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Coronavirus, una partita anche geopolitica: la propaganda di Pechino e l’offensiva sul 5G

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Il coronavirus, è ormai tristemente chiaro, ha totalmente stravolto quelli che erano gli equilibri sociali, politici ed economici dell’Italia, lasciandosi dietro, ad oggi, una scia di oltre 2.000 morti. Non anziani, non “soggetti con patologie pregresse”, non solo numeri. Persone, come noi.

Uno stravolgimento che sì, è vero, non ha eguali nella storia della nostra Repubblica e al cui confronto la crisi del 2008 ci sembrerà, purtroppo, poca cosa, il governo italiano sino ad ora non è stato in grado di rispondere in modo forte, lasciando anzi che un’emergenza sanitaria diventi il “casus belli” per la rimodulazione di equilibri economici e alleanze geopolitiche, col rischio, ben poco velato, di far sì che il nostro Paese diventi la testa di ponte europea del regime (perché questo è) cinese. E se il rischio c’è, paradossalmente, non è nemmeno tanto nella Cina stessa quanto nell’esagerata apertura di alcuni politici italiani, primo fra tutti il ministro degli affari esteri Luigi Di Maio, che Pechino ha ovviamente sfruttato. Esempio abbastanza lampante, che può essere minimizzato ma non è invece di poca importanza, è la gestione politico-mediatica degli accordi commerciali intavolati per il reperimento di mascherine ed altro materiale medico. Accordi simili, infatti, sono stati proposti da Pechino ad altri stati, fra gli altri Iraq e Regno Unito, e non in modo esclusivo all’Italia. La reazione italiana, sia dal punto di vista politico ed mediatico è stata enfatica ed ha puntato ad evidenziare una relazione particolare fra Roma e Pechino. “L’amicizia e la solidarietà reciproca pagano”, è stato il commento pentastellato che è stato poi rilanciato dai megafoni del regime del Dragone.

Sostanzialmente l’Italia e la reazione del suo Governo sono diventati, consapevolmente o meno, un ottimo strumento di propaganda del regime di Pechino impegnato – dopo la mancata condivisione delle informazioni sul virus e dopo aver interrotto le ricerche di scienziati e medici cinesi che per primi avevano lanciato l’allarme – a costruire una narrazione parallela e rivisitata dell’emergenza coronavirus sia agli occhi dei cinesi stessi sia a quelli della comunità internazionale.

Sull’emergenza coronavirus, si “gioca” quindi, purtroppo, anche una partita strategica, capace di influire in modo forte sulla bilancia geopolitica dei prossimi anni. E di questa fa parte il tema 5G, salito alla ribalda nei mesi scorsi, che oggi viene invece gestito sottotono, mentre rischia di prendere una strada pericolosa e sino a poco tempo fa impensabile.

Nella seconda metà di dicembre 2019, il Copasir, ossia l’organo parlamentare che vigila sull’operato dei servizi segreti italiani, notificava, testualmente che “il Comitato non può che ritenere in gran parte fondate le preoccupazioni circa l’ingresso delle aziende cinesi nelle attività di installazione, configurazione e mantenimento delle infrastrutture delle reti 5G. Conseguentemente, oltre a ritenere necessario un innalzamento degli standard di sicurezza idonei per accedere alla implementazione di tali infrastrutture, rileva che si dovrebbe valutare anche l’ipotesi, ove necessario per tutelare la sicurezza nazionale, di escludere le predette aziende dalla attività di fornitura di tecnologia per le reti 5G”. Sostanzialmente, quindi, il Copasir suggeriva l’esclusione delle aziende cinesi nello sviluppo della rete 5G italiana.

Ma come è legata la “guerra” sul 5G al coronavirus e agli “aiuti” cinesi? Per capire e avere evidenza della cosa è necessario analizzare le mosse e le tempistiche sia del governo di Xi Jinping sia di Huawei, che nei fatti ne è l’alter ego tecnologico. Poche ore fa, e poco prima di una telefonata fra Xi Jinping e Giuseppe Conte per la creazione di un’ipotetica “via della Seta dedicata alla salute”, Huawei Italia ha annunciato la fornitura di dispositivi di protezione e di tecnologie utili a far fronte all’emergenza sanitaria in corso, con la possibilità di fornire piattaforme cloud per gli ospedali; con implicazioni a livello di sicurezza dei dati e di privacy non di poco conto, come spiegato dal presidente del Copasir Raffaele Volpi in una intervista al Sole24Ore.

È in atto, a conti fatti, una vera e propria campagna diplomatica di sensibilizzazione che mira, sostanzialmente, a tre risultati: riabilitare l’immagine internazionale della Cina come grande potenza, rendere l’Europa, o alcuni stati di essa (l’Italia) sempre più dipendenti da Pechino, creare resistenze nei confronti degli Usa, sia sul 5G sia su altre posizioni di politica estera.

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