Cultura

La classe non è acqua: vale anche per Trump

Donald è umano, con tutto ciò che deriva dalla fallacia e imperfezione degli umani: non è immune da buzzurrate e baggianate fini a se stesse

Trump Papa

Chi scrive, da sempre, è un sostenitore dell’Alleanza Atlantica e un convinto anticomunista. Sia detto per sgombrare il campo da possibili interpretazioni, come si suol dire, con la volpe sotto l’ascella. Tuttavia, da attento osservatore dei fenomeni sociali, soprattutto quelli inerenti le strategie comunicative di massa, non si può non dedicare un minimo di spazio a certi gesti ed espressioni dell’uomo definito come il più potente del mondo, l’ineffabile Donald da New York.

In questo suo secondo – e probabilmente ultimo – mandato presidenziale, ci dà spesso l’impressione di essere stato travolto dal suo stesso formidabile successo elettorale, soprattutto a livello comunicativo ed oratorio, ammesso che l’ars oratoria possa essere traslata da quella di Marco Tullio Cicerone a quella dei portatori di ridicoli cappellini da baseball.

Giorno dopo giorno, nelle parole e nei gesti del presidente Usa, i riferimenti a parti anatomiche tanto indispensabili quanto ineleganti, così come certe espressioni dal sapore globalmente minaccioso, crescono a dismisura, in un’enfasi comunicatoria che rischia di sfuggirgli di mano, se già non sia successo.

Consideriamo altresì che certi dietrofront sono inevitabili quando la si sia sparata grossa in precedenza, formando via via un ritratto presidenziale per certi versi inaspettato, in un contesto che parrebbe avere un unico merito: quella di tenere occupati i leftiest di tutto il mondo, notoriamente propensi agli elementi secondari delle grandi questioni sociali più che alla loro sostanza. Colpiscono tutto attorno al bersaglio, perdendosi nei distinguo.

Ciò premesso, un po’ di senso critico non guasta mai, giusto per fare dispetto tanto ai più ferventi sostenitori di Trump che ai suoi detrattori per partito preso.

Vi svelo un segreto: Donald Trump è umano, con tutto ciò che deriva dalla fallacia e imperfezione degli umani. Tale considerazione pare sfuggire ai cultori del “Trump non dice nulla per caso o per leggerezza”, categoria alla quale ascrivo una grandissima parte dei suoi commentatori, esegeti del nuovo Verbo, cacciatori di secondi fini, terze e quarte possibili interpretazioni da spulciare in certe baggianate fini a se stesse che sembrano proprio sfuggire al POTUS e che punteggiano qua e là i suoi discorsi più seri, quelli degni di massima attenzione.

Sì: baggianate, perché talvolta ne dicono anche i presidenti e i pontefici, alla faccia di chi sostiene che tutto, nei loro discorsi pubblici, sia stato accuratamente pianificato e preventivamente soppesato per valutarne l’impatto sociale.

Sono ormai lontani i tempi dei discorsi dei re e dei capi di governo, quelli riportati dai libri di storia, ma soprattutto nelle coscienze di milioni di persone; perché autorevoli più che autoritari, di gran peso senza essere grevi, figli di una articolata cultura più che del potere qual-che-sia e del desiderio di farlo pesare a chi li ascolti. Difficile farvi entrare anche espressioni quali “… mi baciano il culo…” e, per quanto il concetto sia chiarissimo, rimane la grettezza dei termini impiegati.

Ciò che infastidisce, di certe americanate è lo sprezzo del buongusto, della moderazione nei termini, di quel minimo di diplomazia che rimane parte importantissima della capacità di governare, doti che dovrebbero contraddistinguere, sia pure nel consenso o nel dissenso, chi comanda.

Anche ammettendo che ciò che conta sia la sostanza e i fatti concreti per valutare i potenti della Terra, non dovremmo spingerci a negare la differenza tra un bel parlare e le sgradevoli espressioni da mercato rionale, soprattutto se provengano da chi influenza pesantemente il mercato gobale.

Se non è bello vedere oratori palesemente incapaci di dire qualunque cosa non trovino scritta nei fogli davanti a sé, è altrettanto vero che tra l’improvvisazione strabordante e l’attenta pianificazione di un discorso di portata mondiale dovrebbe starci quel modus che, nei millenni, ha caratterizzato i veri protagonisti della storia.

Predestinati o paracadutati dal destino? Questa la domanda che si pongono i sempre meno numerosi estimatori del carisma naturale, quello connaturato ai condottieri, sempre più sopraffatti dalla democraticissima quanto bovina moltitudine dei seguaci di chi grida più forte e/o di chi faccia ridere di più, anche se nel luogo e nelle occasioni sbagliate.

