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Persuadere è meglio che obbligare: addio credibilità quando i nodi del Green Pass verranno al pettine

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Minacciare paga? Apparentemente sì: quando la campagna vaccinale è entrata nel vivo, si indicava come soglia da raggiungere per garantire la cosiddetta “immunità di gregge” la vaccinazione del 70 per cento della popolazione maggiorenne. Quindi l’asticella è stata alzata dal governo e dal Cts prima all’80, infine al 90 per cento, sottolineando come il mancato obiettivo aprirebbe la strada a nuove restrizioni con l’arrivo dell’autunno. Lo stato delle cose dice che – dati forniti dal Ministero della salute – sono state somministrate più di 80 milioni di dosi e quasi il 73 per cento della popolazione over 12 ha completato il ciclo. Stando alle ultime dichiarazioni/sollecitazioni arrivate da più parti, la strada intrapresa è quella corretta, ma non basta.

L’introduzione dell’obbligatorietà del Green Pass, destinata ormai a interessare sempre più ambiti sociali, ha fornito un iniziale impulso a vaccinarsi – soprattutto nei giovani e giovanissimi – che però da una parte ha fatto i conti con un sensibile calo nei ritmi di somministrazione in agosto (in vacanza? In vacanza da cosa?, cit.), dall’altra ha provocato un definitivo cortocircuito nella comunicazione delle autorità nazionali, agevolando uno scontro corpo a corpo con la frangia dura e pura dei no-vax, all’interno della quale sono erroneamente stati infilati gli scettici degli ultimi mesi, quelli che di fronte ad una schizofrenia comunicativa dei “Competenti” hanno preferito temporeggiare.

Un atteggiamento comprensibile, perché provocato dalla legittima preoccupazione e da quella scarsa chiarezza espositiva che ha contraddistinto, ad esempio, la somministrazione del siero prodotto da AstraZeneca. Dunque non è sufficiente minacciare, come avvenuto alla vigilia della stagione estiva (fatelo, o saranno necessarie chiusure mentre siete in vacanza), occorrerebbe anche saper intercettare quei cittadini che non credono ai complotti e alle manovre lucrative di Big Pharma, ma che per la narrazione in atto vengono disegnati con questi tratti, finendo per alimentare uno spauracchio che non esiste, come dimostrato dal clamoroso flop delle proteste nelle stazioni ferroviarie che avrebbero dovuto bloccare il Paese. I veri no-vax ringraziano: non hanno mai ricevuto così tanta attenzione.

L’obbligatorietà genera mostri (escludere dalla vita civile chi non si vaccina) e crea pertanto pericolosi precedenti. La corretta informazione invece potrebbe venire in soccorso, ma forse è troppo tardi: le posizioni si sono cristallizzate, non sono ammesse obiezioni (lo ha fatto notare anche Luca Ricolfi con un approfondito intervento per Fondazione Hume) e l’uomo comune è messo nel mirino delle fazioni in guerra, a seconda di ciò che pensa.

Un bel giorno però potrebbe alzare la mano e, sventolando il suo Green Pass, obiettare: cosa ce lo avete chiesto a fare di vaccinarci se poi intendete chiudere nuovamente? A quel punto non ci sarebbe minaccia che tiene, occorrerebbero davvero risposte sensate che vadano ben oltre la soglia da raggiungere per tornare alla normalità: a lungo andare nessuno ci crederebbe più.

Il filosofo inglese John Locke suggerisce una via d’uscita con la “Lettera sulla tolleranza”, un elemento che dovrebbe essere marcato in una democrazia liberale anche in tempi di emergenza: It is one thing to persuade, another to command; one thing to press with arguments, another with penalties (una cosa è persuadere, un’altra comandare; una cosa fare pressione con gli argomenti, un’altra con le pene). Parole al vento.

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