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Vi racconto la Svezia alle prese con il Covid, non quella mistificata dei media mainstream

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È l’ultimo giorno di permanenza a Stoccolma, dopo due mesi e mezzo di pausa che ho avuto la fortuna di prendermi. Pausa dal delirio mass mediatico della pandemia, dal delirio di cittadini italiani terrorizzati, in giro in mascherina all’aperto come fossimo a Chernobyl dopo l’esplosione nucleare. È il giorno in cui i ragazzi tornano a scuola dopo le vacanze di Natale. È anche il primo giorno in cui, dopo due mesi di grigiore costante, esce un tiepido sole invernale su un paesaggio innevato e freddo. Sull’autobus che mi porta alla metro salgono tanti ragazzi, tutti senza mascherina. Come me, del resto. In Svezia nessuno porta la mascherina a meno che non voglia, perché magari si sente più sicuro. Nessuno glielo impedisce, ma nessuno impedisce a me di non portarla, anche al chiuso. E io non la porto mai. È uno dei motivi per cui mi sono preso una pausa da questo delirio italiano folle e insensato.

In tv lo dicono chiaramente; lo spiegano coi loro medici, con Anders Tegnell, il guru del governo socialdemocratico che ha curato Ebola in Africa: la mascherina non serve a nulla perché la gente non la sa usare e perché bisognerebbe cambiarla almeno 4 o 5 volte al giorno. Serve di più la distanza di sicurezza per difendersi dal possibile contatto col Covid-19. Le mascherine non sono obbligatorie nemmeno sui mezzi pubblici; sono raccomandate nelle ore di punta (dalle 7 alle 9 di mattina e dalle 4 alle 6 di pomeriggio). È bellissimo vedere soprattutto le ragazzine di 15, 16, 17 anni che si abbracciano, si baciano, si siedono una sulle gambe dell’altra; sembra il vecchio mondo, quello che qualcuno ci ha portato via.

Di pomeriggio alcune volte sono andato a passeggiare nel bosco o in riva al mare. Un mare gelido, piatto, immobile come l’aria che mi circondava. Come l’inverno spietato del grande nord che, come diceva Baudelaire nel suo Spleen, ha “un cielo basso e greve”, che “pesa come un coperchio sullo spirito che geme in preda a lunghi affanni e versa, abbracciando l’intero giro dell’orizzonte, una luce diurna più triste della notte”.

Il governo di Stoccolma, al contrario di quello italiano che minaccia di chiuderci in casa, invita la gente a uscire per stare in contatto con la natura, fare passeggiate, corse, andare in bici. In città tutto è aperto; nessuno si sognerebbe mai di fare il lockdown nazionale; prima di tutto è incostituzionale e poi Tegnell e soci dicono che è più dannoso a livello psicologico del virus.

C’è un’altra cosa, fondamentale e che differenzia un Paese civile come la Svezia da un postaccio da quarto mondo come l’Italia e il suo attuale governo di fuorilegge. Lì, ogni passaggio viene fatto attraverso il Parlamento. Negli ultimi giorni in cui ero lì, il Parlamento ha concesso al governo dei poteri speciali per poter intervenire lì dove necessario per limitare gli ingressi in alcune aeree pubbliche (mai private), per contingentare gli ingressi nei centri commerciali, sanzionare ristoratori che non rispettano il distanziamento. Se un locale viene fatto chiudere (com’è successo a marzo) può riaprire dopo pochi giorni.

Certo, il malcontento fra le categorie è presente anche lì. Ma se paragonate il loro malcontento, per esempio quello dei ristoratori, alle puntuali e continue vessazioni operate dal governo Pd-5S nei confronti dei nostri ristoratori, vi renderete conto che stiamo parlando di pinzillacchere (come direbbe Totò). L’altro ieri, per esempio, leggevo che uno chef stellato di Stoccolma ha inscenato una protesta a suon di pentole nel centro della capitale per protestare contro il ritardo dei “ristori” (e vi ricordo che loro non hanno mai chiuso, anche se il volume d’affari è comunque diminuito perché la gente sta di più a casa). Sapete cos’ha risposto il ministro delle finanze? Si è scusato (almeno quello) adducendo ritardi per via dell’Ue, e della sua diabolica burocrazia.

