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La caccia all’uomo bianco privilegiato ha più gusto se la preda è di destra

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Un editoriale del Guardian su David Cameron dimostra che non c’è pietà nemmeno davanti ad un dramma personale se il nemico è un conservatore. E un vecchio caso italiano ricorda che a sinistra non si fanno sconti alle donne di colore se può aiutare la causa

Giovedì scorso il primo ministro canadese Justine Trudeau ha chiesto scusa perché in occasione di una festa in costume del 2001, ispirata alle notti arabe e organizzata dalla scuola in cui insegnava, si è presentato con la faccia truccata di nero. Lo scatto incriminante era stato pubblicato nelle ore precedenti dalla rivista americana Time e, pur cercando di minimizzare l’accaduto, dichiarando che non c’era alcuna intenzione razzista dietro alla scelta, Trudeau ha quindi aggiunto: “Sono arrabbiato con me stesso, sono veramente pentito”. Anche un nuovo paladino del pensiero liberal come il leader canadese ha dovuto quindi espiare mediaticamente la sua colpa per un innocente gesto compiuto quando aveva 29 anni. Deve però considerarsi tutto sommato fortunato: certo, la storia è saltata fuori nel pieno della campagna elettorale per farsi rieleggere, ma il clamore non ha raggiunto picchi tali da comprometterne l’immagine.

Trudeau è giovane, moderno, innovativo, simpatico e non è un conservatore, un reazionario – e soprattutto non un sovranista. Ad altri è andata peggio perché oltre ai capi di accusa di essere bianchi ed economicamente privilegiati, non erano abbastanza o del tutto progressisti. Il clima che si respira in certi ambienti culturali non è dei migliori. Nelle università americane e britanniche l’isteria liberal e radicale ha preso di mira professori, ex alunni, investitori e addirittura i centenari padri fondatori perché “white privileged men” e dunque razzisti e classisti – il dibattito a riguardo non è concesso, gli accusatori possono contare sulle safe zones dove gli obiettori alle loro tesi non sono ammessi. Il mondo editoriale, che spesso ospita firme di peso provenienti da quello accademico, non è da meno, che si tratti di tendere trappole – come ha fatto la rivista The New Statesman con un’intervista manovrata ad arte al filosofo Roger Scruton – o di esprimere un’opinione su un personaggio tornato alla ribalta come David Cameron, l’ex primo ministro conservatore britannico impegnato nel lancio delle suo memorie “For the record”.

Nella scorsa edizione domenicale del Guardian, quotidiano fonte di ispirazione per gli ambienti di sinistra, Cameron veniva tratteggiato come un irresponsabile, un privilegiato che non si è mai reso conto degli effetti devastanti delle sue politiche di austerità economica, un arrivista cresciuto nella bambagia, un classista tecnocratico. Uno che anche nel dolore ha potuto contare su un dispiacere “privilegiato”: durante il suo soggiorno a Downing Street, Cameron ha perso il figlio di sette anni malato di epilessia. Un colpo basso di pessimo gusto, una totale mancanza di tatto che se fosse apparsa sulle colonne di un tabloid come il Daily Mail con riferimento a qualche personaggio della sinistra borghese londinese avrebbe scatenato un’indignazione incontenibile e campagne di boicottaggio. Invece al Guardian hanno provato a salvare la faccia facendo sparire dalla versione digitale del pezzo la frase incriminata perché “l’originale non rispettava i nostri standard”. Come se davvero nessuno avesse letto l’editoriale prima di renderlo pubblico notando quel pessimo passaggio. Come se esistessero davvero degli standard quando si tratta di dare la caccia all’uomo bianco privilegiato di destra.

O alle donne di colore che stanno sulla barricata sbagliata. Dagli archivi italiani: “Condoleeza Rice, indubitabilmente nera e senza alcun dubbio donna, certamente afflitta da una vita di mestruazioni a cui, probabilmente, data l’età, è seguita la mai troppo rimossa menopausa”, Lidia Ravera su l’Unità del 25 novembre 2004, attaccando l’allora consigliere per la sicurezza nazionale di Bush Jr. E ancora: “Condoleeza, con quelle guancette da impunita, è la lider maxima delle donne-scimmia”. Non vuole essere una character assassination, ma solo un esempio tra tanti se non addirittura un suggerimento involontario per la scrittrice torinese: potrebbe replicare il gesto di Trudeau e dirsi immensamente dispiaciuta, fare spallucce come il Guardian e infilarsi in qualche manifestazione politicamente corretta per espiare le proprie colpe. E continuare tranquillamente a coltivare quell’irrefrenabile istinto razzista che a sinistra hanno verso “gli altri”.

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