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Da Mattarella a Bergoglio, innominabile la matrice “islamica”. L’Europa che non vuole sapere, non vuole capire, non vuole guardare

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Ne scannano tre dentro la cattedrale di Notre Dame a Nizza, tempio cristiano, somma provocazione al grido Allah Akbar, e le reazioni sono flebili, sono pelose: “Contro il fanatismo di qualsivoglia matrice”, proclama Mattarella. Tutti? Dal Vaticano, da Bergoglio arriva la solita non dichiarazione al limite dell’omertà, in cui si riesce a non considerare mai, neppure per allusione, l’identità dei criminali, fosse mai che poi si offendono. Altro che democristiani, quelli al confronto erano più provocatori di Charlie Hebdo. “Volgari assassini, giammai credenti”, dicono i sodali a oltranza per non nominare la matrice; tempo pochi minuti e attaccano con la solfa: islamofobici, le crociate, negazionisti, razzisti, sovranisti, Trump, il riscaldamento globale, il coviddì. Qualcuno oltre la malafede che non tiene vergogna e si avviluppa nei suoi miasmi ideologici: “Visto che succede a protestare come hanno fatto in Francia? Bisogna integrare, accogliere, non demonizzare”. Come a dire: se te la prendi perché hanno decapitato un professore in mezzo alla strada, allora non puoi lamentarti se subito staccano la testa a un’altra in chiesa, una anziana, e te la sei cercata. Il ce la siamo cercata è la nuova formula di Ali Baba, l’“apriti sesamo” che apre tutte le porte, apre la caverna dell’ipocrisia.

A proposito di ipocrisie, Macron fa quello che gli riesce bene, chiude la stalla a buoi scappati, sempre meglio di noi che non chiudiamo nessuna stalla e “più porti meno muri”. Noi esorcizziamo, ci rifugiamo nella cabala: finché succede agli altri… Ma non ci sono gli altri, c’è un continente sotto attacco, sconvolto in ogni singolo Paese da una guerra che non vuol comprendere, dalla quale fugge senza trovare rifugi mentre l’Unione si preoccupa delle parole scorrette, del processo alle intenzioni antislamiste. Forte è la voglia di non sapere, di non capire, di non guardare. Il sindaco di Nizza parla di “fascismo islamico” e così se la cava, col fascismo immaginario che sta bene su tutto, che copre tutto e svuota di senso ogni presa d’atto.

Ma che dire di Erdogan che ha fomentato le armate islamiste e subito qualcuno ha risposto con nuovi macelli? Ed è lo stesso Erdogan del quale Emma Bonino diceva: sì, è un tiranno ma con lui l’Europa ha sbagliato. Certo, gli andavano stesi tappeti rossi. Oggi Erdogan accoglie certe ong islamiste come BarakaCity e dobbiamo far finta di niente, dobbiamo girarci dall’altra parte. C’è un pericolo attuale ed è la possibile saldatura delle escandescenze interne, dei balordi nostrani con gli sbandati e gli esaltati non integrati, ma se lo dici passi per complottista e, ovviamente, per fascista. Ma a Torino ad assaltare le vetrine di Gucci e a razziare il possibile sono stati elementi anarcoidi insieme a ragazzini egiziani. I telegiornali poi sono andati a intervistarli, questi immigrati di terza generazione agli arresti domiciliari nelle loro casbah di cintura ed hanno trovato ragazzotti intontiti, sbalorditi, incapaci di dire una parola. Assimilare, integrare? Dopo la testa del povero professor Paty rotolata per la strada, tutti anche Macron col palloncino d’ordinanza e lo slogan “io sono un professore”. Manifestazioni patetiche, infantili, che convincono i macellai di poter fare quello che vogliono, sicché quando poi si annuncia una stretta ai diritti pretesi, quelli vanno in furia, dal loro punto di vista non senza logica: ma come, ci avete concesso sempre tutto, vi siete incolpati, ci avete lasciato campo libero coi vostri gessetti, palloncini e canzoncine paracule e adesso cosa sarebbe questo voltafaccia? E per far capire che così non si fa, ne decapitano qualche altro. Il messaggio è chiaro, chiarissimo: o si fa come diciamo noi o giocheremo a bowling coi vostri crani. Sfortunatamente, anche l’alternativa – si fa come vogliono loro – non sortisce risultati diversi.

Su questa mistificazione, su questo incolparsi da vittime, su questo archiviare i macellai come gente sola, triste, depressa, incompresa, su questo lasciarli imperversare pur sapendoli delinquenziali e pericolosi, su questo non voler irritare le scimitarre e i coltellacci, su questo non sapere e non volere distinguere fra dialogo e resa, fra il rispetto della democrazia e il suo tradimento, fra convivenza e sudditanza, fra accoglienza e sacrificio rituale, si sono persi vent’anni e, ancora una volta, è difficile e forse impossibile tornare indietro, recuperare una sicurezza possibile; come minimo, il prezzo da pagare è una guerra di reazione, sanguinosa, dagli esiti imprevedibili, che si sarebbe potuta evitare prendendo provvedimenti a tempo debito. L’“apriti sesamo” della comprensione a tout prix non si discute, ma pochi ricordano come finisce la fiaba: il fratello di Ali Baba pronuncia la formula, entra nella caverna ma poi si confonde, resta prigioniero, i ladroni lo trovano, lo fanno fuori.

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