Probabilmente, in certi momenti storici, considerando tutto ciò che va nel senso sbagliato in questo mondo, personaggi come il presidente Trump sono necessari. Sarà anche così… ma siamo sicuri che i potenti possano proprio tutto? No. Mille, duemila volte no. Per il semplice motivo che, chiunque non sia un capo di stato può dire tutte le sciocchezze che vuole, sempre che si trovi al bar, rimanendo nella cerchia ristretta di persone libere o meno di ascoltarle e quando tali sciocchezze non possano cambiare la vita degli altri avventori.

Se non partissimo da questo assunto, non per caso il mio precedente articolo è intitolato “noblesse oblige”, rischieremmo di finire fuori strada, perdendoci nelle disquisizioni semantiche  tra corretto e scorretto, termini che potrebbero essere sostituiti, rispettivamente, con opportuno e inopportuno.

Oltremodo stanchi di ascoltare pretesi intellettuali, i quali, di qualunque materia si discuta, vorrebbero gabellare il solito “pugno nello stomaco” come cosa piacevole e necessaria, siamo  arcistufi di rispondere loro che ai pugni nello stomaco possiamo rinunciare volentieri, per nulla infastiditi se li vogliano prendere loro.

Stremati dal vedere in tv, all’ora di pranzo, gente seduta sul cesso, daremmo una piccola parte del nostro trascurabile regno per qualche iniezione di buongusto e moderazione. Sono ormai merci rare, in questo mondo di urlatori a petto nudo, di facce gonfiate e stravolte dal silicone e di cervelli enfi d’aria fritta, e tutto ciò per la loro smania di piacere, per il mancato riconoscimento dell’opportunità di farsi da parte prima di cadere nel ridicolo.

Perché le buzzurrate ne chiamano molte altre, le cravatte rosso fuoco sono definitivamente (definitively) tipiche dei cafoni invitati a matrimoni che non meritavano nemmeno di essere celebrati e i gesti volgari parlano dell’anima di chi li propone.

Che, poi, qualcuno debba pur fare i più sporchi lavori lo sappiamo tutti, e su tale considerazione potremmo fondare la teoria del brutto ma necessario, pur con qualche esitazione nello stabilire su cosa sia effettivamente brutto o necessario. Pur rimanendo nel territorio segnato dal cerchio invalicabile dell’autodeterminazione e dell’individualismo, soprattutto quando contrapposti a costrizione e collettivismo, anche le persone più indifferenti ai casi altrui, quelle unicamente dedite a farsi i propri, prima o poi, proveranno fastidio per la continua incitazione alla militanza in servizio permanente effettivo che sempre più ci giunge, e non solo da oltreoceano. Anche meno, dicono i giovani…

È comunque difficile rinunziare definitivamente al bello a favore dell’efficace, fare a meno dell’armonia a favore della potenza sonora, del sapiente accostamento cromatico nei capi d’abbigliamento per renderli gradevoli alla vista (al netto del lavoro dell’armocromista personale di Elly Schlein, la peggio vestita delle compagne).

Se possiamo dire che l’eleganza sia un fattore individuale e frutto di uno stile di vita preciso, non possiamo nascondere che l’ineleganza, e non parlo soltanto di quella degli abiti, è qualcosa che attraversa trasversalmente l’ampia schiera di coloro che si ritengono alla moda. Potremmo anche tracciare qualche possibile linea di congiunzione tra come ci si veste e come si è davvero, ma son certo che tale schema troverebbe la critica mainstream, per quanto, personalmente sia sempre più convinto che mio padre avesse ragione quando mi diceva che l’abito non fa soltanto il monaco, ma tutto il convento.

Dite quel che volete, ma che fosse Trump l’unico capo di stato vestito di blu al funerale di Papa Francesco non fu certo una svista né potremmo consideralo un segnale preciso, comunque del tutto fuori luogo e fuori tempo. Quello che criticava Zelensky per la sua – orrida – mise pseudo-militare…

Mi chiedo spesso chi consigli, e con quali referenze, i potenti della Terra a vestirsi in un certo modo e a gesticolare così scompostamente, pur non avendo dubbio alcuno sul perché lo facciano, considerati i loro compensi. L’armocromista della Schlein, per rimanere a cose di minima importanza, nemmeno sapevamo che esistesse come professione. D’altra parte nemmeno la più fervente sinistra sapeva chi diavolo fosse Elly Schlein.

Finché non sarà reato, dirò ancora che la classe non è acqua. Quando non si potrà più nemmeno usare il sostantivo “classe”, in quanto radice lessicale dell’aggettivo “classista”, probabilmente lo dirò in altro modo, lasciando inalterato il concetto.

Fra pochi giorni avremo un nuovo Papa. Speriamo non si metta le scarpe da palestra e che, al posto della croce pettorale, non si metta un salamino.

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