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Libertini, libertine. Avventure e filosofie del libero amore da Lord Byron a George Best

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“Ecco la contraddizione filosofica ed esistenziale che giace al cuore del libertinismo: l’amore, fatto esclusivo per definizione, viene moltiplicato.”

Eretici, depravati, scandalosi, disperati, immorali, cortesi, raffinati, gentili, intellettuali. Liberi spiriti e ribelli d’amore, in una parola: libertini.

Così, in questo frammento di mezza estate, il filosofo e performer teatrale Cesare Catà ci accompagna in un viaggio lungo i secoli fra avventure e filosofie del libero amore (da Lord Byron a George Best) con il suo nuovo libro, “Libertini libertine”, appena pubblicato da Liberilibri.

Incontreremo spiriti bollenti e amori intellettuali, accuse di blasfemia, condanne al rogo e lingue mozzate, poesia e dolcezza, il tutto condito da humour, inventiva e licenziosità tipicamente libertine.

Intento dell’autore è quello tracciare l’archetipo del libertino come modello antropologico, in quanto essere umano e intellettuale che attraversa la storia moderna europea, indagando nelle sue radici culturali e filosofiche.

Si va dai “Libertini Spirituali” del XIV secolo, oggetto di forte polemica calvinista, alla mistica eretica Marguerite Porete; dal Don Juan di Lord Byron, che toccò le corde del moralismo della borghesia britannica benpensante del tempo per aver descritto nei suoi versi la libido femminile, alla poetessa del Cinquecento Veronica Franco, cortigiana intellettuale che narra e decanta nei suoi versi le proprie arti amatorie pubblicizzandole con una primordiale strategia di marketing (“Così dolce e gustevole divento, quando mi trovo con persona in letto, da cui amata e gradita mi sento, che quel mio piacer vince ogni diletto”).

Con i libertini viene infranto ogni tabù e sotto il profilo del piacere non vi è differenza alcuna fra uomini e donne. Queste ultime narrano di erotismo e libertà, come la scrittrice americana insignita del premio Pulitzer Anne Sexton o la seicentesca “scrittrice-meretrice” Aphra Behn, la Saffo d’Inghilterra riscoperta dall’unione di menti e cuori di Virginia Woolf e Vita Sackville-West – altro grande esempio di libero amore – dai cui scritti emerge il lato più comico e grottesco delle situazioni amorose.

Ci troviamo in un continuo avanzare fra passato e presente, in cui ci si sposta dall’Ars Amatoria dell’impolitico Ovidio, vera e propria Bibbia dei libertini, alla serie tv che ha tenuto incollate allo schermo milioni di donne (chi scrive non ha perso neanche una puntata), Sex and the City, dove sesso e amore si mescolano nelle avventure quotidiane in una sorta di manuale di vita della donna contemporanea.

Non manca certo il lato oscuro di questa favola senza morale, che non potrebbe essere meglio rappresentato se non dall’opera porno-splatter di de Sade, da cui emergono gli aspetti più mostruosi, osceni e rivoltanti del desiderio, di quel libertinismo che sfocia nel libertinaggio, con la quale il Marchese esplora la perversità dell’animo umano fino a giungere alla crudeltà intesa come mezzo necessario del godimento.

Ma se il piacere è centro vitale dell’esistenza di un libertino può divenire al contempo la sua stessa rovina, come nel caso di Oscar Wilde e della sua storia scandalosa con Lord Alfred Douglas, ripercorsa nelle pagine del De profundis, scritte in carcere, dove Wilde pagò per “quell’amore che non osa pronunciare il suo nome”, lo stesso segreto amore che legò anche William Shakespeare al suo fair youth.

Il fil rouge che lega tutti questi personaggi ed altri ancora e i notevoli versi di ciascuno che l’autore riporta nella seconda parte del libro è puro e semplice: l’amore.

Il tratto fondamentale del libertinismo, come spiega Catà nel suo saggio iniziale, è infatti “la preminenza della libertà dell’amore a prescindere da qualsiasi Chiesa, da qualsiasi precetto moralistico, da qualsiasi tradizione”.

Il libertino è un uomo che ama troppo e al di là dei confini morali condivisi, con conseguenze etiche, politiche e metafisiche, il suo pensiero è libero da divisioni fra bene e male, ma non dev’essere erroneamente confuso con un volgare playboy, non si tratta certo d’un Don Giovanni, non vive solo di dissolutezza erotica e godimento, il vero libertino si nutre d’amore.

Estremamente interessante a tal proposito la netta distinzione tracciata dall’autore in merito a due esempi di libertinaggio particolarmente vivi nell’immaginario collettivo: Don Giovanni e Casanova. Mentre il primo risulta solo un conquistatore seriale di donne, assumendo così i tratti caricaturali del libertinismo, il secondo è un libertino vero, ha un rapporto paritetico col genere femminile, non autoreferenziale come Don Giovanni, è cortese e di buone maniere, le apprezza fisicamente e intellettualmente. Mentre Don Giovanni ci si intrattiene soltanto, Giacomo Casanova le ama tutte.

Ma parliamo di una specie umana ormai estinta o i libertini esistono ancora oggi? Quel che l’autore rileva al riguardo è che la liberazione dei costumi ha certamente aperto le porte a volgarità e superficialità nei rapporti, oscurando quell’ardente ispirazione vitale che ha animato lo spirito dei libertini nella storia.

Insomma, non è più tempo di libertini e libertine, in quest’epoca di smarrimento in cui i caratteri maschili e femminili tendono a confondersi sempre di più quasi fino a neutralizzarsi. Del resto, come già Ovidio osservava, “che se ne fa una ragazza di un ragazzo più effeminato di lei stessa?”.

Ma ad accompagnare il libertino non v’è solo il pensiero del piacere e del godimento, se l’unico credo è quello dell’amore non manca una forte sfiducia nel senso della vita umana, come in de Sade e in John Wilmot, il ridere del nonsenso delle cose, dell’esistenza stessa, il libertinismo è un grido di rivolta e libertà, di opporre al modo in cui la società ha stabilito che si viva, il proprio e libero modo di morire.

In fondo “i libertini non sono altro che nichilisti innamorati. O innamorati che non possono esserlo, perché nichilisti”.

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