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L’esecuzione di Djalali potrebbe essere imminente: il ricatto di Teheran nel silenzio dell’Ue e dell’Italia

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Martedì 24 novembre, il ministro degli esteri svedese Ann Linde ha reso noto sul suo profilo Twitter di aver contattato il suo omologo iraniano, Javad Zarif, per chiedere all’Iran di non uccidere Ahmadreza Djalali, ricercatore medico iraniano in possesso anche della cittadinanza svedese, condannato alla pena capitale per spionaggio. Un appello a cui si è associata ieri anche Sophie Wilmès, ministro degli esteri belga.

Arrestato nel 2016 mentre si trovava in Iran per motivi accademici, Djalali è stato accusato di aver collaborato con il Mossad israeliano, passando loro informazioni di intelligence. Dopo alcuni mesi in arresto, aveva confessato il suo crimine e la sua confessione era stata trasmessa in tv. Poco dopo però, Djalali aveva diffuso tramite i suoi legali una lettera in cui denunciava di non aver mai lavorato per il Mossad o qualsiasi altra agenzia di intelligence straniera, ma al contrario di essere finito in carcere per aver rifiutato di diventare un agente dell’intelligence iraniana in Europa.

Purtroppo, come riportato anche da Amnesty International, Ahmadreza Djalali in carcere ha perso molti chili e il livello dei suoi globuli bianchi è molto basso, il che lo porta ad essere soggetto a numerose infezioni soprattutto di natura batterica. Per questo, gli appelli per la sua liberazione si sono moltiplicati in questi anni, anche dall’Università del Piemonte Orientale, dove Djalali ha lavorato per anni e da dove è partita la campagna mediatica in favore della sua immediata scarcerazione. 

Ora, l’esecuzione di Djalali potrebbe essere imminente, guarda caso in concomitanza con l’apertura, a Bruxelles, del processo ad un funzionario dell’ambasciata iraniana di Vienna, Assadolah Assadi, accusato di terrorismo per la pianificazione di un attentato a Parigi, per fortuna sventato, contro un gruppo di opposizione al regime, il Consiglio nazionale della Resistenza iraniana. Una rappresaglia? Un ricatto per avere indietro Assadi? Gli scambi di prigionieri tra Teheran e i Paesi occidentali sembrano all’ordine del giorno, come nei casi di Roland Marchal e Kylie Moore-Gilbert (proprio ieri).

E di ieri l’appello di alcune associazioni, tra cui la Fidu e il Global Committee for the Rule of Law “Marco Pannella”, rivolto all’Alto rappresentante Ue Josep Borrell perché si attivi con Teheran. Purtroppo, almeno sinora, è mancata drammaticamente la voce dell’Ue e, ovviamente, del governo italiano, che mai si è espresso pubblicamente in favore della liberazione di Ahmadreza Djalali. Una ambiguità purtroppo emblematica della politica italiana nei confronti di Teheran, soprattutto se si considera che nuovamente quest’anno, all’apertura della sessione annuale dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, l’Italia ha voluto ribadire il suo sostegno in prima linea alla moratoria universale contro la pena di morte. A parole, ovviamente, non costa nulla…