Di seguito, le superficiali riflessioni di un povero cattolico, di fronte alla morte di Papa Francesco.
La Fiducia Supplicans
Partiremo dalla Fiducia Supplicans, alias dal chiarimento a firma papale, che autorizza le benedizioni (non liturgiche e non sacramentali) di coppie non sposate con matrimonio religioso e di coppie di un unico sesso.
L’argomentare inziale è dottrinale: “anche quando il rapporto con Dio è offuscato dal peccato, si può sempre chiedere una benedizione … La grazia di Dio, infatti, opera nella vita di coloro che non si pretendono giusti ma si riconoscono umilmente peccatori come tutti”.
L’argomentare si fa poi più pastorale e meno dottrinale, estendendosi a chi chiede la benedizione pur non riconoscendosi peccatore. E qui il riferimento sembra essere a “persone la cui colpa o responsabilità possono essere attenuate da vari fattori che influiscono sulla imputabilità soggettiva”.
L’argomentare si fa infine unicamente pastorale, estendendosi a chi chiede la benedizione avendo mostrato una generica “apertura alla trascendenza”. Laddove, purtroppo, “trascendenza” è espressione estremamente indeterminata: si apre alla trascendenza, pure chi va dal cartomante o dal mago.
Benedire senza evangelizzare
La tesi della Dichiarazione è che “la richiesta di una benedizione … è un seme dello Spirito Santo che va curato, non ostacolato”. Ma non sarebbe forse il caso di farlo germinare, questo seme dello Spirito Santo: invitando il sacerdote benedicente almeno a richiamare le coppie così benedette alla loro presente condizione di peccatori?
Quanto poi al terzo dei tre profili, quello degli aperti ad una generica “trascendenza”, non sarebbe forse il caso di profittare dell’occasione per evangelizzare le coppie così benedette da un sacerdote che essi scambiano per uno stregone?
La Dichiarazione risponde di no, citando direttamente Papa Francesco: riferirsi alla dottrina sarebbe foriero di “un elitarismo narcisista e autoritario dove, invece di evangelizzare, si analizzano e si classificano gli altri”. Il che equivale a dire che il sacerdote deve astenersi dal richiamare le coppie benedette alla loro condizione di peccatori e, persino, quel loro sottogruppo che pensa di trovarsi in presenza di uno stregone: egli deve preoccuparsi unicamente di accogliere. Alla evangelizzazione penserà qualcun altro, non si sa bene chi: magari lo Spirito Santo.
Il che appare curioso, nella firma di un Pontefice che dovrebbe ammaestrare tutte le nazioni, insegnando loro ad osservare tutto ciò che Gesù Cristo ha comandato (Matteo, XXVIII).
La pagliuzza e la trave
Ed appare tanto più curioso, in quanto non è che la Dichiarazione rinunci interamente all’argomentare dottrinale, solo che lo riserva ad altre coppie: quelle sposate con matrimonio religioso. Sono loro a venir richiamate alla loro condizione di peccatori. Con le seguenti parole:
Papa Francesco ci ricorda che “un piccolo passo, in mezzo a grandi limiti umani, può essere più gradito a Dio della vita esteriormente corretta di chi attraversa le sue giornate senza affrontare importanti difficoltà”.
Il che è certamente un modo per dire di non guardare la pagliuzza nell’occhio altrui, bensì la trave nel proprio occhio (Matteo, VII). Ma, qui, non va tanto bene. Non va tanto bene, perché quel passo evangelico aggiunge sì di toglierla, quella trave dal proprio occhio, ma perché “poi ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello”. Non dice di lasciare la pagliuzza dove sta e far finta di niente … eppure tu, oh Papa Francesco, questo scrivi che va fatto.
Pane e pesce, pietra e serpe
Ma v’è di peggio, perché quel passo evangelico guarda pure alle intenzioni di chi porta quella pagliuzza, così:
Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto; perché chiunque chiede riceve, e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto. Chi tra di voi al figlio che gli chiede un pane darà una pietra? O se gli chiede un pesce, darà una serpe?”
E sta parlando di chi chiede pane e pesce, non di chi chiede pietra e serpe. Anzi, quanto a quelli che chiedono pietra e serpe: “non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le calpestino con le loro zampe e poi si voltino per sbranarvi”. Mentre davi cose sante, hai saputo tu distinguere chi chiedeva pane e pesce da chi chiedeva pietra e serpe, oh Papa Francesco?
Vite e rovo
Se tu avessi mancato nel distinguere, sarebbe un bel problema. Anzitutto per te:
Non chiunque mi dice Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. Molti mi diranno in quel giorno: Signore, Signore, non abbiamo noi profetato nel tuo nome e cacciato demoni nel tuo nome e compiuto molti miracoli nel tuo nome? Io però dirò loro: Non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, voi operatori di iniquità.
Hai saputo distinguere, oh Papa Francesco? E sarebbe un bel problema pure per noialtri: “guardatevi dai falsi profeti che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro son lupi rapaci. Dai loro frutti li riconoscerete. Si raccoglie forse uva dalle spine, o fichi dai rovi?”
Eri tu vite? Eri tu rovo? Nelle intenzioni tue, vite. Ma è ai frutti che ci è stato detto di guardare e, volgendo lo sguardo a chi oggi fa tanta mostra di rimpiangerti, restiamo percossi, attoniti.
Casa sulla roccia e sulla sabbia
Se tu avessi mancato nel distinguere, se tu non fosti stato vite, che ne sarebbe del tuo Pontificato? Prosegue il passo evangelico:
Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, è simile a un uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa non cadde, perché era fondata sopra la roccia. Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, è simile a un uomo stolto che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde, e la sua rovina fu grande.
