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Miliardi in progetti di cooperazione discutibili mentre in Italia si taglia la sanità e le imprese chiudono

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Arrivano dagli Stati Uniti aiuti per cento milioni di dollari. La notizia diffusa il 31 marzo ne ha fatta venire in mente una di due giorni prima, pubblicata dal quotidiano Libero in questi termini: “Quando buonismo fa rima con masochismo. L’Italia dà a Tunisia, Somalia e Bolivia milioni per combattere l’epidemia”.

È una vicenda sulla quale merita la pena di tornare. La Farnesina infatti quel giorno stesso ha emesso un comunicato in cui si legge: “Quanto ricostruito nell’articolo comparso questa mattina su Libero non trova alcun riscontro nei fatti”. La nota proseguiva spiegando che l’Italia non ha donato milioni di euro alla Tunisia, tanto meno per aiutarla nell’emergenza Covid-19, né ha destinato allo stesso scopo fondi alla Bolivia e alla Somalia.

La smentita del Ministero degli affari esteri è del tutto corretta e fondata: quegli stanziamenti sono stati decisi prima che iniziasse l’epidemia e, salvo la Somalia, non sono propriamente “doni”, bensì crediti d’aiuto. Tuttavia, invece di soddisfare l’opinione pubblica e mettere a tacere le rimostranze può produrre l’effetto contrario perché, proprio mentre un Paese amico, consapevole delle nostre difficoltà, ci viene incontro donandoci materiale sanitario per 100 milioni di dollari, la Cassa depositi e prestiti ha effettivamente versato 50 milioni di euro alla Tunisia: “Somma – si leggeva in un post sulla pagina Facebook dell’ambasciata italiana in Tunisia che poi è stato rimosso – destinata a sostenere le imprese tunisine e potrà essere utilizzata per rispondere all’impatto socioeconomico del coronavirus in Tunisia, supportando le misure messe in campo dal Governo tunisino. È un primo passo, mano nella mano, per far fronte al Covid-19”.

Il credito di aiuto è uno strumento della cooperazione internazionale che si propone di promuovere lo sviluppo economico e sociale di Paesi in via di sviluppo. Comprende una quota di almeno il 25 per cento di dono. Il resto dell’importo viene fornito a condizioni notevolmente agevolate: tassi di interesse inferiori al 10 per cento (persino solo dell’1 per cento), diversi anni di grazia, lunghi periodi di restituzione. Se ciononostante il Paese beneficiario non restituisce il credito… si opta, come è successo diverse volte, per la trasformazione dell’importo dovuto in dono o nell’annullamento del credito.

Anche i 21,5 milioni promessi alla Bolivia sono un credito di aiuto, frutto – spiega la Farnesina – di “un accordo intergovernativo firmato il 15 maggio 2014 ed entrato in vigore il 14 maggio 2018”. Per capire di che cosa si tratta la cosa migliore è leggere la presentazione che ne ha fatta il Ministero degli affari esteri il 20 maggio 2015:

“Cresce la cooperazione tra l’Italia e la Bolivia sul versante della salute. Il ministro degli esteri del Paese latino americano, David Coquehuanca, e l’ambasciatore italiano a La Paz, Placido Vigo, hanno firmato un accordo per la realizzazione del programma ‘Collaborazione al processo di miglioramento degli schemi e delle condizioni di esercizio del diritto alla salute’. L’iniziativa, sostenuta dalla Farnesina, durerà tre anni e sarà finanziata principalmente attraverso lo strumento del credito di aiuto, per un valore complessivo di circa 21,5 milioni di euro. Durante la cerimonia per la firma dell’accordo, il ministro Choquehuanca ha sottolineato l’importanza del diritto di accesso alla salute come uno degli obiettivi principali del governo boliviano, aggiungendo che grazie alle risorse finanziarie messe a disposizione dall’Italia si potranno migliorare le attrezzature di 168 centri di salute di primo livello su tutto il territorio”.

Siccome all’epoca il presidente della Bolivia era Evo Morale, ex leader sindacale dei cocalero, grande difensore delle tradizioni indigene, i fondi italiani sono destinati anche alla realizzazione di un programma di medicina tradizionale. “Grazie alle presente iniziativa – spiegava la Farnesina – si consoliderà il programma ‘Mi Salud’ promosso dal governo nazionale e si continuerà con il lavoro di recupero della medicina tradizionale. L’obiettivo è garantire un approccio interculturale e adeguato agli schemi culturali del Paese. L’ambasciatore Vigo ha dichiarato che il settore della sanità in Bolivia costituisce una priorità per il governo italiano e che l’iniziativa si inserisce nell’ambito della strategia regionale di cooperazione sanitaria del governo italiano nella regione andina. Infine, l’ambasciatore ha ricordato che la cooperazione italiana è presente in Bolivia con 24 progetti attivi, per una somma totale che supera gli 83 milioni di euro”.

Perché, dunque, la nota della Farnesina che voleva rassicurare l’opinione pubblica suscita invece l’effetto contrario? Perché rivela che ben quattro  governi italiani (Renzi, Gentiloni, Conte 1 e 2) hanno ritenuto il settore della sanità in Bolivia una priorità. Intanto, secondo l’ultimo rapporto dell’Annuario statistico del Servizio Sanitario Nazionale, in Italia i tagli alla sanità riducevano i posti in terapia intensiva da 12,5 su mille nel 2007 a 8,5 nel 2017; i posti letto da 4,3 per mille abitanti nel 2007 (e 5,8 nel 1998) a 3,6 nel 2017; le strutture ospedaliere da 1.197 a 1.000.

Quanto a sostenere le imprese tunisine, il progetto è stato finanziato mentre in Italia decine di migliaia di piccole e medie imprese chiudono, a un ritmo di 8-9.000 all’anno. A fine 2019 il tasso di disoccupazione era del 9,8 per cento, di quasi il 29 per cento quello giovanile. L’Italia nel 2018 è entrata in recessione (era già successo nel 2013). Ha registrato una crescita del Pil dello 0,8 per cento quell’anno e dello 0,2 per cento nel 2019. Invece il tasso di crescita del Pil in Tunisia è stato del 2,5 per cento nel 2018 e dell’1,5 per cento nel 2019.

C’è una cosa che gran parte dell’opinione pubblica forse non sa, e può darsi anche qualche parlamentare. I progetti di cooperazione come quelli destinati alla Tunisia e alla Bolivia sono innumerevoli. L’Italia si è impegnata ad assegnare alla cooperazione internazionale in favore dei Paesi in via di sviluppo lo 0,7 per cento del proprio Pil. Non ha ancora mai raggiunto questo obiettivo, non è arrivata neanche alla metà, e questo le viene continuamente rinfacciato. Nel 2018 ha destinato alla cooperazione solo lo 0,24 per cento del Pil: ma sono 4,2 miliardi di euro. Nel 2019 ha fatto meglio: 5 miliardi. Come vengono spesi? (to be continued…)

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