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Ennesima giravolta sui vaccini: autorità e televirologi allo sbaraglio

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Il tema non è a quali fasce di età sconsigliare AstraZeneca, ma se sia opportuno oggi somministrare ai più giovani una qualunque tipologia di vaccino. Lo stesso approccio ideologico che ha fallito nel contrastare il virus, cercando di azzerarne la circolazione a colpi di lockdown, si ripete oggi con i vaccini. L’odioso ricatto del green pass per spingere i giovani a vaccinarsi. I rischi sono minimi, ma non si capisce perché, anche se minimi, debbano esservi sottoposti giovani e giovanissimi in salute per i quali il rischio Covid è zero

La tragica morte della diciottenne Camilla Canepa, associabile almeno per la coincidenza temporale alla somministrazione della prima dose AstraZeneca, ha scatenato un indegno scaricabarile: autorità politiche e sanitarie, media mainstream e televirologi andati letteralmente nel pallone, caduti dalle nuvole, alcuni a chiedersi come sia stato possibile organizzare open day di AstraZeneca nonostante il vaccino fosse stato sconsigliato ai più giovani, nel patetico tentativo di scaricare sulle Regioni. E sono gli stessi che poche settimane prima avevano rassicurato sul vaccino anglo-svedese: seconda dose? Nessun problema.

Avevamo già segnalato su Atlantico Quotidiano il disastro comunicativo – non solo italiano ma europeo – su AstraZeneca, il flip-flopping delle autorità: prima l’affrettata sospensione, poi la ripresa e le rassicurazioni; inizialmente sconsigliato agli over 60, poi agli under 60, poi gli open days…. Eravamo stati facili profeti nel prevedere che molti cittadini avrebbero evitato AstraZeneca e ben presto ne avremmo accumulato scorte in eccesso. Proprio questo è stato uno dei motivi che ha indotto le Regioni, per smaltirle, ad organizzare degli open days, aperti anche a giovani e giovanissimi, per i quali in teoria questo vaccino era stato sconsigliato.

È poi emerso dalle prime indagini che la ragazza era affetta da piastrinopenia autoimmune, una malattia che sopprimendo la produzione di piastrine tende a favorire emorragie. Il che getta un’ombra ancora più sinistra sulla vicenda, sollevando domande inquietanti sulla superficialità con la quale i vaccini vengono somministrati. Qualcuno avrebbe dovuto vigilare, eseguire una adeguata anamnesi, e invece non lo ha fatto.

Nel pomeriggio di ieri la corsa ai ripari, una nuova “indicazione” del Cts: il vaccino di AstraZeneca è “fortemente raccomandato” per gli over 60. Ma AstraZeneca era già stato “raccomandato” per gli over 60 dall’Aifa. Oggi il Cts aggiunge un “fortemente” e il ministro Speranza si impegna a tradurre tale “raccomandazione” in una disposizione “perentoria”. La domanda sorge spontanea: perché il ministro non ha ritenuto già all’epoca di rendere “perentoria” la raccomandazione dell’Aifa? Temiamo che il motivo abbia poco a che fare con la salute: gli altri vaccini scarseggiavano e le dosi AZ, che nonostante ritardi e polemiche c’erano in abbondanza ma erano sotto-utilizzate, potevano aiutare ad accelerare la campagna vaccinale. Dopo tutto, ricorderete, l’Ema non l’aveva sconsigliato per alcuna fascia di età.

Se l’Ema aveva concluso la sua revisione dopo i casi di trombosi rare ribadendo che i benefici superano i rischi, l’Aifa l’aveva “raccomandato” per gli over 60. Ma ciò non ha impedito a molte Regioni di bruciare le tappe e aprire la somministrazione di AstraZeneca anche ai giovani e ai giovanissimi, cioè proprio le categorie per le quali era stato sconsigliato (ma non ancora “fortemente”…). E questi open days si sono svolti nell’indifferenza del Ministero della salute e del commissario Figliuolo, nonostante la vaccinazione di 50, 60 e 70enni, fasce di età che avrebbero dovuto avere la precedenza, non fosse particolarmente avanzata.

E ora, chi ha meno di 60 anni e ha già fatto la prima dose di AstraZeneca? Niente paura, farà la seconda con Pfizer o Moderna. Anzi, la vaccinazione “eterologa” è anche meglio, assicurano. Ma si rischia un altro pasticcio, visto che i rari casi di trombosi sono quasi tutti dopo la prima dose di AZ, in Italia nessuno dopo la seconda, mentre come vedremo stanno finendo sotto osservazione proprio Pfizer e Moderna per alcuni casi di miocardite nei giovani dopo la seconda dose.

Insomma, di tutto si è tenuto conto tranne che della salute dei cittadini, della scelta migliore per ciascuno sulla base di un’analisi rischi-benefici ponderata sull’età e sulla cartella clinica. Il presunto bene collettivo dell’immunità di gregge ha prevalso sulla cura della salute individuale. La necessità, come detto, di smaltire le dosi AstraZeneca accumulatesi dopo la sospensione. La fretta, con l’avvicinarsi dell’estate, di iniziare a vaccinare i giovani, alimentata dalla fobia irrazionale delle movide estive. E poi, l’odioso ricatto del green pass: il timore di patire limitazioni (non poter entrare in discoteca o prendere un aereo durante le vacanze) ha indotto migliaia di giovani e giovanissimi a vaccinarsi. Un obbligo vaccinale subdolo, strisciante.

