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Spremuto il capro espiatorio no-vax, il governo dovrà dirci come intende farci uscire dall’emergenza

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Roberto Speranza Mario Draghi

Il numero di casi continua a salire fortemente in Italia, come nel resto d’Europa, per effetto dell’alta contagiosità della nuova variante Omicron. Malgrado l’ampia copertura vaccinale, stiamo assistendo ad un numero di contagi molto superiore a ogni precedente ondata, anche perché, rispetto al passato, stavolta non sono stati messi in atto lockdown generalizzati. Fortunatamente il numero dei ricoveri, delle terapie intensive e dei decessi è ancora sotto controllo, anche se, naturalmente, non è possibile prevedere quale potrebbe essere la situazione di qui a qualche settimana.

Di fronte ad uno scenario nuovamente in rapida evoluzione la strategia del governo in questa fase è di provare a spremere ancora l’argomento “no-vax”, che finora è stato utilizzato con successo per spiegare qualsiasi risultato “inferiore alle attese” nel contrasto alla pandemia.

Per quanto diventi sempre più discutibile, di fronte alla nuova variante, che il vaccino rappresenti uno spartiacque sostanziale per la trasmissione del virus, e per quanto i no-vax, già da qualche settimana, siano esclusi dalla maggior parte delle attività legate alla socialità, il governo farà entrare in vigore il 10 gennaio provvedimenti che rappresentano la “stangata finale” nei confronti dei renitenti alla vaccinazione.

Tuttavia, è probabile che con l’imposizione del lockdown dei non vaccinati e con la loro probabile espulsione finanche dal mondo del lavoro si esaurirà definitivamente per il governo la possibilità di sfruttare ulteriormente questo capro espiatorio per tenere saldo il consenso popolare sulla gestione della pandemia. Abbastanza improbabile, va detto, che le ultime misure ai danni dei no-vax possano modificare sensibilmente le dinamiche di contagio alle quali stiamo assistendo in questi giorni.

Se i contagi, come prevedibile, resteranno alti e se dovessero salire anche i livelli di occupazione delle terapie intensive, il governo si troverebbe a dover prendere decisioni che non riguardano più piccole minoranze “impopolari” e quindi “sacrficabili” con successo, bensì il complesso della popolazione. Le strade possibili sarebbero solamente due. La prima sarebbe quella di tornare all’introduzione di forme di lockdown generalizzate.

La seconda sarebbe, invece, la presa d’atto che è necessario uscire dalla logica emergenziale ed attestarsi su una convivenza definitiva con il virus, con alcune precauzioni di buon senso certamente, ma senza più “regole di Stato”, restrizioni, quarantene, isolamenti, didattica a distanza, tamponi e certificati – accettando l’eventuale aumento della mortalità con lo stesso atteggiamento razionale con cui si affrontano molti altri rischi connaturati alla vita umana.

Entrambe queste strade rappresenterebbero una sconfitta per il modo ideologico in cui, da tempo, il governo ha impostato la campagna vaccinale.

Un nuovo lockdown per tutti rappresenterebbe la sconfessione della campagna vaccinale nei termini in cui essa, per mesi, è stata presentata e comunicata, cioè come sostanziale panacea per questa pandemia. Viceversa, il “liberi-tutti” sarebbe la sconfessione dell’”assolutismo sanitario” e dell’idea della lotta al Covid eretta ad unico criterio ordinatore delle politiche pubbliche – e riporterebbe nel dibattito pubblico le ragioni dell’economia e della libertà individuale finora liquidate dal governo e dal giornalismo mainstream come cinico “menefreghismo”.

Insomma, se finora l’argomento “no-vax” ha consentito a Draghi di eludere tutta una serie di altre questioni, una volta che tale argomento sarà esaurito, qualcuno nel governo dovrà fornire al Paese una visione di come si pensa esattamente di far finire l’emergenza.

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