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Il nuovo premier del Giappone, Yoshihide Suga, sulla strada tracciata da Shinzo Abe

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È terminato, in Giappone, il lunghissimo periodo di governo di Shinzo Abe, premier nel 2006-2007 e poi dal 2012 al 2020. Costretto a lasciare per motivi di salute dovuti al logorio dell’attività politica, Abe è riuscito in questi anni a ritagliarsi un ruolo di rilievo nello scenario politico internazionale.

Ha tra l’altro promosso il riarmo giapponese sfidando la componente pacifista presente nella popolazione del suo Paese, e ha stretto alleanze con tutte le nazioni vicine timorose dell’espansionismo e dell’aggressività della Cina di Xi Jinping. In questo senso è riuscito a restituire al Giappone un’importanza politica, e non solo economica come accadeva in precedenza.

La partita con la Repubblica Popolare Cinese, tuttavia, è tuttora aperta. Esiste tra i due Paesi un contenzioso circa la sovranità giapponese sul piccolo arcipelago delle isole Senkaku, collocato in una posizione strategica e rivendicato pure da Taiwan. Ma il contenzioso è assai più vasto, giacché – com’è noto – la Cina rivendica anche porzioni dell’Oceano Pacifico che, secondo il diritto internazionale, sono aperte e non appartengono ad alcun Paese specifico.

È interessante notare che il successore del 65nne Abe è un uomo più anziano di lui. Si tratta di Yoshihide Suga, 72 anni. Poco noto all’estero ma conosciuto in Giappone per la sua lunghissima esperienza politica e amministrativa. Capo di Gabinetto dello stesso Abe, è stato anche ministro dell’interno e delle comunicazioni. La sua intera carriera si è svolta nel Partito liberaldemocratico di maggioranza, di cui ora è diventato il capo succedendo proprio a Shinzo Abe.

Il suo volto diventò noto quando, lo scorso anno, in occasione dell’abdicazione dell’imperatore Akihito, fu lui ad annunciare il nuovo kanji, vale a dire l’ideogramma della nuova era imperiale (che si chiama Reiwa). Compito solo apparentemente modesto, considerato il prestigio di cui la dinastia imperiale continua a godere tra la grande maggioranza del popolo.

Suga è comunque, rispetto ad Abe, un uomo modesto e di umili origini. Non appartiene a nessuna delle grandi famiglie che hanno dominato il Partito liberaldemocratico dal Dopoguerra in poi. È molto attaccato alle antiche tradizioni nipponiche, tanto da rivolgersi alla moglie soltanto con il tradizionale linguaggio onorifico (il keigo). Ha dunque una visione del mondo giudicata antiquata che, però, sembra piacere alla maggioranza dei suoi compatrioti.

Ora si troverà ad affrontare alcune questioni spinose che erano già il cruccio di Shinzo Abe. Per esempio il marcato declino demografico, assai simile a quello italiano. E poi un’economia piuttosto stagnante, le cui condizioni si sono aggravate con la pandemia dovuta al coronavirus.

Poiché Suga non è mai stato uomo di primo piano nella scena politica nipponica, sarà interessante vedere come affronterà i rapporti con la Cina, che verso il Giappone ha dato negli ultimi anni molti segni di insofferenza. Sembra inoltre assai probabile che continui a procedere verso il rapido riarmo che Abe ha promosso sfidando a più riprese i pacifisti. In ultima analisi, comunque, è chiaro che il riarmo giapponese è una conseguenza della politica sempre più espansionistica praticata da Pechino negli ultimi tempi. Politica che, inoltre, ha spinto ad avvicinarsi a Tokyo molte nazioni che subirono nell’ultima guerra l’occupazione non certo morbida delle armate imperiali.

Vedremo ora se Suga deciderà di ripetere un gesto simbolico che Abe aveva già compiuto sfidando le critiche internazionali. Nel centro di Tokyo, a breve distanza dalla Meiji University che ho avuto occasione di visitare, si trova il celebre santuario di Yasukuni, immerso in un grande parco e con gli enormi torii tipici dei templi shintoisti che lo indicano con chiarezza anche in lontananza.

Lo shintoismo è la religione autoctona del Giappone, quella che l’intera popolazione praticava prima che buddhismo e confucianesimo venissero introdotti dal continente asiatico. Semplificando molto, si tratta di una forma di animismo sofisticato, con una ricchissima mitologia che la rende per molti versi simile al politeismo. Importanti sono metodi e rituali, che mettono in relazione gli esseri umani e i kami, gli spiriti della natura che popolano l’intero universo e attraverso la natura stessa si esprimono.

Ebbene, Yasukuni balzò agli onori delle cronache perché Shinzo Abe (come del resto altri prima di lui) vi si recò in visita. Lì si onorano infatti le anime dei caduti in guerra per la patria e per l’Imperatore, incluse quelle di parecchi politici e generali giudicati criminali di guerra, e a volte giustiziati dopo la fine del secondo conflitto mondiale. Il santuario è insomma diventato il simbolo del rifiorente nazionalismo patriottico, soprattutto dopo il crescere costante della tensione con la Cina.

Ma Yasukuni non è un tempio scintoista come gli altri. A parte l’onore reso anche alle anime di chi venne giudicato criminale di guerra, possiede pure un magnifico museo in cui vengono conservati con estrema attenzione i cimeli di esercito, marina e aviazione imperiali risalenti all’ultima guerra mondiale. Ho visto un esemplare del celebre caccia Zero Mitsubishi che dominò per almeno due anni i cieli del Pacifico prima dell’avvento dei nuovi aerei americani. Molte bandiere imperiali, diverse da quella attuale, con i raggi rossi del sole che si espandono in ogni direzione. Parecchi cannoni usati per espugnare le piazzeforti inglesi di Hong Kong e Singapore. Spade da samurai appartenenti ad alti ufficiali. E i souvenir della corazzata Yamato, ammiraglia della flotta imperiale di Yamamoto, vanno a ruba tra i visitatori giapponesi e stranieri.

Avrà Suga lo stesso coraggio dimostrato da Abe, andando a Yasukuni a onorare la memoria di tutti coloro che caddero in battaglia pronunciando il nome dell’Imperatore? Un gesto simbolico, certamente, ma anche di alto significato per testimoniare la continuità dello spirito e delle tradizioni del Paese.

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