“Anche questo Natale, se lo semo levato dalle palle”, così l’avvocato Covelli nel leggendario cult movie “Vacanze di Natale”, frutto dell’estro geniale dai fratelli Vanzina.
Correva l’anno 1983, lo scenario descritto era quello dell’Italia ruggente degli anni Ottanta, del benessere sfrenato, della ricchezza diffusa. Un’Italia più spensierata, più leggera, per alcuni l’Italietta della lira, eppure l’Italia in grado di produrre una rappresentazione dissacrante di se stessa, capace al tempo stesso, come una volta disse l’avvocato Agnelli, di prendere le cose sul serio e non prendersi troppo sul serio.
L’ambientazione del film una Cortina ora irriconoscibile, priva di quell’anima al di sopra delle righe che invece traspare nel film: un luogo dove le distanze sociali si ritrovavano allo stesso tempo tanto annullate quanto presenti.
Attori di primo ordine, poi consacrati nell’Olimpo degli interpreti del cinepanettone, che ebbero l’intelligenza di calarsi perfettamente nelle parti assegnate, tanto che in alcune occasioni si ha come l’impressione che alcune scene siano accadute realmente.
E se l’obiettivo dei Vanzina era probabilmente quello di squarciare il velo di ipocrisia e andare oltre le semplici apparenze, per noi spettatori di oggi, che ogni anno troviamo piacere nel rivedere e riascoltare le battute più famose, “Vacanze di Natale” è divenuto sempre più importante non tanto per il suo obiettivo di fondo, che era appunto di natura dissacrante, quanto per la sua capacità di rappresentare ciò che, anno dopo anno, stiamo perdendo in modo irrimediabile, ovvero la capacità di prenderci non troppo sul serio, di guardare le cose da una prospettiva più alta, di pensare che in fondo “domani è un altro giorno, si vedrà”.
Questo, a parere mio, il motivo del successo inestinguibile che a distanza di quarant’anni continua ad accompagnare l’opera dei Vanzina: la voglia di poter tornare a sperare in un futuro migliore trovando al contempo la forza di esorcizzare i nostri mille drammi quotidiani.