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Il tweet della vergogna: Pechino strumentalizza la sofferenza degli italiani per fare propaganda

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Se non fossimo in una situazione così drammatica da tutti i punti di vista – sanitario, economico e politico – avremmo potuto anche seppellirli con una risata.

Ma no, dopo oltre 1.800 vittime e l’intero Paese bloccato a casa, danni economici per decine di miliardi, non possiamo proprio sorvolare su alcuni vergognosi tweet di esponenti del governo e media di Pechino nella giornata di ieri, che chiaramente si inseriscono nella controffensiva propagandistica del regime di cui abbiamo già parlato qui su Atlantico nei giorni scorsi (1, 2).

La portavoce del Ministero degli esteri cinese, direttore generale del Dipartimento informazione (leggi: propaganda), Hua Chunying, ha pubblicato sul suo profilo Twitter un video girato a Roma, zona San Giovanni, in cui si vedono alcuni italiani affacciati alle finestre e sui balconi applaudire, alle 12 di sabato, mentre in sottofondo si sente un audio distorto dell’inno della Repubblica Popolare (probabilmente proveniente dallo stesso telefono usato per filmare la scena). Nel testo del tweet si spiega in pratica che gli italiani escono sui loro balconi sulle note dell’inno nazionale cinese per ringraziare la Cina dell’aiuto contro il coronavirus:

“Mentre l’inno cinese risuona a Roma, gli italiani gridano ‘Grazie, Cina!’. In questa comunità con un futuro condiviso, condividiamo gioie e dolori insieme”.

Ad essere sinceri, non è nemmeno ben udibile la voce che griderebbe “Grazie, Cina!”. Poco cambia, perché tutti sappiamo che ogni giorno alle 12 e alle 18 gli italiani escono sui loro balconi o si affacciano alle loro finestre per applaudire e ringraziare non la Cina, ma i medici, gli infermieri e il personale ospedaliero impegnato nella durissima lotta contro l’epidemia di coronavirus che Pechino, con la sua risposta inadeguata e irresponsabile, ha esportato in tutto il mondo.

Insomma, il nostro grazie quotidiano ai nostri medici e infermieri viene fatto diventare dalla propaganda cinese un “grazie Cina”, gli italiani resi strumenti inconsapevoli della disinformatia del regime comunista di Pechino solo per aver acquistato del materiale sanitario e accettato il supporto di una squadra di medici.

Il video è stato twittato anche da un altro portavoce del Ministero degli esteri cinese, il numero due Lijian Zhao, lo stesso che accusa l’esercito americano di aver portato il virus a Wuhan:

“A Roma, mentre suona l’inno cinese, alcuni italiani hanno gridato ‘Grazie, Cina!’ dai loro balconi e i loro vicini hanno applaudito a lungo”.

Anche il Global Times, testata in lingua inglese del partito, sul suo profilo Twitter ha rilanciato il video con queste parole:

“L’inno nazionale cinese è stato suonato da italiani dai loro balconi a Roma sabato per esprimere gratitudine per l’assistenza della Cina nella battaglia contro il Covid-19“.

Ma da dove arriva questo breve filmato? È stato pubblicato su Twitter sabato da un utente che sembra essere una ragazza italiana di origini cinesi, con un testo un po’ meno gonfiato (“oggi a Roma è risuonato anche l’inno cinese e qualcuno alla fine ha urlato ‘grazie Cina’ dal proprio balcone…”), ma come lei stessa spiega “è stato girato dai ragazzi della pagina (Facebook, ndr) Unione Giovani Italo Cinesi“. Si tratta dell’associazione di italo-cinesi che si è distinta, tra fine gennaio e inizio febbraio, nella campagna contro le discriminazioni ai danni di cinesi, sostenuta anche dall’Ambasciata cinese a Roma, che come ricorderete sembrava in cima alle preoccupazioni delle nostre istituzioni, fino al Colle più alto, in relazione all’emergenza coronavirus.

Questi tweet, usciti dal Ministero degli esteri cinesi, non da un troll o da un blog, e quel video probabilmente confezionato con l’assenso, come minimo, dell’Ambasciata a Roma, dovrebbero aprire gli occhi sul livello di menzogne e propaganda di cui è capace un regime che ricorre ad una simile mistificazione.

Si può lasciare che in questo momento di sofferenza gli italiani siano strumentalizzati in questo modo? Non è forse il caso che la Farnesina intervenga?

Il combinato disposto della cattiva informazione italiana e della propaganda di Pechino può essere un cocktail letale per chi lo assume. Così in questi giorni abbiamo assistito a casi surreali di politici, commentatori e persino virologi, ma anche persone comuni, che ne sono rimasti intossicati. Dall’alto dei nostri successi (1.800 morti fino a ieri), ci permettiamo di dare dei pazzi criminali a Johnson e Trump, e di ironizzare sui loro piani, mentre corriamo a sposare il “modello Wuhan” senza alcuna possibilità nemmeno di verificare cosa sia veramente accaduto da quelle parti e dimenticandoci delle gravi responsabilità del Partito comunista cinese nella diffusione del contagio in Cina e nel mondo. Fino a ieri andavano a farsi gli aperitivi, invitavano tutti a non fermarsi, oggi gli incoscienti sarebbero il premier britannico e il presidente americano…

Tra l’altro, sebbene con una diversa dosatura di misure, le strategie di tutti i Paesi sembrano mirare a rallentare la diffusione del contagio, sperando nell’immunità di gregge e permettendo così ai propri sistemi sanitari di non collassare. Dunque, se aver avuto il virus non rende immuni, sarà un guaio per tutti, a prescindere dai piani adottati, perché il contagio si ripresenterà in diverse ondate. E mentre le misure hard, come quelle adottate dal governo italiano, sono insostenibili nel lungo periodo, quelle soft possono essere prolungate. Sebbene si paghi lo scotto di procedere in ordine sparso, un po’ alla rinfusa, occorre a nostro avviso avere più fiducia nel confronto virtuoso tra risposte diverse, potendo in futuro imparare dal meglio di ciascuna, che in una risposta uniforme che, se sbagliata, rischia di condannare tutti.

Resta francamente molto poco credibile che in tre settimane l’Italia abbia superato la metà dei decessi totali dichiarati da Pechino in almeno tre mesi di epidemia, soprattutto considerando che Xi Jinping ha avvertito i suoi cittadini del nuovo virus solo il 20 gennaio e decretato il lockdown di 40 milioni di persone il 23, solo dopo che almeno 5 milioni di residenti a Wuhan avevano già viaggiato nel resto del Paese e all’estero per il Capodanno cinese.

Alcuni punti fermi però li abbiamo. La pandemia di coronavirus è partita dalla Cina, il governo di Pechino ha tentato di insabbiare ciò che stava accadendo a Wuhan nelle prime cruciali settimane, e ha comunicato numeri fasulli impedendo al resto del mondo di avere una corretta percezione della minaccia. E ora ha dato il via a una controffensiva propagandistica per accusare gli Stati Uniti di aver messo in giro il virus e presentarsi come modello per sconfiggerlo, facendo leva sui Paesi più deboli e in difficoltà, come l’Italia, il ventre molle dell’Occidente, dove può contare su un corposo e influente “partito cinese”.

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