Economia e Logistica

Allarme Bankitalia sui dazi: Italia tra le più danneggiate

Il governatore Panetta benedice il risiko bancario: “Giusto creare gruppi più forti in Europa. Ma decide il mercato”

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Il governatore di Bankitalia Fabio Panetta ha lanciato due messaggi chiave al Forex da poco conclusosi a Torino negli spazi del Lingotto, il primo sulla guerra commerciale con Cina e Stati Uniti il secondo sul consolidamento bancario scatenato da 5 offerte pubbliche in corso in Piazza Affari. Eccoli in pillole:

  • I dazi di Trump faranno male all’economia europea, sopratutto a Italia e Germania, perchè forti esportatrici.
  • Il risiko bancario è positivo perchè riduce la distanza dimensionale tra le banche attive nel nostro Paese e quelle del resto del vecchio continente, ma a deciderne l’esito saranno gli azionisti. Quindi il mercato.

Procediamo ora con ordine, partendo dai dazi che se fossero applicati nella misura minacciata abbatterebbero il Pil globale di 1,5 punti percentuali e tra i maggiori danneggiati ci sarebbero appunto Italia e Germania.

I Paesi dell’Unione Europea – ha ammonito Panetta – restano divisi tra loro e quasi sempre non sono in grado di costruire un argine comune. Questo però penalizza una economia che ormai arranca da mesi impiccata nel cappio dei maxi-tassi di interesse con cui la Bce ha soffocato insieme all’inflazione anche i consumi e le imprese.

In sostanza, Bruxelles deve puntare molto di più sugli investimenti che da troppo tempo sono decisamente distanti da quelli messi a terra dagli Stati Uniti, così da liberare il suo “sistema produttivo di eccellenza”, la sua forza finanziaria e un capitale umano ricco di talenti, occorrono però scelte coraggiose, visione e soprattutto unità.

Il governatore di Bankitalia, pur nella sua posizione di arbitro super partes, ha poi benedetto il risiko del credito. Palazzo Koch, ha detto Panetta, “non si è dimenticato” delle fusioni bancarie ma “non può commentarle come se fosse a un talk show”.

Quindi l’assist della Vigilanza al consolidamento per creare gruppi più forti e maggiormente in grado di competere. Le fusioni insomma, favorite dal capitale in eccesso e dal pieno di utili degli ultimi anni,  vanno analizzate proprio da una prospettiva europea.

Grande attore del risiko è anche Montepaschi, di cui è primo azionista il ministero del Tesoro, con la clamorosa Offerta pubblica di scambio per scalare Mediobanca, il tempio della finanza laica eretto nel Dopoguerra da Enrico Cuccia.

L’offerta del gruppo senese è già bocciata da stroncata dal vertice di Piazzetta Cuccia. La scalata ricade sulla guerra in corso per il destino di Generali, oggi controllata da Mediobanca con il 13% e dove è appena spuntato Unicredit con una quota superiore al 5 percento.

La Vigilanza, fedele al proprio ruolo, “verificherà” che ogni operazione sia in grado di partorire intermediari solidi, efficienti e in grado di operare con una “sana e prudente gestione”.  Ma l’approccio resta liberale. In sintesi nessuna ingerenza, a scegliere saranno gli azionisti.

Ad ascoltare in platea c’erano predatori e prede seduti nelle prime file l’uno accanto all’altro, seppur a ranghi ridotti perchè la gran parte degli amministratori delegati sono impegnati nei road show per spiegare le proprie offerte pubbliche ad analisti e grandi investitori istituzionali.

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Molto lontani i tempi in cui la platea stava attenta a scorgere ogni piega della voce o inarcamento delle sopracciglia dell’allora governatore Antonio Fazio, per intuire che piega avrebbe preso il consolidamento. All’epoca la Vigilanza era informata preventivamente sulle operazioni ed esercitava una sorta di potere di veto, approvandole o meno.

Ora Bankitalia, così come Consob, è soprattutto il garante delle regole del gioco. Ma, come ha dimostrato Panetta pur con toni felpati, esercita la propria moral suasion per far capire da che conviene al Paese avere banche che vanno all’altare. Che sia in modo spontaneo o obbligato poco importa, comanda il mercato.

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