kong nel Paese. E in pericolo sono pure gli “Istituti Confucio”, che molte nazioni stanno bandendo poiché rappresentano veicoli della propaganda cinese.

Un altro fatto fondamentale va sottolineato. In luglio doveva iniziare, proprio a Wuhan, un’indagine dell’Organizzazione Mondiale della Sanità volta a fare chiarezza sulle origini della pandemia. Pechino sta tuttavia opponendo un forte ostruzionismo, poiché desidera avere voce in capitolo sulla composizione della commissione. Di qui la grave tensione diplomatica con Stati Uniti, Unione europea e Australia che vorrebbero invece accelerare i tempi dell’indagine.

Ancora una volta, intanto, la Repubblica Popolare sta cercando di esaltare all’estero le “virtù” del suo modello di organizzazione politica e sociale, mettendo in luce l’ordine che regna a Pechino a fronte del caos che attualmente caratterizza l’Occidente.

Ma forse tutti – o quasi – hanno capito che delle narrazioni cinesi non ci si può fidare, semplicemente perché sono basate sulla menzogna. La macchina propagandistica del Partito-Stato è senza dubbio molto efficiente, ma la pandemia dimostra che tra propaganda e realtà esiste ancora un confine invalicabile.

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