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La difesa dei cristiani perseguitati in tutto il mondo un dovere innanzitutto per liberali e laici

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Difendere la libertà religiosa e lottare affinché ogni credo non subisca vessazioni più o meno esplicite, minacce o, peggio, aggressioni sanguinarie, è un dovere, checché se ne pensi, anzitutto liberale e laico. Rispettare inoltre l’identità e le radici di un popolo, è o perlomeno dovrebbe essere materia più per i tolleranti e i liberaldemocratici che per gli integralisti di qualsiasi tipo. Coloro i quali si rendono responsabili di sciocche forzature, come la rimozione dei crocifissi dagli uffici pubblici o i divieti di allestire presepi nelle scuole, per non urtare i figli di immigrati musulmani, non aiutano affatto a migliorare la convivenza fra culture diverse, bensì fanno soltanto del male, sia agli ospitanti che agli ospitati. Se riceviamo un amico in casa nostra, non annulliamo certamente la nostra personalità per farlo sentire a proprio agio. La difesa dell’identità, anche religiosa, se spinta da un approccio di fondo liberale e laico, non conduce allo Stato etico e confessionale.

Oggi è divenuto quanto mai urgente, proprio per i liberali e i laici, proteggere i cristiani di tutto il mondo, cattolici e non. Il segnale drammatico è giunto il giorno di Pasqua dallo Sri Lanka, dove terroristi islamici locali, probabilmente aiutati da una rete internazionale del terrore, tramite kamikaze e bombe piazzate in chiese ed alberghi, hanno spezzato la vita a 300 innocenti, colpevoli solo di essere cristiani e, in quanto tali, di festeggiare la resurrezione di Gesù Cristo. I feroci attacchi avvenuti a Colombo, capitale dell’isola, sono solo gli ultimi, purtroppo, di una lunga serie di stragi compiute dal terrorismo islamico, sia attraverso gruppi locali che con il supporto di elementi esterni, e sempre a danno di fedeli e anche religiosi cristiani. Spesso durante le festività cristiane, come accaduto nello Sri Lanka, gli integralisti hanno fatto scorrere, negli ultimi anni, parecchio sangue in diversi Paesi. Dalla Nigeria, dove agisce Boko Haram, all’Egitto, in cui i cristiani copti vengono presi di mira. Dallo Yemen al Pakistan, fino ad arrivare alle Filippine. Senza contare poi gli incendi appiccati alle chiese e anche alle sinagoghe in Francia, i quali finora non hanno causato vittime, ma rappresentano in ogni caso un segnale inquietante da non sottovalutare.

Non ha detto alcuna fesseria chi si è permesso di invitare le autorità francesi a non escludere a priori la pista terroristica circa il rogo della cattedrale di Notre Dame. Il terrorismo islamico, come ha ricordato il segretario di stato Usa Mike Pompeo, rimane una minaccia. Non è facile estirparlo in tutti gli angoli del pianeta, ma la battaglia diventa ancora più difficile quando il politicamente corretto di alcuni, il quale è più stupido che corretto, impedisce addirittura di pronunciare o scrivere i termini “islamico” e “cristiano”. È impossibile liberare il mondo dall’odio e dalla violenza religiosa, mettendo la testa sotto la sabbia. E non è di grande aiuto, per i cristiani massacrati nelle varie latitudini, un Pontefice monotematico, che non sa o non vuole andare oltre una retorica faziosa e surreale su immigrazione, sedicente ambientalismo e diritti sindacali.

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