Hai dato cose sante a chi chiedeva pane e pesce, eri vite, hai costruito sulla pietra, oh Papa Francesco? O hai dato cose sante a chi chiedeva pietra e serpe, eri rovo, hai costruito sulla sabbia?
Coi Luterani, fare e non dire
Domande alle quali hai risposto col tuo pontificato. A cominciare da una famosa intervista che tu, oh Papa Francesco, rilasciasti nel 2016, andando in Svezia a trovare i luterani di quel Paese.
Non andavi per dire la parola ai luterani: “il proselitismo è un atteggiamento peccaminoso”. Non andavi per dire la parola ai cattolici: “all’inizio non prevedevo di celebrare una Messa per i cattolici in questo viaggio: volevo insistere su una testimonianza ecumenica”. Solo poi, aggiungesti, “ho riflettuto bene sul mio ruolo di pastore di un gregge cattolico”. Tuttavia, “allungando il viaggio di un giorno. Infatti, volevo che la Messa fosse celebrata non nello stesso giorno e non nello stesso luogo dell’incontro ecumenico per evitare di confondere i piani”.
Non andavi per dire parola ad alcuno: “l’ultima cosa che devi fare è dire qualcosa. Agisci! Vivi! Poi davanti alla tua vita, alla tua testimonianza, l’altro forse ti chiederà perché vivi così”. Andavi a far qualcosa: “l’entusiasmo verso la preghiera comune e le opere di misericordia, cioè il lavoro fatto insieme nell’aiuto agli ammalati, ai poveri, ai carcerati. Fare qualcosa insieme è una forma alta ed efficace di dialogo”.
Il che è come dire che, ai luterani i quali ti chiedevano pietra e serpe, tu non hai dato cose sante. Ma ti sei limitato a fare qualcosa insieme. Fare e non dire: fare commemorare l’arci-eresiarca.
La Laudato sì, fare e non dire
Fare qualcosa insieme e non dire, alla maniera nella quale tu clamorosamente facesti con la indimenticabile Enciclica Laudato sì, del 2015. Con la quale ci informavi che “esiste un consenso scientifico molto consistente che indica che siamo in presenza di un preoccupante riscaldamento del sistema climatico”, rendendoci edotti di “numerosi studi scientifici [i quali] indicano che la maggior parte del riscaldamento globale degli ultimi decenni è dovuta alla grande concentrazione di gas serra (biossido di carbonio, metano, ossido di azoto ed altri) emessi soprattutto a causa dell’attività umana”.
E fu così che, a Gesù Cristo che ordinava di dare cose sante a chi chiede pane e pesce tu, oh Papa Francesco, hai risposto con una enciclica che spiega la necessità di “modalità di costruzione o ristrutturazione di edifici che ne migliorino l’efficienza energetica”; nonché la necessità di “riformare le istituzioni” politiche degli Stati, “giacché non si possono modificare le politiche relative ai cambiamenti climatici e alla protezione dell’ambiente ogni volta che cambia un governo”.
Il che è come dire che, ai gretini i quali ti chiedevano pietra e serpe, tu non hai dato cose sante. Ma ti sei limitato a fare qualcosa insieme, come poi avresti fatto coi luterani. Per la seconda volta, fare e non dire: fare felice Ségolène Royale.
La Pachamama, fare e non dire
Fare qualcosa insieme e non dire, alla maniera nella quale tu clamorosamente facesti, nel 2019, con la mitica Pachamama: quella tal divinità incaica, che impersonerebbe la “Madre Terra” e che tu, oh Papa Francesco, hai lasciato venisse in San Pietro, per poi benedirla nei Giardini Vaticani e farla adorare in Santa Maria in Traspontina.
Il che è come dire che, agli amazonici i quali ti chiedevano pietra e serpe, tu non hai dato cose sante. Ma ti sei limitato a fare qualcosa insieme, come già avevi fatto coi luterani e coi gretini. Per la terza volta, fare e non dire: fare adorare un idolo pagano.
Non dire perché è un cumulo di pietre morte
Fare qualcosa insieme: insieme ai luterani, ai gretini, ai pagani. Questo hai fatto, oh Papa Francesco.
E ci hai comandato di fare, giacché chi non è d’accordo con te lo hai chiamato peccatore. Per la ragione da te dichiarata nella Celebrazione Penitenziale, fatta in San Pietro lo scorso primo ottobre 2024, in occasione del Sinodo. Quando facesti proclamare al tuo fido Cardinale Víctor Manuel Fernández (lo stesso che aveva vergato la Fiducia Supplicans) un neonato “peccato della dottrina usata come pietre da scagliare contro” [sic]. Nei seguenti termini: non “custodire e proporre il Vangelo come fonte viva di eterna novità, forse indottrinandolo e rischiando di ridurlo a un cumulo di pietre morte da scagliare contro gli altri”.
Insomma, peccato sarebbe dire la parola, perché il Vangelo è un cumulo di pietre morte. Peccato non sarebbe far commemorare l’arci-eresiarca, fare felice Ségolène Royale, fare adorare un idolo pagano. Ma queste non sono cose sante.
Conclusioni
Hai dato cose non sante a chi chiedeva pietra e serpe. Sicché, se pure forse non fosti rovo, certo hai costruito sulla sabbia. Dopo di te, giunga qualcuno che dia cose sante a chi chiede pane e pesce, qualcuno che sia vite, un uomo saggio che costruisca sulla pietra. Sub tuum praesidium confugimus, sancta Dei Genetrix.