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Il dire per negare e mentire: i tic di un’informazione alienata e alienante

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Se decidi di complicarti la vita con questo mestiere, lo fai perché vuoi capire che cosa sono gli uomini e come parlano. Ma nella comunicazione liquida attuale, affidata a dei tweet che sembrano articoli e ad articoli che sembrano tweet, siamo già oltre il dire e disdire di cui parlava Giorgio Bocca, siamo al dire per negare, per dire l’opposto. E anche per dare i numeri, per offrire letture della realtà deliranti, manicomiali. Ma perché io sul riscaldamento globale, questione discussa e discutibile, per specialisti, per scienziati, debbo sentirmi fare lezione da una orrenda clone di Pippi Calzelunghe, questa ragazzina svedese che ha preso l’aereo, non alimentato a fiori o girotondi ma a kerosene, e ha fatto il giro del mondo per “scioperare contro i cambiamenti climatici”? E diventa chissà perché un oracolo, un’eroina, il simbolo della consapevolezza adolescenziale questa spocchiosetta che posa e che fa venire in mente lo sbotto del sor Brega con la fidanzata fricchettona del figlio Ruggero: “So’ due ore che stai a ciancicà, ma che te ciancichi, a stronza!”. Almeno noi ci limitavamo a saltare la scuola nei giorni strategici.

Ma perché io devo leggere che Fabrizio Corona, il plugipregiudicato che più ne combina e più il tribunale lo affida a percorsi terapeutici in discoteca, è un reporter, uno che rischia la pelle in un parco di drogati, inviato da quell’altro ultrapopulista cinico che è Giletti? Perché devo credere alla sua finta ex, Asia Argento, in fama di martire – lei è sempre in fama di martire, che molesti o venga molestata – salvo scoprire ciò che era palese a qualsiasi persona di medio buon senso, salvo all’informazione pagata o esaltata: si erano messi d’accordo e lei ha preso una paccata di soldi per simulare una storia di passione e di sesso sul tavolo della cucina? La regina del metoo per la decenza delle donne che sale sul palco di un rapper per bambini e dice “ti do ventimila euro se me lo ficchi dentro?”; e le femministe non dicono niente?

Perché debbo vedere, per settimane, per mesi, questo incredibile sindaco Lucano accolto come un Messia dalla compagnia di giro di Fabio Fazio, quando è evidente quello che poi riassumono i giudici del riesame in 160 pagine allucinanti, concluse con una morale desolata. Lo stesso sul presunto martirio di Saviano, sull’assurda mitizzazione del terrorista Battisti, un farabutto comune ammantato di pretese rivoluzionarie. Dal dire e disdire al dire per mentire, in modo tronfio, da impuniti, con uno stravolgimento della realtà patologico, che dalle parole risale ai pensieri, condiziona la mente, disabitua all’analisi logica e alla coerenza. Che poi è quello che vuole il nuovo catechismo del politicamente corretto di stampo eurounionista così bene riassunto dallo studioso Eugenio Capozzi.

Prendiamo il caso del giovane Antonio Megalizzi ammazzato con altri sei da un fanatico islamico a Strasburgo. “Ah, avete visto, ci vuole più Europa come sperava Antonio, glielo dobbiamo”. Quando è evidente, a tutti meno che al nostro ineffabile Mattarella, arrivato a parlare di “sedicente stato islamico”, che Megalizzi è stato annientato da ciò in cui credeva ma che non ha saputo o voluto proteggerlo e lo ha abbandonato al suo destino, alle sue utopie. Lui e altri 43 italiani come lui finora, in larga parte figli della cosiddetta generazione Erasmus “con le stelle europee negli occhi”, ma senti che idiozie tocca leggere. Nel caso di Megalizzi l’informazione a tariffa ha offerto il peggio di sé a largo raggio, è riuscita insieme a stravolgere il senso di una morte assurda e ad assolvere l’aguzzino, uno che aveva in fronte il callo di chi si prostra a terra cinque volte al giorno per la preghiera islamica: “Ma no, è un’abrasione, un bernoccolo”. Dire per mentire, per dare i numeri. Il ministro di polizia Salvini, che di critiche ne merita quante ne si vuole, va di moda definirlo come spargitore d’odio ma non c’è giorno che qualcuno non ne impicchi o affoghi un manichino a sua immagine. Cosa che l’informazione manicomiale risolve come segue: “avete visto, è la conferma che, lui fomentando l’odio, gli ritorna indietro”. D’altra parte abbiamo scoperto con un brivido che la ex madrina di Asia Argento, Laura Boldrini aveva subito “una violenza intollerabile” che poi si riduceva a uno un po’ bevuto che, riconosciutala, le gridava “Prima gli italiani”. Cosa che alla Boldrini può effettivamente indurre un trauma, ma questo è un problema suo.

Ma si può reggere un simile gioco losco? Ma possiamo assistere allo spettacolo, inverecondo, del carabiniere aggredito da 30 ultras esagitati della Lazio che si costringe a non reagire e lo irridono, lo prendono a bottigliate e lui scappa terrorizzato? “Ah, è un eroe, si è comportato in modo responsabile, così deve fare la polizia”. Scherziamo? Responsabile è una divisa che rappresenta uno Stato che sa arginare, neutralizzare i violenti e gli scalmanati, non che al loro cospetto fugge a gambe levate: e c’è pure da capirlo, se avesse sparato per salvarsi la pelle per lui era finita, doveva pagare tributo alla retorica rivoluzionaria per la quale uno sbirro è buono solo se si fa ammazzare. Ma come possiamo sperare di essere difesi da nuclei terroristici se perfino quattro balordi da curva dettano legge? Questo l’informazione alienata e alienante non lo spiega, si confina ai rallegramenti di circostanza, irresponsabili ma che suonano bene. In Puglia intercettano un altro fanatico, un islamista etiope di vent’anni che si è posto un ambizioso obiettivo natalizio: “Mettiamo bombe in tutte le chiese, facciamo saltare tutte le chiese con la gente dentro”. Il giorno dopo, Radio24 lo definisce “presunto terrorista”. Il cronista che voleva capire gli uomini ha rinunciato a capirli, salvo accettarne la loro pazzia inguaribile, ma gli rimane ancora un po’ di forza, di volontà di difendersi, di impegnarsi contro questo spappolamento che dalle parole sale al cervello. Ammesso che sia ancora possibile, che serva ancora a qualcosa.

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