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Gli attacchi a Zangrillo svelano l’ipocrisia: anche gli scienziati, se non sono dei “loro”, vanno zittiti e delegittimati

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Non “la scienza” ma i guru, gli influencer del contagio, i testimonial della sfiga. E se il Covid-19 si spegne, come dice Zangrillo, rimangono del tutto privi di sovvenzioni pubblicitarie, dai libri alle ospitate tv alle proiezioni del potere vero… Esperimento sociale, censura, opportunismo del potere: le ragioni dell’allarmismo convergono, tutte irriferibili…

Per i grillini la scienza non esisteva, per i comunisti doveva sottostare al partito, ma la ragion politica può ribaltare tutto: dalle scie chimiche e il no-vax al super-vax, dal marxismo scientifico alla scienza come ideologia unica. Sempre cercando un nemico, oggi tocca al professor Alberto Zangrillo che dice: “Il virus è clinicamente spento”, e tutti, subito: criminale, irresponsabile, pazzo! Zangrillo ha fornito una bella notizia, ha parlato sulla base di una ricerca del San Raffaele, di cui è tra i massimi luminari. Ma che fa? “Ah, ma quello è il medico di Berlusconi”. E con ciò? Non è proprio così, è che, essendo Zangrillo uno scienziato assai quotato, Berlusconi ha potuto permettersi di affidargli la propria salute. “Ah, ma il San Raffaele lo ha costruito Berlusconi con quel corrotto di don Verzé”. Uno sente roba del genere e gli passa anche la voglia di polemizzare, l’unica conclusione possibile essendo la seguente: i comunisti, o i grillocomunisti, sono dementi in libera uscita, oltre la malafede.

Zangrillo rincara la dose: “Non mi pento di averlo sostenuto, le cose stanno così e sono più scienziato io di tanti che si agitano in televisione”. E sarebbero per l’appunto quelli che le hanno diabolicamente sbagliate tutte, che irridevano la prudenza quando serviva e adesso irridono la voglia di normalità che serve più che mai. Sempre sulla base di vaticini sbagliati, c’è Ilaria Capua che, dalla Florida, passa tutte le televisioni italiane, alla modica cifra – così abbiamo letto su diverse testate – di 2.000 euro più Iva ogni 10 minuti (“oltre, la fee sale”) per dire l’esatto contrario di quello che ha sostenuto nella trasmissione precedente. “Ah, questo Zangrillo è targato politicamente”. Lui? La suddetta Capua è stata in Parlamento con quella catastrofe deambulante di Mario Monti; Burioni, sempre sul bilico di una  candidatura, è stato lanciato da Matteo Renzi come il migliore ministro della sanità possibile; Ricciardi è uomo di pubbliche relazioni, ha o aveva incarichi politici ovunque dalla Oms cinese alla Ue tedesca fino alla burocrazia nazionale. Anche gli altri hanno targhe, sostegni, agganci. Ma oggi sono questi a comandare, il che, come noto, procura orgasmi imbattibili. Non “la scienza” ma i guru, gli influencer del contagio, i testimonial della sfiga. E se il Covid-19 si spegne, come dice Zangrillo, rimangono del tutto privi di sovvenzioni pubblicitarie, dai libri alle ospitate televisive alle proiezioni del potere vero.

“Ma taccia quello Zangrillo” dice la Lorenzin, anche lei affiorata dai trojan palamareschi, “che non è neanche un virologo”. In compenso Zangrillo dirige il Dipartimento di terapia intensiva del San Raffaele, quanto a dire uno che col coronavirus ci è stato a tu per tu nella fase più critica. C’è bisogno, more solito a sinistra, di un nemico e per oggi Zangrillo va benissimo, domani il dio dei trinariciuti provvederà e si capisce: hanno tentato l’esperimento sociale, hanno visto che è andato oltre le più rosse previsioni, il corpo sociale si è dimostrato permeabile, suggestionabile, disciplinato nel terrore, ancora oggi sono tantissimi quelli che vivono con una patetica mascherina addosso. Il lockdown serve, è servito a trasformarci in automi, a testare la resistenza mentale, scarsissima, dei cittadini: quando, come si augura la compagnia della buonamorte dei virologi, dei manager, dei parassiti, dei politici, dovesse tornare una nuova ondata, o peggio un altro contagio, unica cosa in cui la Cina pare creativamente attrezzata, che altro ci aspetta?

Il professor Paolo Becchi conclude il suo recentissimo libro sull’esperimento sociale italiano con una considerazione amara: ad uscirne contagiata è stata la democrazia, dimostratasi con anticorpi scarsissimi e con troppi smaniosi di minarla. Nella più spregiudicata messa da parte della altrimenti sacra Costituzione, si potrebbe aggiungere, e nella distrazione sconcertante di chi avrebbe dovuto tutelarla. Ma anche questo si capisce, lo scandalo Csm, talmente epocale da ricordare e forse superare la P2, è uscito esattamente un giorno dopo la fine del lockdown, il che è del tutto comprensibile per chi si occupa di giornali: non si poteva affrontare un tema così immane, per gravità ed estensione, nel ben mezzo di uno stato di emergenza, vera o procurato che fosse. Ed era precisamente questo che si voleva evitare, prendendo tempo, nel segno dell’angoscia, per ritardare il più possibile la fuoruscita della melma. Fino a trovare un modo per tenerla sommersa. Esperimento sociale, censura, opportunismo del potere: le ragioni dell’allarmismo convergono, tutte irriferibili. Ma l’asse grillopiddino sostenuto da giornali grandi e piccoli dovrebbe preoccuparsi per il malaffare che sempre più lo risucchia per via giudiziaria, più che di trovarsi sempre nuovi nemici.

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