Ora, senza mai dimenticare che i vaccini anti-Covid che abbiamo avuto a disposizione dopo solo dieci mesi – Pfizer-BionTech, Moderna, AstraZeneca e Johnson & Johnson – hanno del miracoloso, sono tutti sicuri e molto efficaci, non bisogna nemmeno dimenticare che si tratta di vaccini autorizzati in via emergenziale. Non significa che non siano stati sperimentati, ma che la procedura è stata accelerata. Una decisione ragionevole, nello scenario drammatico in cui ci trovavamo, ma questo dovrebbe indurre a somministrarli con qualche cautela in più, non come fossero acqua fresca, soprattutto nei confronti delle persone per le quali il rapporto rischi-benefici non sia così netto a favore dei secondi.

Inoltre, è ora di iniziare a tenere presente che i problemi non riguardano solo i vaccini a vettore virale e metodologia tradizionale, come AstraZeneca, ma anche quelli a mRna, come Pfizer e Moderna. Non solo i potenziali effetti a lungo termine di tale tecnologia non si conosceranno per anni, ma negli ultimi giorni sono usciti studi su alcuni casi di miocardite, un’infiammazione cardiaca, segnalati in Israele (180 per milione) soprattutto in giovani maschi e dopo la seconda dose. Il Centers for Disease Control and Prevention Usa (CDC) ha convocato per il 18 giugno una riunione urgente dopo la segnalazione di 226 di questi casi negli Stati Uniti.

Bisogna sempre ricordare che sia nel caso di AstraZeneca che di Pfizer stiamo parlando di poche centinaia di casi a fronte di decine, centinaia di milioni di dosi somministrate. Quando si dice “una possibilità su un milione”, si intende un evento estremamente improbabile, ma mai nella storia era stata eseguita una campagna vaccinale di così vasta scala nell’arco di pochi mesi e la legge dei grandi numeri è feroce, non guarda in faccia nessuno: se i milioni diventano decine e centinaia, è ovvio che i casi improbabili tendono a verificarsi.

Tutto ciò porta a concludere che il tema non è a quali fasce di età sconsigliare AstraZeneca. Il tema è se sia oggi opportuno, prudente, somministrare ai più giovani una qualunque tipologia di vaccino, che sia a vettore virale o a mRna.

La Germania, per esempio, che abbiamo seguito fin troppo frettolosamente nella decisione di sospendere AstraZeneca tre mesi fa, salvo poi riammetterlo contraddicendoci altre due volte, ha deciso di non somministrare per ora alcun vaccino ai minori di 18 anni, mentre fino a una settimana fa il ministro della salute Speranza annunciava i piani per vaccinare i nostri ragazzi fino ai 12 anni, per “mettere in sicurezza” la scuola. E ancora ieri, in conferenza stampa, il coordinatore del Cts Franco Locatelli insisteva che “ci sono tutti i presupposti per condurre una campagna di vaccinazione anche in età pediatrica”. No, questi presupposti a nostro avviso non ci sono. Non ancora, non a questo livello di circolazione del virus.

Riviste scientifiche citate ieri da La Verità, come Lancet e British Medical Journal, mettendo sul piatto della bilancia rischi e benefici, sono arrivate alle medesime conclusioni: meglio lasciar perdere i minori per il momento. Smontando tra l’altro l’argomento che se non vaccinati rappresentino un pericolo per gli adulti: “poche prove di infezione secondaria dai bambini agli altri… nel caso del Covid-19 dovrebbe valere il contrario, con gli adulti che devono essere vaccinati per proteggere i più piccoli”. E ancora: vaccinare i bambini “porterebbe benefici minimi ai riceventi, nessun beneficio per il pubblico e rischi a lungo termine per i destinatari”.

Lo stesso approccio ideologico che ha fallito nel contrastare il virus, cercando di azzerarne la circolazione a colpi di lockdown senza riuscire a proteggere i più a rischio, sfiancando l’economia, impoverendo milioni di famiglie e calpestando le più elementari libertà individuali, si ripete oggi nella vaccinazione che si pretende “a tappeto”, nessuno sfugga, sotto la minaccia di limitazioni, senza alcuna razionale analisi rischi-benefici mirata a ciascun individuo. Conviene ad un 50-60enne affrontare il rischio minimo del vaccino a fronte del rischio molto concreto di finire in ospedale o sotto terra per Covid? Indubbiamente sì. Conviene ad un teenager o ad un ventenne sottoporsi ai rischi – ribadiamo: minimi – del vaccino, a fronte però di un rischio zero del Covid. Semplicemente no. Semplicemente buon senso, prudenza.

Piuttosto, dovrebbero concentrarsi a convincere gli adulti a vaccinarsi, il che, dopo i casini che hanno combinato, è compito sempre più arduo.

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