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La furia iconoclasta si abbatte anche su uno dei simboli dei Beatles: così possono cadere tutti i grandi del rock

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Riceviamo e volentieri pubblichiamo una riflessione di Caterina Burgassi

La furia iconoclasta non ha risparmiato neanche le targhe di Penny Lane a Liverpool, strada divenuta uno dei simboli iconici dell’universo beatlesiano. I nuovi censori del pensiero unico e politicamente corretto hanno dato per scontato che la strada portasse il nome di James Penny, mercante di schiavi, riferimento che però non ha mai trovato alcuna conferma. Stiamo attenti, perché si comincia imbrattando, per di più ignorando il vero significato di statue e simboli del patrimonio storico-culturale, ultima la statua di Giulio Cesare in Belgio, e si finisce per epurare tutto ciò che può apparire “difettoso” agli occhi degli interpreti del pensiero unico, fino ad arrivare ad ottenere un tempo eternamente presente, perfettamente conforme, come accade nella distopia orwelliana di “1984”.

Oggi si imbratta Giulio Cesare, domani non si potrà non provvedere a censurarne le opere; oggi si deturpa la targa di Penny Lane, il passo successivo è quello di bandire l’omonima canzone e quello dopo ancora sarà censurare gli stessi Beatles. Anche il Rock ‘n’ Roll è sotto attacco, “look out you rock ‘n rollers” (ammesso che ne siano rimasti) avvertiva Bowie, state attenti. Il Rock ‘n’ Roll è stato ed è il simbolo della libertà, libertà d’espressione e di pensiero, libertà di provocare e sconvolgere e proprio per questo tra la fine degli anni ’60 e l’inizio dei ’70 cambiò il mondo a suon di chitarre distorte che abbattevano, accordo dopo accordo, lo status quo e la censura. Non discuteremo sulla vociferata morte del rock, piuttosto di come questo possa essere minuziosamente vagliato dalla censura del politicamente corretto che guida l’ondata autoproclamatasi “rivoluzionaria”, ma che tanto rivoluzionaria non appare essere, se viene veicolata e amplificata dallo sistema mediatico mainstream.

Dopo aver bandito i Beatles per aver cantato di una strada che si crede essere stata intitolata ad un mercante di schiavi, ci si potrebbe avventare contro Sid Vicious, ad esempio, per essere andato in giro provocatoriamente indossando una maglietta con una svastica. E così, tanti saluti anche ai Sex Pistols. Dovremmo cominciare a nascondere gli album dei Motorhead, perché Lemmy Kilmister, notoriamente interessato ai simboli nazisti, potrebbe non piacere ai paladini del politicamente corretto; non si salverebbe neanche il meno sospetto David Bowie, chi può scordarsi del suo saluto a braccio teso davanti alla Victoria Station ai tempi del suo “Thin White Duke”? Agli animalisti potrebbe non piacere Ozzy Osbourne, che non solo staccò a morsi “accidentalmente” la testa di un pipistrello sul palco, ma nella stessa modalità, e stavolta volontariamente, anche la testa di una colomba durante un meeting con la Cbs; per non parlare della volta in cui, allucinato dall’alcol, quasi uccise sua moglie Sharon: le femministe potrebbero metterlo al rogo e con lui i Black Sabbath. Prepariamoci a dire addio allora anche agli Ac/Dc, nessun riff iconico alla “Back in black” risuonerà più, essendo il loro un universo popolato da strippers e donne dai facili costumi – pensiamo ai live durante i quali sulle note di “Whole Lotta Rosie” sul palco viene gonfiata un’enorme figura femminile in intimo che cavalca rozzamente un treno. Offensivo. Da censurare. Cosa ne sarà dei Ramones che cantavano “I’m a Nazi schatzi / You know I fight for the  Fatherland”? Oltraggiosi, come oltraggioso il riferimento alla guerra lampo tedesca “Blitzkrieg” in quello che è diventato il loro inno. Via tutto. Non potremo più ascoltare neanche gli Oasis in quanto i fratelli Gallagher sono l’ultimo baluardo del politicamente scorretto, basti pensare al “basta parlare di debito pubblico e Africa” pronunciato da Liam mentre si scagliava contro le rockstar che pontificano dai loro attici, primo tra tutti, Bono.

Questo è quello che molto probabilmente accadrebbe se la furia del politically correct non venisse fermata in tempo: è in pericolo la storia e della “Grande Storia”, è inutile negarlo, fa parte anche il Rock ‘n’ Roll, lo stesso rock che cambiò il mondo e che ancora oggi regala brividi e forse un po’ di sana nostalgia a chi lo ascolta. Una volta abbattuta la storia vivremo in un silenzioso eterno presente ma dovremmo aver imparato che così “the film is a saddening bore / ‘cause we wrote it ten times or more / It’s about to be writ again…”.

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