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Il coraggio di al-Rahi smuove Beirut: convocato l’ambasciatore iraniano per protestare con Teheran

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Qualcosa di unico nella storia recente è accaduto in queste ore in Libano: per la prima volta, il Ministero degli esteri libanese ha convocato l’ambasciatore iraniano a Beirut, non per esprimere sottomissione verso Teheran, ma per protestare ufficialmente contro la Repubblica Islamica.

Quanto accaduto è frutto di ciò che vi abbiamo raccontato in questi ultimi giorni, ovvero delle coraggiose prese di posizione pubbliche da parte del Patriarca maronita Bechara al-Rahi. Come ricorderete nell’ultimo mese – notizie che in Italia solo Atlantico Quotidiano vi ha riportato – al-Rahi ha pubblicamente condannato l’interferenza iraniana in Libano, il rifiuto di Hezbollah di deporre le armi e la corruzione nel Paese. Non solo: al-Rahi ha chiesto la convocazione di una conferenza internazionale per garantire la neutralità del Libano e si è detto a favore del dialogo di pace con Israele, fondato sul principio del piano di pace arabo promosso al summit di Beirut nel 2002 e, indirettamente, degli stessi Accordi di Abramo.

Le coraggiose parole di al-Rahi, ovviamente, erano state condannate dai terroristi di Hezbollah, che sono scesi anche in piazza a Beirut, allo scopo di minacciare e intimidire gli avversari. Alle condanne interne, però, si sono aggiunte anche quelle provenienti indirettamente da Teheran: qualche giorno fa, infatti, il quotidiano iraniano in lingua araba Al Alam ha pubblicato un articolo in cui, in poche parole, accusava il Patriarca maronita di volere una normalizzazione dei rapporti con Israele – che a Teheran significa sottomissione al nemico sionista – e che queste posizioni erano il frutto di pressioni di gruppi di destra noti per le loro relazioni con lo Stato ebraico.

Ancora una volta al-Rahi e la comunità maronita non si sono fatti intimorire. Il Patriarca libanese ha duramente condannato le accuse provenienti da Teheran e ha chiesto al governo di agire immediatamente per rimettere il regime iraniano al suo posto. Le proteste hanno costretto il ministro degli esteri libanese, Charbel Wehbe, a convocare l’ambasciatore iraniano a Beirut, Mohammad-Jalal Firouznia, al fine di protestare ufficialmente contro l’articolo pubblicato da Al Alam. Intervistato da una radio locale, il ministro Wehbe ha anche affermato che Teheran ha già presentato le sue scuse ufficiali al Patriarca maronita.

Quanto accaduto dimostra l’attuale estrema debolezza politica di Hezbollah, da anni ormai screditato all’interno del Paese e di fatto accusato da più parti di essere responsabile delle drammatiche esplosioni di Beirut. A questo punto, però, ciò che manca è un forte sostegno internazionale al Patriarca Al-Rahi, al fine di rafforzare la sua posizione interna, contro chi come Hezbollah rifiuta di disarmarsi – in barba alla risoluzione 1701 dell’Onu – e porta avanti l’agenda di un attore estero, quella iraniana. Un sostegno dovrebbe arrivare in primis dall’Italia e dai Paesi coinvolti nella missione Unifil 2, ma anche dal Vaticano, dopo l’importante viaggio del Papa in Iraq e l’incontro con l’ayatollah al Sistani, noto per le sue posizioni contrarie al khomeinismo. Sarebbe anche fondamentale che, seguendo l’esempio tedesco e di altri Paesi europei, anche l’Ue decidesse di includere tutto Hezbollah all’interno della lista delle organizzazioni terroristiche, chiarendo che nessuna sua attività sarà ritenuta solo “politica”, fino a quando il gruppo terroristico libanese non deporrà le armi e smetterà di minacciare Israele.

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