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Mentre Conte procede per proclami via social, che fine hanno fatto le Sardine?

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Italia ancora in quarantena. Non accenna a diminuire la pioggia di decreti emergenziali messi in campo dal governo italiano per fronteggiare l’emergenza sanitaria. Non si può contestare certamente l’assenza di operosità in quel dei palazzi del potere, né le buone intenzioni in fatto di trasparenza comunicativa: “affollatissima” la diretta-live di sabato notte del presidente Conte, ad aggiornare puntualmente la cittadinanza sulle ulteriori misure adottate, o forse no, tra cui il blocco di tutte le attività economiche “non essenziali”.

Ma non sempre ai buoni proposti corrispondono esiti positivi: il presidente deve aver ritenuto appropriato mettersi in contatto con i cittadini italiani sabato alle 23.30 per annunciare l’adozione del decreto più severo mai adottato dal Dopoguerra, prima che fosse stato realmente adottato, ingenerando notevole confusione tra imprenditori, lavoratori e non solo, sugli effetti e la portata dell’ipotetico provvedimento (eppure il precedente non è lontano nel tempo: come dimenticare la fuoriuscita di quella bozza che nei giorni scorsi ha provocato l’assalto alle stazioni e ai supermercati?). La domenica mattina successiva infatti non si è fatto attendere il vespaio di polemiche levatosi trasversalmente da opposizioni e settori della maggioranza. Non sarebbe stato più proficuo dare luogo ad una videoconferenza solo dopo aver emanato il provvedimento? E che dire delle due Camere, che sono state escluse nel momento di massima compressione delle libertà dei cittadini italiani? Mistero della fede.

La comunicazione è evidentemente un’arte che i governanti devono imparare a padroneggiare, se vogliono dare alle proprie scelte la maggiore efficacia possibile: nei mesi della campagna elettorale per le elezioni regionali in Emilia Romagna avevamo le Sardine con i loro 6 punti a porre l’attenzione sui problemi della comunicazione politica sui social, la necessità di comunicare per canali istituzionali e tanto altro politicamente corretto. Così recitava il punto 2: “Pretendiamo che chiunque ricopra la carica di ministro comunichi solamente su canali istituzionali”, e così il 3: “Pretendiamo trasparenza nell’uso che la politica fa dei social network“. Come mai però dalle Sardine, dopo tanto sforzo per sottolineare la necessità di una comunicazione attenta da parte della politica, non è arrivata neanche una parola di fronte al caso di un premier che annuncia la chiusura totale del Paese sulla base di un decreto inesistente, sabato notte, sulla sua pagina personale di Facebook? E che fine ha fatto l’antifascismo militante quando il governo ignora le Camere in un momento tanto delicato?

L’obbligo di comunicare “solamente su canali istituzionali” non sembra valere per l’Esecutivo più a sinistra della storia d’Italia. Così come non fa questione ai fini del punto 3 il fatto che uno dei due partiti di maggioranza sia espressione di una società informatica che si occupa di consulenze in materia di strategie di rete, il quale esprime un presidente evidentemente poco attento a comunicare le proprie scelte in modalità certe e rassicuranti. Del resto, essendosi volatilizzate all’indomani delle elezioni regionali, è facile dedurre che le pretese delle Sardine fossero strumentalizzate all’attacco politico degli avversari della sinistra. Tanto che in piena emergenza nazionale si preoccupano, a ben vedere dai loro canali social, non tanto della comunicazione disastrosa o di un governo italiano che gioca ad imitare il regime di Pechino, quanto piuttosto del virus del razzismo. Sic transit gloria mundi.

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