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Giustizialismo e Venezuelagate: i boomerang che tornano in faccia ai grillini

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La notizia pubblicata ieri da ABC sul presunto finanziamento di 3,5 milioni di euro dal regime di Chàvez ai 5 Stelle è ovviamente tutta da dimostrare, e soprattutto da smentire. Politicamente parlando, come si è visto, è una bomba, che solleva alcune domande di difficile risposta, come sul tempismo della rivelazione: perché proprio ora? In un momento in cui i 5 Stelle sembrano avviati ad un processo di possibile frammentazione, con una parte “istituzionale”, dominata dal trio Grillo, Conte e Di Maio – che non ci pensa minimamente a mollare governo e Pd – e una parte, minoritaria, massimalista, gestita dal duo Di Battista-Casaleggio, che vorrebbe mantenere una specie di vetero-ortodossia. Ovviamente, questa possibile divisione avrà delle ripercussioni sulla tenuta dell’Esecutivo.

Non essendo nostro compito dimostrare se il finanziamento venezuelano ai grillini sia avvenuto o meno, se il documento sia autentico o un falso, ciò che ci interessa rilevare qui è il dato politico. Così come capitato con il caso Di Matteo, a nessuno sfugge che ancora una volta, come un boomerang, tornano in faccia ai grillini i petali di rose avvelenate che in questi anni hanno seminato imprudentemente. L’ala più estremista della magistratura ha già presentato il conto: non appena uno dei leader di quell’area si è sentito messo da parte, non soddisfatto nelle proprie aspettative, non si è fatto scrupolo a denunciare in ogni sede il ministro della giustizia Bonafede, ovvero colui che fino a poco tempo prima lo riteneva un punto di riferimento. Una denuncia che, francamente, aveva ben poco di valido sui contenuti – perché certamente il ministro ha tutto il diritto di ripensare ad una nomina – ma che ha portato a galla un rapporto malato tra un partito politico e una parte della magistratura che vedeva in esso una propria appendice.

La stessa cosa vale per la questione Venezuela. Guarda caso, oggi che una parte importante dei grillini decide di completare la svolta istituzionale, iniziano ad essere diffusi documenti compromettenti sui rapporti tra il Movimento e un regime autoritario e illiberale come quello chavista latinoamericano. Chi scrive ritiene che la vicenda sia tutta da dimostrare, de facto e de jure, anche perché ci sembra troppo semplicistico il modo in cui sarebbero andate le cose, quasi da irresponsabili. Ma ciò che è vero, senza ombra di dubbio, sono i rapporti che in questi anni i grillini hanno coltivato con regimi non democratici, al solo scopo di ammantarsi di un’aurea rivoluzionaria, dal sapore Sessantottino. Un posizionamento che, in questi anni, ha portato i grillini a proporre iniziative contro gli Stati Uniti e Israele, ma mai contro regimi responsabili di abusi dei diritti umani, come l’Iran, la Cina e appunto il Venezuela. Quanto al Venezuela, poi, si è arrivati al paradosso di mettere l’Italia in una terra di mezzo priva di significato, con la pretesa di riconoscere sia il diritto di Maduro a governare da presidente eletto dal popolo, sia quello di Guaidò a governare come nominato dal Parlamento (eletto dal popolo…).

Allora, forse, questo Venezuelagate potrebbe servire ai 5 Stelle – come il caso Di Matteo – per avviare un sincero processo di autocritica. Per capire che ciò che coltivi male, crescerà marcio. Che trattare con i regimi, così come non esclude che quel documento sia un fake delle opposizioni, non esclude nemmeno che sia un prodotto del regime stesso al potere a Caracas, magari indispettito proprio dalla svolta istituzionale della maggioranza grillina. È su questo che dovrebbero riflettere: gli scoop vanno e vengono, a volte hanno un effetto dirompente, altre volte si sgonfiano come palloncini. Ciò che resta è il messaggio politico e flirtare con giustizialisti e falsi rivoluzionari, noti per la loro corruzione e il loro ruolo nel narcotraffico e nel sostegno del terrorismo internazionale, non può certamente rappresentare un vanto.

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