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O con Salvini o contro: ragionamenti e sfumature bandite dal dibattito pubblico

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Il manifesto di Rolling Stone, le magliette rosse e lo scambio epistolare Veronesi-Saviano da una parte; Salvini e la Lega dall’altra. “Chi tace è complice”, a cui viene risposto con l’hashtag #iostoconSalvini. Una contrapposizione assoluta senza possibilità di dialogo tra i due contendenti: i “buonisti con il Rolex” che insultano “i razzisti ignoranti”. E viceversa, in un continuo ritornello diffamante. Un conflitto mediatico senza esclusione di colpi volto a screditare l’avversario, a tratti anche disumanizzarlo. Basti pensare alla copertina de L’Espresso che raffigura Salvini affiancato dalla scritta “uomini e no”.

La politica italiana si è trasformata in un ring sul quale vince chi picchia più duro. Chi riesce ad infangare l’avversario con l’epiteto più ingiurioso, magari negandogli la legittimità democratica o invitandolo ad andarsene per sempre dall’Italia, trionfa. Quotidiani, telegiornali e social sono il terreno di scontro dove si combatte questo incontro di boxe. L’arena pubblica non è più il pacifico luogo in cui si svolge il dibattito politico ma è un campo di battaglia. A colpi di tweet, post e dichiarazioni si prende posizione e ci sischiera. Pronti ad opporsi all’avversario. Il confronto tra opinioni diverse è stato bandito: con Salvini o contro di lui; con i migranti o contro l’invasione. I ragionamenti complessi basati sull’ascolto reciproco e svolti considerando opinioni diverse dalla propria sono stati spazzati via. Esistono solo due posizioni antitetiche alle quali si deve aderire fideisticamente. E non vale solo per l’immigrazione. Anche l’Europa è oggetto di questa polarizzazione assoluta. O si è ciecamente europeisti o si è integralmente euroscettici. Il grigio con tutte le sue sfumature è uscito brutalmente di scena.

La semplificazione manichea signoreggia e si confà alla rapidità con cui circolano le informazioni. E anche il resoconto giornalistico ne trae linfa vitale, soprattutto in termini di notiziabilità. A perderci sono gli italiani che, sballottati qua e là dalle urla dei contendenti, faticano comprendere quel che accade. Prima si schierano e poi, forse, conoscono ciò di cui si discute. E in questo scontro vince chi urla di più: in dialetto lombardo, chi vusa pusè la vaca l’è sua (la mucca è di chi urla di più).

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