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Gli arabi di Ra’am al governo in Israele, che si conferma unica democrazia della regione

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Mai come in questo caso Israele dimostra di essere, unico caso in Medio Oriente, uno Stato veramente democratico. E lo è a tal punto che, tra la meraviglia di tanti osservatori internazionali, si sta formando a Gerusalemme un governo con la partecipazione attiva di un partito dichiaratamente islamico (ovviamente moderato).

La vicenda ha luogo dopo l’ennesima pioggia di razzi lanciati da Hamas dalla striscia di Gaza sul territorio israeliano. Come sempre una parte significativa dei media occidentali ha fornito un’interpretazione totalmente distorta degli avvenimenti. In sostanza abbiamo letto, anche su quotidiani prestigiosi, che la reazione israeliana è stata eccessiva e fuori luogo. Come se Hamas avesse il diritto di colpire quando e come vuole lo Stato ebraico. Quest’ultimo, invece, non avrebbe pari diritto di reagire militarmente colpendo le basi di lancio dei razzi, e cercando di eliminare i capi della sciagurata operazione.

Al fondo troviamo la solita cattiva coscienza di una parte dell’Occidente, in particolare quella schierata in vari modi a sinistra. Già, perché la cancellazione di Israele e il proposito di “ributtare gli ebrei a mare” non sono obiettivi tipici dei soli movimenti islamisti.

Idee simili sono condivise, pur utilizzando espressioni moderate, anche da parte della sinistra occidentale. Basti pensare a certe prese di posizione dell’ex leader laburista britannico Jeremy Corbyn, che anche per questo ha condotto il Labour a una disastrosa sconfitta nelle ultime elezioni politiche svoltesi nel Regno Unito.

In realtà i leader israeliani vogliono ad ogni costo impedire la distruzione del loro Stato, ma sono al contempo disposti a dialogare con i palestinesi e l’intero mondo arabo in cambio di garanzie concrete.

Ecco dunque la partecipazione del partito moderato palestinese Ra’am, guidato da Mansour Abbas (nella foto), al nuovo governo israeliano. Conta poco, a questo punto, notare che l’operazione è stata condotta con il proposito esplicito di eliminare dalla scena politica Benjamin Netanyahu.

È stato proprio quest’ultimo, infatti, ad inaugurare la politica del dialogo con gli islamici moderati di Mansour Abbas. Conta, invece, osservare che alla Knesset i palestinesi sono sempre stati rappresentati. Godono dei diritti politici e possono eleggere al Parlamento i rappresentanti di loro gradimento.

Provate invece a immaginare uno Stato arabo dove sia possibile per gli ebrei – se ancora esistono in loco – godere di pieni diritti ed eleggere deputati in Parlamento. Forse prima o poi ci si arriverà ma, per ora, è pura fantapolitica.

Occorre dunque smettere di considerare Israele come mero bastione del cosiddetto “imperialismo occidentale” in Medio Oriente, e vederlo piuttosto come l’unico esempio di democrazia compiuta presente nell’area.

È ancora presto per capire se l’esempio di Ra’am sarà seguito da altre formazioni politiche palestinesi. Anche perché, come dimostra l’esempio degli “Accordi di Abramo”, ogni volta che nel mondo arabo qualcuno cerca di impostare i rapporti con lo Stato ebraico su basi razionali, gli estremisti – tanto sunniti quanto sciiti – si scatenano subito per bloccare ogni prospettiva di dialogo.

Nel frattempo Israele continua a cercare la normalizzazione, pur senza rinunciare all’uso della forza militare quando è necessario. E occorre pur dire che la presenza di uno Stato democratico in quest’area è un vero e proprio miracolo, e in quanto tale non cessa mai di stupire.

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