Nessuno lì a Natale o a Capodanno si è sognato di entrare nelle case delle persone. Hanno raccomandato, certo, un numero limitato di ospiti per casa. Ma nessuno ha imposto divieti. Lì le feste nelle case con più di 8 persone (noi eravamo in 11) si sono fatte. Lì, se gli anziani, che vengono tenuti costantemente sotto osservazione e ai quali vengono consigliati spostamenti limitati, non si sentono di stare a contatto coi giovani, li si va a trovare a casa, a distanza. Noi abbiamo passato il giorno di Natale all’aria aperta (tipo a 0 gradi), sotto una nevicata furiosa, a mangiare Corv (il tipico salsicciotto svedese), perché due coppie di genitori anziani non se la sentiva di passarlo in casa con noi (eravamo almeno una ventina fra 50/40enni e 20enni). Immaginate la mia gioia, vestito come un palombaro, a sognare il mare e il sole delle Canarie o di Ibiza in mezzo a una foresta innevata. E il tepore della casa lì accanto che mi sollecitava… e sulla soglia il pipistrello vampiro Covid che sorvegliava l’ingresso col suo ghigno sino-comunista.

Le palestre private sono aperte (non quelle pubbliche). Io andavo regolarmente. C’è il limite di otto persone per ambiente, per stanza. Chi non lo rispetta viene sanzionato (il gestore). I cinema sono aperti, ma vigendo la regola delle otto persone massime non conveniva tenere aperto. I musei erano chiusi. Lo sport professionistico e dilettantistico praticato. Gli allenamenti giovanili sospesi fino al 24 gennaio. Negozi, bar, ristoranti, tutto aperto. L’alcol era vietato dopo le 20 (lì hanno lo spettro dei ragazzi che si ubriacano di brutto). Il ristorante poteva restare aperto dopo le 20 ma non poteva servire alcol. Qualcuno ha deciso di chiudere, altri, come le pizzerie, sono rimasti aperti; considerate che, come in tutto il nord Europa, la cena è alle 19.

In Italia ha fatto notizia il re, che si sarebbe lamentato della mala-gestione della pandemia. Vediamo però cos’ha realmente detto il re di Svezia. Quel suo “We have failed. We have a large number who have died and that is terrible. It is something we all suffer with” (Abbiamo fallito. Abbiamo un numero enorme di decessi ed è terribile. E tutti ne soffriamo) non è chiaro a chi fosse riferito, se alla Svezia o all’Ue nel suo complesso. Alcuni hanno pensato alla prima, altri alla seconda. Andatevi a risentire il suo discorso su YouTube.

Fatto sta che i mass media, italiani in particolare, che hanno tenuto in piedi questo governo di falliti – che ha fallito su tutta la linea nella gestione del virus e che si è rivelato tirannico a livelli indecenti – hanno tentato in tutti i modi di far sembrare la gestione svedese del virus irresponsabile e incosciente; le masse, indottrinate dagli show di Casalino, ci hanno creduto. Ma ci hanno creduto perché, come si dice a Roma, in fondo in fondo rosicano perché lì si fa ancora una vita quasi normale. Mentre noi siamo agli arresti domiciliari per via di un manipolo di virologi incapaci, di un CTS fatto dalla maggioranza di scienziati col numero di pubblicazioni più basse del mondo, secondo quanto riporta il Giornale.

Una ultima annotazione. La Svezia ha gestito male le sue case di cura, dove c’è stato il maggior numero di morti fra gli anziani e lo hanno riconosciuto. Ed è su quello, non su altro, che a Stoccolma si è avuto un dibattito intenso. Ma all’interno della fascia di popolazione più a rischio il virus è circolato come negli altri Paesi, con la stessa incidenza, grado di letalità e diffusione. Il che dimostra, inequivocabilmente, che i lockdown non funzionano, che le mascherine non funzionano, ma generano “un falso senso di protezione” (come ricordato dall’OMS in tempi non sospetti). E che i danni psicologici delle chiusure sono molto più gravi di quelli del virus. E poi ricordiamolo sempre. L’Italia, con tutte le sue chiusure e con tutta la sua tirannia sanitaria, ha in proporzione il peggior numero di morti di tutta l’Europa. Il governo Conte/Casalino/Pd ha fallito. E in qualsiasi Paese civile dovrebbe andare a casa.

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