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Le nuove ossessioni degli immigrazionisti

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Signore e signori, attenzione, fermi tutti: c’è da riscrivere la storia. E anche le favole: Biancaneve, Cenerentola e compagne belle hanno stufato; già sono imperdonabilmente bianche, slavate, poi adesso vien fuori che sono anche sottomesse, rinunciatarie, opportuniste, non hanno coscienza femminista, forse sono addirittura trumpiane: c’è un incredibile, ma neanche tanto, dibattito in America, ne dà notizia l’ottima Maria Giovanna Maglie su Dagospia. Biancaneve non è accettabile, così schiavizzata, costretta a lavare i minipedalini a ben 7 nani, uomini, maschi. Avvertire prego anche quel fascista sessista machista di Nanni Moretti, che in “Caro Diario” ironizzava in modo intollerabile su una fantomatica versione porno della fiaba immortale: “Biancaneve e i 7 negri”. Anche peggio, se possibile, Cenerentola, che si lascia salvare da un principe, un ricco invece di riscattarsi da sola. Senza contare che questa storia dei baci che le svegliano, tutte, ha del criminale: è violenza, è stupro, non si bacia una senza il suo consenso, neanche se è in coma, neanche se il bacio è l’unico antidoto per restituirla alla vita. Vogliamo scherzare? Meglio morte che baciate.

Maglie nella sua cronaca va, purtroppo per noi, anche più in là: “Cito per esempio un editoriale dell’inglese Guardian nel quale si sostiene che se uno si sente nero è nero, e basta con i vecchi schemi tanto per il genere quanto per la razza. D’altro canto, il sindaco di New York, Bill De Blasio non ha forse autorizzato che due genitori possano andare all’anagrafe e denunciare il neonato come X, ovvero nè maschio nè femmina? Non vengono regolarmente pubblicati per esempio sul New York Times pensosi editoriali di professori e professoresse molto progressisti delle Università della East Coast, spesso bianchi, nei quali editoriali si teorizza che essere bianco implichi in sé colpevolezza, vuoi perché sei figlio di schiavisti vuoi perché hai votato Trump, vuoi perché ti accoppi con bianchi e generi altri bianchi?”.

Poi magari nella tensione al demenziale puro, nella sindrome da “l’importante è esagerare” ci scappano le false Pochahontas, le finte Cherokee, le pseudo Angela Davis, ma che fa? L’importante è “sentirsi”, in spregio al princìpio di realtà. E anche di lealtà, come quando si tirano fuori asserite violenze fermentate da una trentina d’anni, alle festicciole liceali, così riassunte: “Eravamo tutti fatti, ubriachi, lo ero anch’io, non ricordo niente ma sono assolutamente sicura fosse lui”. E lui sarebbe il giudice Kavanaugh, il trumpiano, e cosa aveva fatto? “Mah, mi aveva appoggiato una mano, qualcosa, da qualche parte ed io mi sono sentita abusata”. Una vaccata del genere ha tenuto banco per settimane, ha impegnato organi giudiziari, ha assorbito l’attenzione dei media globali prima di finire come doveva finire e cioè in una bolla insaponata (absit injuria verbis). A questa stregua bisognerebbe carcerare a vita l’intero genere maschile sfigato, che poi è l’obiettivo, scoperto, delle Pochahontas e delle metoo; ma se a quel punto io dico che non “mi sento” più un maschio sessista ma un canguro, una betoniera, un algoritmo, l’Uomo Ragno, mi salvo? L’Uomo Ragno, a proposito: lo rifanno colored, giusto, basta con le discriminazioni di quei reazionari di Stan Lee e Steve Ditko che se l’erano immaginato bianco e nerd nel 1962, la storia si riscrive (va detto, però, che la cosa non funziona in doppio senso: se io italiano, terroncello, discretamente pigmentato, ma niente di che, “mi sento”, dunque mi credo di essere, Muhammad Ali, resto un povero stronzo: e, alla prima occasione, rimedio, giustamente, una fracca di botte).

Noialtri italioti da queste parti facciamo sempre un po’ la figura dei provinciali dell’impero, però a nostro modo ci difendiamo. Prendiamo la santificazione del sindaco comunardo di Riace, il faccendiere confesso che “salvava” le schiave africane maritandole a vecchi bavosi, stampava i soldi del Monopoli e incassava 10 milioni dallo Stato. Uno così può andare alla televisione di stato, ospite della coschetta sociale Fazio, Saviano eccetera, senza contraddittorio, in odore di perseguitato dal fascismo e gli danno la tessera onoraria di partigiano, questa sorta di passepartout morale.

Oppure prendiamo la Italvolley femminile, le cosiddette “ragazze terribili”: ragazze, ma in questi giorni si è parlato solo della stangona, la formidabile Paola Egonu (l’altra atleta black, la Myriam Sylla, quasi rimossa dall’immaginario mediatico perché brava, ottima, ma non trascendentale): subito strumentalizzata nel solito modo tra l’isterico e l’avvilente, si son lette di quelle cose manicomiali, “Paola Egonu uccide i fascisti”, come la chitarra di Woodie Guthrie, “ogni volta che rifiutiamo uno sbarco feriamo Paola Egonu”, “Avete visto, l’integrazione funziona”, come se la soluzione fosse trasformare tutti gli sbarchi in giocatori di pallavolo. E giù valanghe di maledizioni a Salvini, di invocazioni di dimissioni, “non sei degno di Paola Egonu”, manco fosse stato lui, en travesti, la giocatrice Serba dell’ultimo punto; uno annuncia la autobiografia di Paola Egonu (19 anni), un altro vuol vederla da Fazio “insieme a Mimmo Lucano” (ciao core, come dicono a Roma), non mancano rumors di una prossima candidatura Leopoldina, in un delirio dai rigurgiti controrazzisti: già le telecronache, affidate a due con evidenti problemi di crescita, erano sfacciatamente a senso unico, si parlava solo di lei, le altre delle semplici vallette, delle raccattapalle, a reggere lo strascico alla Regina, unica e sola. Fosse vivo Lucio Dalla, oggi non canterebbe più “gli uccelli dell’aria perdono le ali quando passa Nuvolari” ma “A Bruxelles, Strasburgo e all’Onu hanno orgasmi eurovisione quando schiaccia Paola Egonu”.

Così che, in tanto fanatismo, non può non arrivare la polemica all’acqua pazza, la Uliveto, responsabile, così si è detto, di crimini contro l’umanità: si cerca, si pretende un intento xenofobo nella pubblicità commemorativa che nasconderebbe dietro una bottiglia, pervicacemente, lei, la Madonna nera patavina. Siamo oltre la paranoia, anche un lunatico capirebbe che la cosa non è minimamente cercata, che sarebbe come minimo un autogol micidiale, per giunta da uno sponsor ufficiale della Nazionale; ma niente, la mandria bovina da social procede inesorabile, Uliveto rassista, Uliveto fascista: chi invita a boicottarla, chi annuncia utilmente di avere svuotato tutte le bottiglie che aveva in casa, chi vuol marciare sui supermercati con la commissione interna, chi procede a cambio di marca (la Evian griffata Chiara Ferragni, va bene?). Siamo alle scemenze piramidali, all’alienazione che procede impettita. Ma chi l’avrebbe detto che dietro il mite Alex Del Piero, storico testimonial della preclara minerale naturale, si nascondeva un suprematista bianco.

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la grande bugia verde